Sceglie il silenzio Martino Politi, il factotum dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena oggi a Dubai, in fuga dall’esecuzione di una condanna definitiva per mafia e da una nuova misura cautelare. Politi, arrestato insieme all’ex ministro Claudio Scajola, alla moglie e alla madre di Matacena, Chiara Rizzo e Raffaella De Carolis, al collaboratore del politico armatore, Antonio Chillemi e alle segretarie dei due politi, Roberta Sacco e Mariagrazia Fiordelisi, per aver agevolato il suo ex capo nel tentativo di sottrarsi all’esecuzione della condanna, ma soprattutto di occultare il suo immenso patrimonio, era stato convocato oggi dal pm Giuseppe Lombardo per un nuovo interrogatorio, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere.
A Politi – uno dei cinque soggetti per i quali la Dda ha chiesto il giudizio immediato – il pm Lombardo avrebbe voluto chiedere ulteriori dettagli sulle circostanze cristallizzate nella nuova formulazione del capo di imputazione che gli viene contestato. Una modifica emersa in sede di Riesame, che ha meglio precisato i passaggi della complicatissima operazione di intestazione fittizia che avrebbe permesso all’armatore di spostare la titolarità di diverse società, con sede nei più diversi paradisi fiscali. Un’operazione a orologeria, ricostruita in dettaglio dalla Procura, e che secondo i pm sarebbe stata scadenzata sulla base del complicato e lungo iter dei procedimenti a carico di Matacena. Ma non solo.
Alla luce dei nuovi elementi, tanto a carico della Rizzo, come della madre di Matacena, del suo factotum Martino Politi, e «altri soggetti in corso di compiuta ricostruzione» gli inquirenti arrivano a prefigurare anche un’ipotesi di favoreggiamento reale perché «fornivano il proprio contributo causale al complessivo programma delittuoso diretto ad eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter ideato e attuato da Matacena Amedeo Gennaro».
Un accenno che sembra prefigurare un allargamento dell’inchiesta non solo in ordine ai reati contestati, ma anche al numero degli indagati.
a. c.
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