REGGIO CALABRIA Chi si aspettava di veder scorrere sangue al primo confronto pubblico fra i tre candidati alla carica di sindaco di Reggio Calabria, è rimasto deluso. Ospiti dei Repubblicani, Giuseppe Falcomatà, candidato per il centrosinistra, Lucio Dattola, per il centrodestra, e l’attuale presidente della commissione di vigilanza Aurelio Chizzoniti, alla testa della lista civica Reggio nel cuore, si sono confrontati in maniera tendenzialmente civile sui temi proposti da Francesco Nucara, segretario dei Repubblicani che proprio sulla base di questo confronto – sostengono – decideranno nei prossimi giorni quale candidato sostenere. Dimenticati i toni feroci della polemica a mezzo stampa, la conflittualità fra Falcomatà e Dattola rimane confinata a qualche battuta allusiva o frecciata velenosa, mentre Chizzoniti riserva i suoi strali per il presidente di Confindustria Andrea Cuzzocrea, entrato nel mirino dell’attuale presidente della commissione regionale di vigilanza da quando ha bocciato tutte le candidature in campo, auspicando l’ingresso in scena di «un capitano coraggioso. Un uomo libero, che abbia già scritto la propria storia e che non cerchi né conferme, né potere, né denaro».
BAGARRE SULLA SANITA’
Alla fine la polemica arriva, ma a far scoppiare la bagarre è un passaggio dell’intervento di Nucara sulla malasanità calabrese, che fa insorgere – letteralmente – la folta platea di medici presente all’incontro, che non ci stanno a essere additati come espressione di quel sistema che «in Calabria fanno più morti della criminalità». O almeno questo è quello che intende chi dalla platea non esita a rimbeccare vivacemente Nucara, prima che il segretario dei Repubblicani – che di certo non le manda a dire – riesca a spiegare come la critica fosse rivolta alla politica che ha mal gestito la sanità e non ai medici. Se Dattola «da medico dentista» – nonostante da anni sia il nome e il volto di Unioncamere e come tale pubblicamente intervenga – si schiera a difesa dei colleghi – rintuzzato da Nucara che lo invita a non cercare «facili consensi» e Chizzoniti sfodera l’eloquio dell’avvocato di lungo corso per tentare una mediazione fra l’anfitrione e la platea, sembra toccare a Falcomatà l’intervento che mette più o meno tutti d’accordo. Il giovane candidato sindaco del centrosinistra non attacca i medici reggini, ma al contrario ricorda che la sua famiglia ha scelto gli ospedali della città nel momento drammatico della malattia del padre Italo – indimenticato sindaco di Reggio – senza nascondere le gravi deficienze sanitarie «che andrebbero approfondite nel contesto di un confronto con chi è obbligato a misurarsi con questi problemi giorno dopo giorno».
LA RICETTA PACATA DI FALCOMATA’
Nonostante il giovane candidato del centrosinistra abbia fatto di tutto per affrancarsi dall’ombra lunga del padre Italo, tanto da non nominare neanche una volta quella stagione politica quasi rivoluzionaria per Reggio, il “professore” continua a essere il vero protagonista della campagna elettorale. Dalla città metropolitana alla centrale a carbone, dalla prospettiva di costituzione alle infrastrutture, non c’è tema su cui i candidati siano stati sollecitati che non abbia stimolato aneddoti, ricordi o confronti con gli anni della Reggio bella e gentile. Un handicap più che un assist per il giovane candidato del centrosinistra, che nonostante di certo non giocasse in casa – prova ne sia che è l’unico ad esser chiamato per cognome da un anfitrione che con «Lucio» e «Aurelio» ha condiviso per lungo tempo la scena, incrociandone percorsi e carriere – se la cava. Ignora – forse anche troppo – le frecciate che di tanto in tanto arrivano da Dattola, è netto quando gli si chiede una posizione chiara sull’ipotesi di costruzione di una centrale a carbone, risponde in maniera chiara ma fin troppo pacata alle domande, declinando quella «idea di città che abbiamo sviluppato nel tempo insieme ai cittadini» e si ripromette di concretizzare «attraverso un governo civico sebbene rappresentato dai partiti della coalizione» che si apra alla massima partecipazione della città attraverso gli strumenti consentiti dallo statuto comunale. Certo, gli interventi quasi paterni con cui Chizzoniti – da vecchia volpe della politica – fa notare il peso della differente esperienza, quasi lo prendono in contropiede, come alla sprovvista sembra pcoglierlo una domanda un po’ più tecnica sull’ipotesi di privatizzazione dell’aeroporto, ma infine sembra in grado di uscirne in modo dignitoso.
DATTOLA, TRA ALLUSIONI E MEZZI SCIVOLONI
Diversa e decisamente più velenosa è la strategia di Lucio Dattola, proprio oggi incoronato candidato unico di tutto il centrodestra. Abbandonati i toni pesantissimi con cui a mezzo stampa ha fatto sapere che «non possiamo consentire a persone che non hanno idea di come si fa pubblica amministrazione di andare a Palazzo San Giorgio. Non capisco la spavalderia, l’arroganza mentale di chi si propone a fare delle cose che non ha mai fatto. Se la popolazione reggina dovesse scegliere Falcomatà, vorrebbe dire che alla guida della città vuole un ragazzetto di 31 anni che non ha mai aperto un bilancio», Dattola fa di tutto per mostrarsi come un uomo che è parte da tempo della classe dirigente cittadina e in quanto tale da tempo lavora «fattivamente» – ci tiene a specificare – per il rilancio di Reggio. «Non bastano le belle parole», ripete allusivamente più e più volte, quando – a riprova dell’immagine da amministratore di lungo corso che vuol dare di sé- ricorda di essere stato chiamato in qualità di presidente di Unioncamere a collaborare all’elaborazione dei sei punti del Pon che servirà per costruire la città metropolitana o di essere l’artefice, sempre nelle medesime vesti, del piano di rilancio commerciale del bergamotto. Di certo non gli è agevole rievocare presunti fasti o successi delle amministrazioni gestite dalla compagine che rappresenta e quando ci prova, sottolineando ad esempio che «abbiamo sempre fatto giunte di altissimo livello, privilegiando le competenze e la qualità», riesce a farsi zittire anche da Nucara – politicamente sempre limitrofo al centrodestra – che non esita a dire «gli esempi in Comune e Regione non sono esaltanti». A riprova di quanto detto, il segretario dei Repubblicani ricorda di essersi proposto personalmente e a titolo gratuito come presidente dell’Ente Parco a Scopelliti «ma mi ha detto no e il posto lo ha dato.. non so.. a un amico di famiglia. Del resto, lui stesso lo ha detto anche al tg1 che nomina gli amici».
LA POSSIBILE GIUNTA CHIZZONITI
Una battuta che apre un’autostrada per Chizzoniti che ne approfitta per rincarare la dose affermando non solo che «quella nomina era strumentale in attesa di un salto a Palazzo S. Giorgio» ma anche che «il politico di grande spessore guarda alla prossima generazione, le espressioni del nanismo politico alla prossima campagna elettorale». Alla città, l’attuale presidente della commissione regionale di vigilanza che si dichiara «senza padrini e senza padroni» promette, qualora fosse eletto sindaco, un magistrato della Corte dei Conti in servizio attivo come assessore al bilancio, un uomo indicato dalla Chiesa «così evitiamo polemiche» alle politiche sociali, l’ex senatore missino Renato Meduri come vicesindaco e una giunta tutta esterna. «Se cade, si va ad elezioni e vuol dire che è la buona volta che Chizzoniti vince con l’80%». Prospettive forse un po’ troppo futuribili per i reggini che solo oggi ricominciano a prendere confidenza con quella politica che hanno visto latitare negli anni del commissariamento per contiguità mafiose. Eppure, proprio la criminalità organizzata continua a rimanere la grande assente nel dibattito sul futuro della città.
Alessia Candito< /p>
a.candito@corrierecal.it
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