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La "Nemesi" di Oppido, tra estorsioni e vendette

REGGIO CALABRIA C’è un debito da 3.500 euro alla base dell’estorsione e del tentato omicidio ricostruiti dalla Procura di Palmi con l’operazione Nemesi, che questa mattina all’alba ha fatto scattare…

Pubblicato il: 05/11/2014 – 12:23
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La "Nemesi" di Oppido, tra estorsioni e vendette

REGGIO CALABRIA C’è un debito da 3.500 euro alla base dell’estorsione e del tentato omicidio ricostruiti dalla Procura di Palmi con l’operazione Nemesi, che questa mattina all’alba ha fatto scattare le manette per Domenico Feliciano, accusato di omicidio insieme al padre Giorgio, come per Giuseppe Gattellari, cui viene contestata invece la tentata estorsione. Le indagini, dirette dai pm Salvatore Dolce e Francesco Ponzetta, sono partite nel settembre 2011, quando l’auto del più giovane dei Feliciano – originario di Messignadi, popolosa frazione di Oppido Mamertina – è stata crivellata di colpi. Un episodio denunciato in maniera parziale e tardiva dalla vittima, che prima di denunciarlo agli investigatori – riferisce il pm Dolce – «ha preferito prima rifugiarsi dai familiari, quindi scappa al nord Italia, dove rimane per alcuni giorni sempre ospite di alcuni parenti, e solo al suo ritorno si decide a denunciare quanto accaduto, tentando però di minimizzare il fatto e senza indicare possibili responsabili».

Una ricostruzione che ha lasciato perplessi investigatori e inquirenti, che fin dai primi rilievi si sono resi conto di come quella fornita dalla vittima fosse solo una versione di comodo, tesa a nascondere il reale accaduto: Feliciano era stato vittima di un’intimidazione in piena regola – o meglio come tale derubricato dal gip, che non ha accolto l’impostazione della Procura che aveva letto l’episodio come un tentato omicidio – da parte di qualcuno che aveva sparato contro la sua auto, mentre si dava alla fuga, distruggendone il lunotto posteriore. È dunque in «un clima di totale omertà che ha contrassegnato le indagini dall’inizio alla fine» – sottolinea il procuratore facente funzioni di Palmi, Emanuele Crescenti – che gli investigatori hanno avviato le verifiche necessarie per approfondire il contesto in cui tale intimidazione fosse maturata, mettendo sotto controllo un infinito numero di utenze a Messignadi. Uno screening a pettine fitto di una comunità chiusa a riccio attorno ai propri segreti, ma che non è riuscita a celare fino in fondo i dissidi nati fra i Feliciano e Gattelari – nomi noti nella ndrangheta locale – per quei 3.500 che quest’ultimo pretendeva gli venissero restituiti. Un debito in seguito saldato dai Feliciano, che però al creditore non hanno perdonato lo “sgarro” fatto con quell’agguato del settembre 2011.
Sgarro che Gattellari avrebbe dovuto pagare con la vita. Solo per miracolo l’uomo si salverà infatti dalla vendetta dei Feliciano, che tenteranno di ucciderlo «utilizzando – ci tengono a sottolineare gli inquirenti – proiettili ad espansione, a testimonianza del fatto che non volevano lasciare scampo alla vittima». Circostanze commentate duramente dal pm Dolce, che sottolinea: «Siamo di fronte alla testimonianza di un concetto distorto di onore. Nonostante il debito fosse stato pagato e la questione virtualmente chiusa, i Feliciano hanno voluto comunque punire Gattellari. Questo emerge in maniera forte dalle intercettazioni in cui si ascolta “quello che mi hanno fatto è un qualcosa di troppo grave e che non può essere lasciato senza risposta”. Parole che ci danno la misura precisa di quanto accada in territori come quello di Oppido».
Non più tenero è il procuratore facente funzioni di Palmi, Crescenti, che afferma: «Siamo di fronte a un fatto di debito/credito che sfocia in due fatti di sangue di rilevante gravità che testimonia la necessità di intervenire soprattutto sotto il profilo culturale in certi settori, per affermare che anche le pretese contrattuali si debbano risolvere rivolgendosi alla giustizia, piuttosto che farsi una giustizia privata».

E sebbene i due episodi non siano maturati in contesti riferibili ai clan di riferimento della zona, «la cultura ‘ndranghetista – evidenzia Crescenti – emerge e si respira pieni polmoni di quanto successo».

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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