MELITO PORTO SALVO Ricordate quella strana delibera dell’Asp di Reggio che autorizzava il parto in ambulanza? Una “soluzione” anacronistica e rischiosa per la salute delle partorienti che però i vertici dell’Azienda avevano autorizzato con tanto di documento ufficiale del direttore sanitario, Ermete Tripodi. Dopo le bacchettate del dipartimento regionale, adesso arrivano quelle, ancora più pesanti, dei ministeri della Salute e dell’Economia. Il parere firmato dal direttore generale Lucia Lispi è perentorio: la delibera va cestinata perché «non garantisce la sicurezza delle donne e del neonato e l’appropriatezza clinica». Segue l’invito alla struttura commissariale calabrese a predisporre la revoca della controversa disposizione dell’Asp 5.
Nei casi di donne in travaglio al pronto soccorso di Melito Porto Salvo, la delibera stabiliva che «dovrà attivarsi prontamente la consulenza del dirigente medico di Ginecologia in servizio attivo in reparto o in pronta disponibilità, il quale, valutate le condizioni cliniche della partoriente e del nascituro, e il tempo strettamente necessario al trasporto della paziente in travaglio di parto, attiverà il trasferimento della gestante» agli Ospedali Riuniti di Reggio «e assisterà la paziente durante il trasferimento stesso».
IL CASO DI MELITO
Dal 2010 il punto nascita di Melito non esiste più, “disattivato” da un decreto del commissario alla Sanità, l’ex governatore Peppe Scopelliti. Ma dopo quattro anni la campagna informativa a favore delle future mamme non sembra aver dato i suoi frutti, se è vero che – come recitava la delibera di Tripodi – l’Asp prende atto «delle continue e pressanti situazioni di partorienti in travaglio di parto che si presentano al Pronto soccorso del presidio ospedaliero di Melito Porto Salvo, nonostante la disattivazione del punto nascita e la contestuale cancellazione delle attività specialistiche di ostetricia, ad esclusione delle sole prestazioni di ginecologia».
Ecco perché «qualora il ginecologo dovesse ritenere che la nascita possa avvenire durante il tragitto, lo stesso ginecologo disporrà l’intervento a bordo dell’ambulanza dell’anestesista rianimatore reperibile, il quale dovrà garantire l’assistenza rianimatoria al neonato». Insomma, la modernità – in questo caso riferita alle tecniche sempre più evolute relative al parto e all’assistenza delle donne in travaglio – non sembra aver messo radici nel Reggino. Anche se i più maligni non hanno mancato di sottolineare che la sortita dell’Asp potesse essere un escamotage per assicurare la permanenza di personale medico e infermieristico nel presidio di Melito, sulla carta cancellato.
L’ALT DEL DIPARTIMENTO
È stato il dipartimento Salute ad alzare per primo le barricate contro il parto in ambulanza, «quanto di più pericoloso possa esservi in medicina». Il dirigente di settore Salvatore Lopresti bocciava il provvedimento in quanto sarebbe «illegittimo» l’uso dell’ambulanza per il trasporto di partorienti, senza contare che «il Suem 118 è deputato esclusivamente all’emergenza-urgenza e un parto “momentaneamente differibile” non è urgente per definizione». Lopresti sottolineava ancora che «il parto non è una patologia ma un evento fisiologico, in gran parte prevedibile, il quale raramente presenta il carattere dell’urgenza».
Un travaglio su quattro ruote, poi, non è previsto «in alcun protocollo nazionale e internazionale».
L’ASP TORNA INDIETRO
L’Asp – con una nota firmata da Tripodi e dal commissario straordinario Franco Sarica – recepisce i rilievi e dichiara di aver provveduto all’adeguamento della disposizione di servizio, ma ritiene «opportuno» sottolineare che, «nonostante le iniziative assunte per comunicare alla popolazione di riferimento la disattivazione del punto nascita», sono stati riscontrati «sporadici e isolati casi» in cui «alcune gestanti extracomunitarie si sono presentate, autonomamente e con mezzo proprio, presso il Pronto soccorso in stato di travaglio di parto». Quindi: prima dello stop del dipartimento c’erano «continue e pressanti situazioni di partorienti in travaglio di parto» che si presentavano nell’ospedale di Melito, subito dopo l’intervento di Lopresti i casi sono diventati «sporadici e isolati».
PAROLA FINALE DAL MINISTERO
A mettere la parola fine alla questione ci hanno pensato i ministeri, secondo cui la disposizione di Tripodi «sembra configurarsi come atto arbitrario, slegato dal percorso intrapreso dalla Regione Calabria per la ridefinizione del percorso nascita e oltretutto discutibile dal punto di vista dell’appropriatezza clinica e organizzativa».
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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