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OPERAZIONE HYBRIS | Le minacce al giornalista: «Gli rompo la testa»

«Non deve scrivere fesserie su di me che gli rompo la testa per davvero, lui deve scrivere le cose in maniera delicata, delicata». Così il presunto boss Mario Mongiardo dal carcere in cui è detenut…

Pubblicato il: 26/08/2014 – 11:33
OPERAZIONE HYBRIS | Le minacce al giornalista: «Gli rompo la testa»

«Non deve scrivere fesserie su di me che gli rompo la testa per davvero, lui deve scrivere le cose in maniera delicata, delicata». Così il presunto boss Mario Mongiardo dal carcere in cui è detenuto impartiva l’ordine alla figlia minorenne di far avvicinare il giornalista della Gazzetta del Sud, Francesco Ranieri. Mongiardo è ora accusato di violenza privata aggravata dalla modalità mafiosa nei confronti del giornalista. La vicenda è confluita nell’inchiesta della Dda di Catanzaro che stamane ha portato all’arresto di venti presunti esponenti della cosca Procopio Mongiardo. Gli investigatori hanno ricostruito quanto è accaduto attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche. Sempre durante il colloquio con la figlia Mongiardo promette: «La prossima cazzata che scrive vedi se non gliene faccio pentire». La minore davanti alla richiesta del padre non si tira indietro: «Ha i capelli ricci, non ti preoccupare che l’acchiappo io». Ascoltata l’intercettazione gli inquirenti convocarono il giornalista che spiegò di non essere stato, almeno fino a quel momento, avvicinato da nessun familiare di Mongiardo. A cinque mesi da quel dialogo, però, lo stesso Francesco Ranieri contattò gli investigatori per raccontare di essere stato avvicinato dalla giovane figlia del boss che lo aveva invitato a pubblicare anche quelle notizie che potevano risultare positive rispetto alla posizione del padre. In quell’occasione non vi era stata alcuna minaccia esplicita, ma per il gip Commodaro che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare «il fatto che la ragazza si fosse presentata a nome del Mongiardo, notoriamente appartenente alla criminalità organizzata locale, debba ritenersi condotta idonea a ingenerare nel giornalista destinatario della visita uno stato di soggezione e di timore e a coartarne la libertà di autodeterminazione nello svolgimento della sua funzione di informazione».

 

g.maz

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