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Colpo al clan D'Oronzo-De Vitis

TARANTO 52 ordinanze di custodia cautelare e arresti eseguiti in varie città italiane, tra cui Reggio Calabria, hanno disarticolato la base del clan D’Oronzo-De Vitis. Gli esponenti, appena usciti da…

Pubblicato il: 06/10/2014 – 16:03
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Colpo al clan D'Oronzo-De Vitis

TARANTO 52 ordinanze di custodia cautelare e arresti eseguiti in varie città italiane, tra cui Reggio Calabria, hanno disarticolato la base del clan D’Oronzo-De Vitis. Gli esponenti, appena usciti dal carcere, avevano riannodato i fili del clan, rigenerandolo e tornando a gestire le attività illecite con metodi mafiosi. Orlando D’Oronzo, 56 anni, detto “fratello grande”, e Nicola De Vitis, 46 anni, il “fratello piccolo”, erano già stati protagonisti a Taranto della sanguinosa guerra di mala che tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta provocò 160 morti ammazzati. Erano alleati con Tonino Modeo, meglio conosciuto come “il messicano”, che si contrapponeva al gruppo dei fratellastri Riccardo, Gianfranco e Claudio Modeo.
La Polizia, oggi, ha dato esecuzione a più di cinquanta ordinanze di custodia cautelare (49 in carcere e tre ai domiciliari) emesse dal gip del tribunale di Lecce Alcide Maritati su richiesta del pubblico ministero della Dda Alessio Coccioli. Gli arresti sono stati eseguiti tra Taranto, Verona, Bergamo, Sassari, Matera, Bari, Lecce, Brindisi, Foggia, Napoli e Reggio Calabria. Ancora tre ancora i latitanti. L’organizzazione criminale, era dedita alle estorsioni, al traffico di droga, alle rapine e alla detenzione di armi e munizioni. Nel fascicolo d’inchiesta non mancano neppure episodi cruenti come omicidi o tentati omicidi. Nicola De Vitis, già condannato a 25 anni di reclusione per aver partecipato all’uccisione di Cosima Ceci (la mamma dei Modeo), è ritenuto anche il mandante dell’omicidio di Tonino Santagato, di 57 anni, ammazzato il 29 maggio del 2013 in via Mazzini. Per questo delitto sono già stati condannati a 30 anni di reclusione con il rito abbreviato i fratelli Giovanni e Salvatore Pascalicchio. La vittima fu raggiunta da cinque colpi di pistola perche’ avrebbe cercato di impedire ai due fratelli di vendere le cozze in una zona situata nei pressi della sua abitazione. Anche Orlando D’Oronzo, uscito dal carcere alla fine del 2012 con l’imposizione del soggiorno obbligato a Sassari, non aveva perso la sua capacità di intimidazione. Ma la nuova mafia, come hanno sottolineato nel corso di una conferenza stampa il procuratore capo della Dda di Lecce Cataldo Motta, il sostituto della procura nazionale Antimafia Francesco Mandoi e il questore di Taranto Enzo Mangini, volutamente cercava di !cambiare immagine e mantenere un basso profilo. A De Vitis, infatti, avevano consigliato di «vestirsi bene e di essere meno rozzo».
«Ci deve preoccupare il fatto – ha precisato Mandoi – che dietro l’assenza di episodi eclatanti ci sia una strategia che vuole portare all’accettazione dei crimini. Questa nuova strategia della mafia, non solo quella tarantina, serve ad allontanare l’indignazione sociale dai fenomeni mafiosi e ad indebolire l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine». Tra le persone arrestate nel blitz “Alias” c’è l’imprenditore Fabrizio Pomes, di 48 anni, già presidente del centro sportivo “Magna Grecia” ed ex segretario provinciale del nuovo Psi, che risponde di concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Secondo l’accusa, avrebbe fiancheggiato l’organizzazione, creando per la gestione della struttura comunale cooperative di cui facevano parte anche due pregiudicati condannati per associazione mafiosa. In carcere sono tornati anche altri volti noti della criminalità tarantina: Francesco Scarci, Gaetano Diodato, Roberto Ruggieri, Calogero Bonsignore, Pietro Leone, Francesco Leone, già arrestato per l’omicidio di Nicola Nibbio. 

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