La svolta dei "Soul pains"
COSENZA Fatta propria e superata l’esperienza legata all’album d’esordio “Bitter day”, i “Soul pains” decidono di rompere con «ogni schema» in occasione dell’uscita del secondo album. La prova del no…

COSENZA Fatta propria e superata l’esperienza legata all’album d’esordio “Bitter day”, i “Soul pains” decidono di rompere con «ogni schema» in occasione dell’uscita del secondo album. La prova del nove per ogni artista, ma che la formazione cosentina sembra aver superato nel migliore dei modi.
“In the name of the father” (edito da Nsj music) si propone dunque di mettere un punto fermo dopo un anno intenso di cambiamenti, che ha visto una line-up con una sezione ritmica tutta nuova (composta Massimo Russo, Mario D’Ambrosio, Roberto Risorto) fino a una brass section che vanta la collaborazione del terzo sax contralto di Claudio Cardito.
Per l’occasione, la band bruzia propone un album ricco di sonorità seducenti. «La volontà di rompere con la gabbia delle convenzioni si traduce in un attacco diretto alla morale comune e al perbenismo ipocrita, che oggi come non mai regola i rapporti tra le persone, sempre più distanti e sempre meno necessari».
Un messaggio che diventa di rottura, soprattutto se lanciato in concomitanza delle festività natalizie con il concerto del 23 dicembre al teatro auditorium dell’Unical, a partire dalle 21.30.

L’appuntamento, fungerà anche da presentazione ufficiale dell’album, da cui è stato tratto anche il video di prossima uscita (già visibile su YouTube) diretto da Giacomo Triglia. Un’amara presa di posizione quella dei “Soul pains”, che culmina con un’autentica e intima consapevolezza: quella di vivere cioè, o sopravvivere, chissà, in una “social war” (da cui l’omonimo brano presente nel disco), dove vige la logica perversa del tutti contro tutti e del si salvi chi può. Il singolo copertina dell’album, inoltre, così come tutta l’opera, richiama le sonorità del funk-soul dei primi anni ’70 di Curtis Mayfield e dell’ultimo periodo di Marvin Gaye, ma sperimenta anche soluzioni più moderne, più attuali, come quelle dei “Tower of power” e Jamiroquai. Anello di congiunzione, “The Body”, pezzo inedito della band che si ispira alla celebre hit di Amy Winehouse “Rehab”. Presenti anche due brani in francese: “Cherry man” e “Un reve ca sert à quoi ?”, quest’ultimo con testo a cura di Giuseppe Vincenzi. Il pezzo racconta di una coppia omosessuale francese alle prese con la “dura legge” non scritta del matrimonio, che «aggrava paradossalmente – raccontano i componenti del gruppo – l’illegalità e la clandestinità di questo amore, tanto da far pensare ai due protagonisti di voler retrocedere al ruolo di semplici fidanzati». Ingredienti nuovi e vecchi si mischiano quindi in questo ultimo, e pulsante, lavoro dei Soul Pains. Prima del concerto del 23 dicembre, inoltre, alle 20.30, nel foyer del teatro auditorium dell’Unical, è previsto un aperitivo musicale animato dal dj-set funk-soul di Kerò.