"Colpi" milionari nelle gioiellerie, indagati davanti al gup il 10 ottobre
REGGIO CALABRIA Gli indagati dell’operazione “Cilea”, il prossimo 10 ottobre, di fronte al gup di Reggio dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commis…

REGGIO CALABRIA Gli indagati dell’operazione “Cilea”, il prossimo 10 ottobre, di fronte al gup di Reggio dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più delitti contro il patrimonio – tra cui furti in esercizi commerciali e in abitazioni – e alla ricettazione gli indagati dell’operazione Cilea, l’inchiesta che ha portato a stringere il cerchio sulla banda specializzata in furti su commissione in gioiellerie e abitazioni responsabile di una serie di “colpi” milionari messi a segno tanto a Reggio Calabria come nella Capitale. Iniziate nel luglio 2011 dopo il clamoroso furto in una nota gioielleria cittadina, le indagini hanno avuto una prima svolta nel novembre dello stesso anno, quando i carabinieri hanno stretto le manette ai polsi di Luigi Davide Belgio – considerato uno dei capi della banda – beccato assieme ad Antonio Talinucci e Filippo Foti, nel corso di un tentativo di furto al teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, dove avevano tentato di sottrarre gli oltre 10mila euro di incassi della rappresentazione teatrale ”Cenerentola”. Arresti determinanti che hanno permesso di ricostruire l’organigramma della banda – a partire dai suoi capi, i reggini Davide Belgio e Luigi Musolino –, le connessioni esterne di cui godeva e il modus operandi utilizzato. Un «sodalizio criminale perfettamente organizzato, dotato di di alti profili professionali» che per gli investigatori sarebbe riuscito a ottenere informazioni sulla refurtiva e le modalità di elusione degli impianti di allarme delle abitazioni private come anche delle gioiellerie, grazie a imprenditori specializzati nel posizionamento di impianti di condizionatori d’aria che fungevano da basisti. Informazioni preziose, che servivano alla banda per neutralizzare i sistemi di difesa passiva dei vari obiettivi, svaligiati senza sparare un colpo. Secondo l’accusa, a Reggio toccava a Marine Bikadze – donna di nazionalità georgiana impiegata nella città calabrese dello Stretto come badante – custodire la refurtiva, poi rivenduta a Roma tramite Marco Di Santo, commerciante di metalli preziosi residente nella Capitale, abbastanza conosciuto negli ambienti della criminalità romana.
Alessia Candito
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