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INSUBRIA | Quel padre che vuole affiliare il figlio minorenne

REGGIO CALABRIA C’è chi sogna il figlio dottore, chi vuole semplicemente che sia felice, Salvatore Pietro Valente lo voleva ‘ndranghetista, con tanto di battesimo ufficiale. Per questo non ha esita…

Pubblicato il: 19/11/2014 – 10:04
INSUBRIA | Quel padre che vuole affiliare il figlio minorenne

REGGIO CALABRIA C’è chi sogna il figlio dottore, chi vuole semplicemente che sia felice, Salvatore Pietro Valente lo voleva ‘ndranghetista, con tanto di battesimo ufficiale. Per questo non ha esitato a forzare la mano per accreditarlo all’interno dell’organizzazione, decantando le virtù criminali del pargolo all’epoca dei fatti non ancora maggiorenne, pur di ottenere il riconoscimento ufficiale desiderato. È quanto hanno scoperto i carabinieri del Ros di Milano ascoltando gli uomini dei clan di Fino Mornasco, Calolziocorte, Cermenate finiti ieri in manette con l’operazione Insubria, la prima indagine che sia riuscita a documentare anche con riprese video uno dei momenti più intimi e segreti nella vita di una ‘ndrina: il battesimo e la distribuzione delle cariche – anche di rango – fra gli affiliati. I Ros, con le loro cimici, hanno seguito tutta l’operazione fin dalla fase preparatoria, quando ogni singolo aspirante viene sottoposto all’attento vaglio di legittimità da parte dei componenti del locale, chiamati tutti a esprimersi sulla questione. «Chi li conosce gli importa qualcosa … se hanno qualcosa» dice al riguardo il capolocale Antonino Mercuri per avviare la discussione sulla richiesta di affiliare il figlio di Valente, all’epoca non ancora maggiorenne, e il nipote, Nicholas Montagnese. L’età – sottolinea Mercuri – non conta perché «si può mettere mani pure a 14», ma è necessario che chi «porta avanti» i due giovani, si dovrà assumere «tutte le massime responsabilità in tutto e per tutto». Pesa il “curriculum” familiare come nel caso di Montagnese, che è pronipote di Bartolomeo, un uomo di rango dei clan del Comasco, o l’atteggiamento che si è avuto nei confronti di magistrati e poliziotti. In proposito, proprio Mercuri dice agli altri affiliati che è obbligato ad approfondire sul conto di Montagnese. Nonostante la giovane età, il ragazzo ha già un procedimento penale sulle spalle per favoreggiamento per aver supportato la latitanza di Francesco Nocera, uomo del clan Bellocco, e per l’organizzazione è importante – annota il gip Luerti nell’ordinanza di custodia cautelare – «conoscere la personalità del “candidato” ed in particolare il suo “comportamento processuale”, per fugare qualsiasi dubbio su eventuali condotte di tipo “collaborativo”. In un mondo di valori ribaltato anche il patteggiamento può essere considerato non aderente all’ortodossia mafiosa». Un’infamità, per dirla con le parole utilizzate dagli uomini dei clan, che però sul punto danno ampie rassicurazioni. Le maggiori arrivano da Giovanni Marinaro che non solo assicura di aver saputo da «carissimi fratelli miei», detenuti nella stessa cella del ragazzo, del suo irreprensibile comportamento dietro le sbarre, ma soprattutto di averne avuto la conferma dalle carte processuali perché «un mio carissimo amico questo avvocato… mi ha fatto leggere i fascicoli». Grazie all’avvocato Vittorio Pisani – da qualche mese collaboratore di giustizia, dopo essere stato arrestato con l’accusa di aver costretto la testimone di giustizia Cetta Cacciola a ritrattare quanto in precedenza dichiarato – Marinaro ha potuto infatti leggere il fascicolo del processo a carico di Montagnese, dal quale non sarebbe emersa alcuna velleità di collaborazione con gli inquirenti.
Ma Mercuri non è ancora soddisfatto, o meglio sulla base delle “regole” dell’organizzazione è obbligato a fare ancora qualche domanda, che – specifica – non deve essere intesa come «mancanza di rispetto», ma solo come strumento necessario per permettere agli affiliati di esprimersi sul conferimento della dote al ragazzo. Per Montagnese infatti, la cerimonia di affiliazione era già stata organizzata in Calabria, ma il giovane si era tirato indietro. Circostanze importanti per Mercuri, secondo il quale sarebbe necessario interpellare tutti i presenti a quella precedente cerimonia «per non venire meno di rispetto a quelli che quella sera avevano camminato e lui, poi, non ha voluto».
Cautele inutili per Salvatore Pietro Valente, che spinge per l’affiliazione del nipote, perché la vicenda sarebbe stata già ampiamente chiarita anche in Calabria. Lo «volevano fare i Bellocco»- dice agli altri affiliati, come se l’ombra del potente clan di Rosarno fosse un titolo di merito, ma il ragazzo ha declinato l’offerta, manifestando il desiderio di «andarsene con lo zio» nel locale di Calolziocorte. Interpretazione accolta da Mercuri, che con il suo imprimatur di fatto dà il via libera all’affiliazione dei due ragazzi, che proprio per quel battesimo incasseranno una pesante accusa di partecipazione ad associazione mafiosa.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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