di Antonio Ricchio
È un inizio di campagna elettorale anomalo quello che si vive in Calabria. Dimenticate le polemiche al vetriolo tra i tradizionali avversari. Questa volta il duello è tutto interno al centrodestra. Se così rimarranno le cose anche nelle prossime settimane, Mario Oliverio potrà stare tranquillo: davanti a sé ha un’autostrada da percorrere col pilota automatico. In questa guerra interna allo schieramento dei conservatori ci sono mille contraddizioni e poche certezze. La prima: Ncd ha ufficialmente scaricato Peppe Scopelliti. La seconda: Wanda Ferro non intende aprire le porte nemmeno in futuro a chi ha firmato i più importanti provvedimenti della giunta regionale di centrodestra. Il “non detto” è che – dietro suggerimento di Jole Santelli e dei fratelli Occhiuto – spazio per una collaborazione con Gentile e gli altri di Ncd non ce n’è.
C’è una corsa a marcare i distinguo, insomma. E la prima uscita pubblica di Nico D’Ascola a candidato a governatore del polo dei moderati («non chiamatelo terzo polo – ammonisce Quagliariello – perché i dati di Reggio Calabria dimostrano che non esiste nemmeno un secondo polo») dimostra che una fase si è chiusa. La coalizione Ncd-Udc è altra cosa da Scopelliti. «Con questo centrodestra abbiamo chiuso», avverte il coordinatore nazionale degli alfaniani. Che nicchia su eventuali accordi col Pd dopo il voto.
E lo stesso prova a fare Lorenzo Cesa, preoccupato più per la possibile implosione del suo gruppo dirigente che per il risultato finale. Il segretario nazionale dell’Udc è consapevole che esiste una contraddizione tra il sostenere una coalizione alternativa a quella che nel 2010 vinse le elezioni in Calabria e l’affermare che gli assessori centristi di quella giunta hanno fatto un buon lavoro.
Prevalgono i “non detti”, insomma. E nel Nuovo centrodestra sono davvero tanti. D’Ascola prova a prenderla alla larga, parlando di un centrodestra – quello berlusconiano – che ha smarrito la propria bussola per inseguire valori non suoi. Poi, in riferimento, alle cose calabresi è durissimo nel rimarcare le distanze con l’idea di politica incarnata da Scopelliti («che ormai appartiene al passato»). È il segno che tra i due l’intesa di un tempo non c’è più. Resta la simpatia personale (forse), ma gli accordi politici sono altra cosa. Il senatore – che è arrivato a Palazzo Madama anche grazie al lavoro di moral suasion di Scopelliti – non ha condiviso molte cose dell’azione amministrativa dell’ex governatore. Non ha digerito soprattutto, le forzature politiche seguite alla condanna (di Scopelliti) nel processo Fallara, la candidatura alle Europee contro tutti e tutto, il voler dettare l’agenda alla giunta regionale – nonostante le dimissioni da governatore –, il diktat sulle nomine dei manager della sanità. Ci sarebbe anche altro, D’Ascola, da fine giurista, le definisce «prove documentali», per testimoniare come Scopelliti e il Nuovo centrodestra siano ormai due mondi paralleli. Due entità distinte.
Tonino e Pino Gentile guardano avanti, convinti di riuscire a superare «agevolmente» lo scoglio dello sbarramento all’8%. Per il dopo, si vedrà. Sintetizza Quagliariello: «Wanda Ferro ci attacca perché siamo andati a trattare al Nazareno, nella sede del Pd. Beh, è vero: siamo andati a vedere il posto dove spesso Berlusconi va a prendere il caffè».
Twitter: @AntonioRicchio
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