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«Volevano piazzare abusivamente delle cimici in casa mia»

REGGIO CALABRIA «I carabinieri sono entrati abusivamente in casa mia per piazzare delle cimici». È un Giuseppe Tuccio particolarmente scosso quello che riferisce alla stampa l’episodio avvenuto marte…

Pubblicato il: 14/08/2014 – 14:32
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«Volevano piazzare abusivamente delle cimici in casa mia»

REGGIO CALABRIA «I carabinieri sono entrati abusivamente in casa mia per piazzare delle cimici». È un Giuseppe Tuccio particolarmente scosso quello che riferisce alla stampa l’episodio avvenuto martedì scorso, intorno alle 12. L’ex presidente della Corte d’assise di Catanzaro racconta passo passo le fasi di una giornata che, a suo parere, vede protagonisti militari «indegni» delle funzioni che svolgono. Tuccio, accompagnato dal figlio Luigi, ex assessore comunale di Reggio, e dall’avvocato Aurelio Chizzoniti, non si limita a raccontare l’irruzione nell’appartamento che si trova al “Parco Fiamma” e a dare conto della circostanziata denuncia per violazione di domicilio e abuso d’ufficio presentata alla Procura di Reggio e ai Comandi generali dei carabinieri. Fa anche il nome di uno dei tre membri che si sarebbero macchiati di un reato che «viola i principi costituzionali». L’impianto di videosorveglianza esterno avrebbe inquadrato il volto di un capitano dei carabinieri. 
Tuccio, costretto su una sedia a rotelle, è lucido nell’esposizione dei fatti che sarebbero avvenuti quel giorno. «Mi trovavo per motivi terapeutici al Lido comunale. Con una scelta di tempo che indica una preordinazione, tre persone si sono introdotte nella mia abitazione utilizzando chiavi universali. Sono stati sorpresi da Giampiera Nocera (compagna del figlio Luigi, ndr). Quando è entrata in casa, ha visto questi tre messeri che, con atteggiamento ostentativo, stavano accanto a una presa dell’impianto elettrico. Uno manipolava un tablet e ci stava smanettando sopra. Quando Giampiera ha chiesto loro cosa facessero e dove fosse il giudice, loro hanno risposto: “Se ne sono già andati tutti”. Sapevano insomma che mia moglie non era in casa e sono entrati abusivamente per compiere un’operazione ignobile di violazione di principi costituzionali».
Tuccio confessa di non dormire da due giorni per il turbamento. «Ho vissuto con onestà la mia condizione di uomo di legge. Parlo da reggino: la città è soffocata dalla ‘ndrangheta e lo Stato qui ha schierato le forze migliori. Il procuratore Cafiero de Raho è una grande garanzia per tutti, ma la mafia va avanti lo stesso. Il rischio è che questa avanzata porti a scivoloni continui sul tema della sicurezza, vituperando l’essere civile costituzionale».
Chi controlla i custodi? Si chiede Tuccio senior, convinto che quando «le prassi stravolgono i principi si vive in uno stato di polizia». L’ex magistrato difende la sua storia personale di servitore dello Stato e difende anche il figlio, costretto alle dimissioni da assessore dopo lo scoppio dello scandalo relativo a sua “suocera”. Ai danni di Luigi si sono verificate «contumelie gratuite, dispensate a piene mani da fuoco amico e da una lettura mediatica qualche volta debordante. È stato esposto mediaticamente a un’aggressione per un rapporto di scelta amorosa con una donna che gli ha dato una figlia».

Tuccio rivendica l’esperienza professionale durante la quale «ho stretto un rapporto intenso con i carabinieri. Ho subìto un attentato dinamitardo e per 12 anni la mia famiglia è vissuta sotto scorta». Fiducia nell’Arma e nella stampa, ma anche fermo rifiuto di presunte manovre per “sistemare” il processo per incandidabilità del figlio, scattato in seguito alla scioglimento del Comune di Reggio per le infiltrazioni della ‘ndrangheta. «Vivo la mia vita inchiodato a una sedie a rotelle e non ho mai varcato la soglia del Cedir. Non conosco i miei colleghi e non ho mai parlato con nessuno. Non voglio, a 80 anni compiuti, mettere in discussione i miei convincimenti». L’ex procuratore di Palmi, però, avanza dei sospetti sulla possibile causa di un’irruzione su cui sarà la magistratura a dover fare chiarezza: «Ho citato a giudizio il ministro dell’Interno chiedendo un risarcimento di un milione di danni». Un’azione che trae spunto dal contenuto della relazione che ha portato allo scioglimento di Palazzo San Giorgio, nella quale si evidenziano presunti legami dell’ex giudice, per mezzo della società “Nf”, con i clan di ‘ndrangheta. Tuccio non ha «né certezze, né probabilità, ma dico che tutto è possibile. Insisterò con questa richiesta di risarcimento, perché è stato affermato che il genitore di Tuccio (cioè l’ex magistrato, ndr) è in una società che si prodiga a prendere appalti pubblici in favore delle consorterie mafiose. Io a gestire affari per conto della mafia? Non potevo farlo passare. È quello l’episodio che ha scatenato l’illegalità?».
Ma se davvero erano carabinieri, cosa ci facevano nella casa dell’ex magistrato? «Manipolavano per piazzare cimici – sostiene Tuccio –. Lo Stato deve espellere rappresentanti indegni delle funzioni che esercitano. Mi affido a Cafiero de Raho».
«Vogliamo sapere chi sono questi uomini e che ci facevano a casa di mio padre» – conclude Tuccio jr.
Questa è una battaglia – aggiunge Chizzoniti – «non in odium, ma a favore della legittima difesa dei baluardi che rappresentano il confine tra governo democratico e il liberticidio. Ciò è avvenuto non in una realtà sudamericana, ma a Reggio, e perciò sorprende. Non si tratta di rivendicare privilegi, ma di fare una riflessione più generale. O c’è un fascicolo aperto autorizzato da un gip, oppure siamo nell’arbitrio di un ufficiale che ha avuto un ruolo fondamentale in un processo pendente».

 

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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