CROTONE Si è suicidato Giuseppe Venturino, il padre di Carmine, il collaboratore di giustizia che ha fatto ritrovare i resti del cadavere di Lea Garofalo, la testimone di giustizia calabrese che venne uccisa a Milano il 24 novembre del 2009 e il cui corpo fu bruciato in un magazzino a Monza. Giuseppe Venturino, 59 anni, operaio forestale è morto ieri – secondo quanto riporta stamane il Quotidiano della Calabria – nell’ospedale di Crotone dove era stato ricoverato il 24 maggio scorso dopo che aveva tentato il suicidio. Pare che l’uomo fosse rimasto particolarmente turbato dopo avere visto, la sera prima, una trasmissione televisiva nel corso della quale era stata trattata la vicenda di Lea Garofalo con la ricostruzione fatta dal figlio che descriveva le modalità con le quali fu distrutto il corpo della testimone di giustizia. Carmine Venturino è l’ex fidanzato di Denise, la figlia di Lea Garofalo. Il 29 maggio 2013 i giudici della Corte d’assise d’appello di Milano hanno confermato 4 dei sei ergastoli inflitti in primo grado agli autori del delitto. I giudici hanno confermato, in particolare, la condanna al carcere a vita, inflitta in primo grado nel marzo 2012, per Carlo Cosco, per il fratello Vito, per Rosario Curcio e per Massimo Sabatino. A Carmine Venturino (ergastolo in primo grado) i giudici hanno inflitto 25 anni di reclusione, riconoscendogli le attenuanti generiche ma non quella speciale della collaborazione.
LA RICOSTRUZIONE
Giuseppe Venturino sarebbe uscito di casa facendo un accenno a quanto stava per fare. Venturino si era allontanato dalla sua abitazione la mattina del 24 maggio scorso recandosi a Cerasara, una località di campagna ricca di uliveti e agrumeti. Giunto in una zona isolata, aveva tentato di togliersi la vita impiccandosi. Alcuni amici dell’uomo lo avevano trovato e, dopo aver tagliato la corda usata per il tentato suicidio, lo avevano soccorso e portato nell’ospedale di Crotone. Dal momento del suo ricovero era entrato in coma senza più risvegliarsi fino a ieri, quando è deceduto. L’uomo, quando il figlio decise di collaborare con la giustizia, decise di prenderne le distanze e questi, in una missiva, gli aveva risposto sostenendo di non essere un infame e di non avere calunniato nessuno. (0090)
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