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'NDRINE A SAN LORENZO | «I voti dei Paviglianiti per Tripodi»

REGGIO CALABRIA Se la sua lista non fosse rimasta abbondantemente sotto la soglia di sbarramento, oggi Pasquale Maria Tripodi – leader del Centro Democratico, accolto da Oliverio dopo anni di fiera m…

Pubblicato il: 18/12/2014 – 22:00
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'NDRINE A SAN LORENZO | «I voti dei Paviglianiti per Tripodi»

REGGIO CALABRIA Se la sua lista non fosse rimasta abbondantemente sotto la soglia di sbarramento, oggi Pasquale Maria Tripodi – leader del Centro Democratico, accolto da Oliverio dopo anni di fiera militanza nel centrodestra – sarebbe in consiglio regionale. Ma rischierebbe di avere più di qualcosa da spiegare e più di un imbarazzo da gestire. Stando a quanto emerso dall’inchiesta “Ultima spiaggia”, l’ex consigliere regionale, cui le urne hanno vietato la riconferma, tra San Lorenzo e Bagaladi nel 2010 avrebbe potuto contare su un “supporter” quanto meno ingombrante. Si tratta dell’imprenditore Antonio Scaramozzino, per i pm «vicino alla cosca Paviglianiti». Lui – si legge nell’ordinanza – «ha sempre potuto contare sulla vicinanza di un’influente personalità politica di cui si è spesso fatto portavoce, interpretando la sua chiara intenzione di agevolare le cosche nel perseguimento dei propri obiettivi illeciti in cambio di un adeguato pacchetto di voti».

 

ELETTORI INGOMBRANTI
Un giudizio pesantissimo che gli inquirenti desumono da conversazioni che lasciano poco spazio all’interpretazione. Intercettato dagli investigatori, Scaramozzino, pur senza svelarne il nome, fa riferimento a una personalità politica locale che avrebbe promesso sovvenzionamenti «purché – sottolinea il gip – ad esclusivo beneficio delle cosche». Rivolgendosi ad Antonino Pannuti, afferma infatti: «che ci poteva dire?… “se ioso che ho un… inc… io mando soldi… sennò non mando – ha detto – mando per… inc… e se li prendono gli altri?… se sappiamo che è una cosa nostra – ha detto – mando… anche perchè ora passo… passo alla forestazione… inc… se è una cosa che sappiamo che soldi spendiamo con amici nostri, io mando, sennò non mando». Non è dato sapere – almeno stando alle carte su cui fino ad oggi c’è stata discovery – chi fosse questo personaggio pronto a «mandare soldi».
Di certo però, nel 2010 Scaramozzino si spenderà per la campagna elettorale di Tripodi, all’epoca aspirante consigliere regionale. Un impegno di cui il politico sarebbe stato perfettamente a conoscenza, se è vero che gli investigatori ascolteranno distintamente Tripodi chiedere al suo “proconsole” nel basso Jonio: «Senti, ma a San Lorenzo tutto a posto?» – ricevendone in cambio ampie rassicurazioni sui voti in arrivo. Voti che per i pm l’imprenditore ha raccolto, attivando i Paviglianiti e il loro entourage. Più volte, proprio alla vigilia delle consultazioni, l’imprenditore verrà avvistato con Settimo Paviglianiti, come con uno dei suoi uomini di fiducia, Vincenzo Abenavoli, come con altri soggetti direttamente riconducibili al clan, come Luca Cannizzaro, cognato di Settimio Paviglianiti, e Vincenzo Mangiola.

 

E LAUTE RICOMPENSE
«Il risultato elettorale – sintetizza il gip – non tradirà le aspettative di Tripodi Pasquale e della cosca che lo ha appoggiato, in quanto risulterà eletto con 10.393 preferenze: il neo eletto Tripodi non mancherà di ripagare i suoi elettori, primo tra tutti Scaramozzino Antonio Mario al quale, come si evince dall’intercettazione della conversazione telefonica del 08.07.2010 in cui si premura egli stesso di notiziarlo dell’assegnazione all’incarico di delegato regionale in seno alla deputazione amministrativa del Consorzio di bonifica del Basso Ionio reggino». Una notizia che sarà lo stesso Tripodi a comunicare a Scaramozzino, mentre Abenavoli, come “premio” per l’impegno profuso, sarebbe stato “ricompensato” con la nomina del cognato Bruno Gualtieri a capo dipartimento del settore Ambiente.

 

IL CLAN E LA POLITICA
Ma l’interesse dei Paviglianiti per la politica non si è limitato alle regionali: avrebbero messo le mani anche sulle comunali e le provinciali del 2011. A San Lorenzo «dietro il risultato elettorale che, sancendo la nomina a sindaco di Pasquale Sapone, ha determinato la sconfitta della lista antagonista “Democrazia legalità trasparenza”, capeggiata da Mangiola Palmino, si celano in realtà i veri giochi di potere messi in atto dalla cosca. A quest’ultima lista, risultata perdente, si ritiene siano stati attribuiti i connotati di una lista di
copertura al fine di far assumere una parvenza di legalità alle consultazioni amministrative. Così facendo la cosca, che in entrambe le liste conta soggetti ritenuti affiliati o contermini alla stessa, riesce a garantirsi il pieno controllo degli organi amministrativi comunali».
Il clan voleva essere sicuro di prendere il Comune, per questo avrebbe truccato il mazzo delle consultazioni, lasciando ai cittadini pochissima libertà di scelta: o la ‘ndrangheta o la ‘ndrangheta. I Paviglianiti – spiega infatti il collaboratore Giuseppe Ambrogio – «sono stati sempre interessati alle vicende politico-amministrative, anche alle ultime elezioni Settimo Paviglianiti appoggiava la candidatura a sindaco di Sapone e il fratello Angelo quella di Palmino Mangiola».
E alle comunali, i Paviglianiti non avevano solo facoltà di scegliere le liste, ma anche di decidere chi si dovesse candidare in ciascuna di esse. Anche a meno di ventiquattro ore dalla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle candidature, come nel caso di Antonio Scaramozzino, che nel 2010, nell’ultimo giorno utile, avrebbe ritirato la sua candidatura dalla lista “Ancora uniti per San Lorenzo” e iscriversi nella lista m. 2 “Democrazia-legalità-trasparenza”. E quel giorno, ad annunciare il cambio di bandiera all’ex capolista di Scaramozzino, Pasquale Sapone sarà il cognato del boss Paviglianiti. «Nella circostanza – ha raccontato ai pm – è stato il Ceravolo Santo a dirmi che erano venuti per ritirare la candidatura dello Scaramozzino Antonio e quindi io interpellavo direttamente il giovane Scaramozzino il quale mi con fermava che era lui a volere ritirare detta candidatura, scusandosi di ciò».

 

E ALLE PROVINCIALI
Ma anche per le provinciali del 2011, il clan non ha fatto mancare il proprio appoggio ad alcuni, selezionati candidati. È il caso di Giovanni Falcone, uomo di fiducia di Settimio Paviglianiti, rimasto però fuori dal consiglio provinciale, per un numero decisamente troppo risicato di preferenze. Ma non è l’unico candidato cui le cosche avessero promesso appoggio. Anche Annunziato Nastasi – come confermato dal pentito Ambrogio – potrà contare sui Paviglianiti. Non a caso, l’allora aspirante consigliere provinciale sceglierà proprio il Lido La Cubana, formalmente intestato al cognato ma in realtà per gli inquirenti di proprietà del boss, per realizzare un evento di campagna elettorale. Elementi che per il gip «rendono palese il meccanismo che, nelle realtà locali, si instaura di duplice sfruttamento tra il “politico” di turno e l’associazione criminale operante nel territorio di riferimento ai fini elettorali, laddove l’uno è a caccia di
voti e l’altra è alla ricerca di un futuro “referente” istituzionale a cui rendere il conto nell’assegnazione di appalti, nel riconoscimento di atti autorizzativi o concessioni pubbliche a loro inibite, nella gestione della cosa pubblica in generale».

 

RAPPRESENTATIVITÀ SOLO PER IL CLAN
Per il gip, «il quadro che ne deriva è di sconfortante evidenza, non vi è elezione amministrativa che non sia sottoposta al “setaccio” dalla cosca di riferimento, al punto che la differenza tra le stesse non e più quella del livello territoriale interessato al rinnovo dei propri rappresentanti (comunale, provinciale, regionale), bensì del grado di vicinanza e di diretta “rappresentatività” del candidato, che si presceglie di appoggiare, agli interessi di parte della consorteria criminale e dei suoi maggiorenti, anziché a quelli pubblici della collettività per cui si procede».
Schemi noti e passaggi usuali – afferma il giudice – «ma che nonostante la loro monotona ripetitività non mancano mai di replicarsi e di trovare fert ile humus nel realtà territoriali locali, tristemente afflitte, oltre alle ataviche privazioni economiche e culturali del sud, dal fenomeno trasversale ed occulto, che non conosce “colori” o “posizioni” ideali, della criminalità organizzata di stampo mafioso».

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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