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FALLARA | Orsola lo «schermo dietro il quale agiva Scopelliti»

REGGIO CALABRIA «La dottoressa Fallara era lo schermo dietro il quale agiva il sindaco Scopelliti che aveva voluto fortemente la stessa quale dirigente di un settore strategico dandole la possib…

Pubblicato il: 24/10/2014 – 11:43
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FALLARA | Orsola lo «schermo dietro il quale agiva Scopelliti»

REGGIO CALABRIA «La dottoressa Fallara era lo schermo dietro il quale agiva il sindaco Scopelliti che aveva voluto fortemente la stessa quale dirigente di un settore strategico dandole la possibilità di portare avanti, nel dissenso di buona parte dell’amministrazione, la linea politica da lui perseguita». È un’affermazione lapidaria, secca e che non lascia spazio a replica quella con cui il Tribunale presieduto da Olga Tarzia ha motivato la condanna a 6 anni di reclusione per l’ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore – per tale sentenza decaduto – Giuseppe Scopelliti. Una condanna severa che poggia su un giudizio duro motivato sulla base di numerosissimi «indizi, gravi, precisi e concordanti, che formano nel loro insieme la prova logica di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati agli stessi». Oggetto del dibattimento, si ricorda in sede di sentenza, «una serie di comportamenti reiterati nel tempo, posti in essere in concorso dal sindaco dell’epoca del Comune di Reggio Calabria, dottor Scopelliti, dal dirigente del settore Finanze e tributi, dottoressa Fallara (deceduta), e dai revisori contabili del medesimo comune, dottor De Medici, dottor Stracuzzi e dottor D’Amico, che hanno aggravato la situazione economica dell’ente territoriale, già in serie difficoltà dal 2007, determinando l’approvazione di documenti contabili non veritieri, attraverso una sorta di inesattezze create artatamente dal dirigente delle Finanze con l’avallo di soggetti che per posizione e qualità avevano piena contezza delle preoccupanti dimensioni del fenomeno e che hanno reso pareri falsi e compiacenti». In sintesi, una serie di falsi, realizzati scientemente e coperti per anni abilmente, per una precisa ragione di natura prettamente politica che i giudici non esitano ad indicare «la necessità di ammantare tale condizione non può che essere quella di evitare un irrigidimento dei servizi e un aggravamento delle tassazioni che avrebbe reso impopolare il sindaco del tempo, già al timone dell’ente dal 2002». Per evitare un calo di popolarità che nuove tasse avrebbero determinato, su mandato di Scopelliti – sottolineano i giudici – i conti dell’Ente sono stati alterati, gonfiati, stravolti. Ma tali pratiche non sono state prive di conseguenze, hanno «determinato una grave lacerazione del tessuto socio-economico cittadino, scavando un solco profondo tra i rappresentanti della comunità locale e i componenti di tale comunità, umiliati, defraudati nei loro diritti, privati del dovuto riconoscimento economico».
Un ritratto devastante di una città messa in ginocchio da pratiche contabili spericolate che la Fallara avrebbe messo in atto su preciso mandato politico dell’allora sindaco Giuseppe Scopelliti, che non a caso aveva voluto e mantenuto la dirigente “intuitu personae, nonostante i comportamenti ostruzionistici della stessa nei confronti di tutti i dirigenti e degli assessori al bilancio e nonostante i chiari segnali di dissesto del comune (…)». Un’investitura che le aveva regalato – si evidenzia in sentenza – un ruolo così determinante nell’ambito del comune di Reggio Calabria «da credere e da far credere di essere legibus soluta, fino ad imporsi con arroganza e supponenza sugli altri dirigenti (ai quali negava l’accesso ai dati contabili che gli stessi avrebbero dovuto invece conoscere, costringendoli finanche a sopportare ore di anticamera prima che essi ottenessero la concessione di essere ricevuti), ad assumere posizioni così decise e nette nei confronti degli assessori al bilancio da indurre l’assessore Veneziano a dimettersi».
Ma se la Fallara dettava legge sulla macchina burocratica – emerge dalle carte – è perché dalla politica, o meglio dall’ex primo cittadino riceveva ordini e direttive. «Molteplici – sottolineano non a caso i giudici – sono le tracce di questo rapporto di adesione/subalternità, tra queste, appaiono significativi i finanziamenti a istituti religiosi, concessi senza rispettare i principi di imparzialità e di trasparenza che stanno alla base delle procedura ad evidenza pubblica, su l’input del sindaco che trasmetteva le richieste mediante una sigla e l’indicazione dell’importo sulla stesse, immediatamente e scrupolosamente recepite ed eseguite dalla Fallara». Quasi spietata e indisponente con colleghi e sottoposti, nel ritratto che di lei fanno i giudici l’ex dirigente del settore Bilancio non è che un consapevole strumento. «Questa, che appariva come una donna potentissima che gestiva le sorti del comune di Reggio Calabria, in realtà era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo (cioè i dirigenti non asserviti al suo dominio e gli Assessori che eventualmente avessero voluto svolgere le loro funzioni correttamente). Tale disegno criminoso non si sarebbe potuto realizzare senza il concorso dei revisori contabili, nominati dallo stesso Scopelliti».
Una vera e propria tirannia, confermata nel corso della lunghissima istruttoria non solo dalla perizia tecnica dei dirigenti dei servizi ispettivi di finanza pubblica, Vito Tatò Vito, Giovanni Logoteto e Roberto Rizzi, o dalle innumerevoli testimonianze di dirigenti e funzionari del Comune, come dei politici di opposizione e – al netto di alcune reticenze che non sono passate inosservate ai giudici – di maggioranza, ma soprattutto dalla stessa deposizione dell’ex sindaco Scopelliti.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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