CATANZARO A Sarrottino, nel cuore del ristorante che ormai sembra essere diventato il crocevia della politica calabrese, il clima è natalizio. Musica in sottofondo e camerieri che corrono come un treno. Antipasto di mare, dentro c’è di tutto: la delizia sono gli scampi su un letto di pistacchi e mandorle. Carlo Guccione saluta Mimmo Battaglia. Giuseppe Neri si affida alle conoscenze di Nicola Irto per il debutto. I bersanian-cuperliani entrano in squadra: Sebi Romeo e Michele Mirabello. I catanzaresi circolano in ordine sparso: Arturo Bova si aggira in sala e saluta tutti, Vincenzo Ciconte cerca di schivare ogni contatto, Antonio Scalzo finge distacco e attende l’arrivo del presidente col prosecco in mano.
Mario Oliverio arriva per ultimo, di ottimo umore. Con lui c’è il plenipotenziario Franco Iacucci. Abbracci e baci per tutti, in particolare per Flora Sculco, l’unica donna eletta nel nuovo consiglio regionale. Ma i sorrisi dureranno di lì a poco. Chi si aspettava indicazioni sul presidente dell’assemblea di Palazzo Campanella rimarrà deluso. Oliverio sul punto evita accuratamente di fornire indicazioni e rimanda tutto «a consultazioni» con i singoli consiglieri nei giorni a cavallo del Natale. «Di certo – è l’unica cosa che si lascia scappare in colloqui bilaterali – è che toccherà a un esponente delle province di Catanzaro o Reggio Calabria».
L’unico lusso che il governatore concede alla sua maggioranza è un brindisi. Accompagnato da parole molto chiare: «Ciò che vi raccomando è massima sobrietà ed estremo rigore. Questi princìpi dovranno essere i punti cardine del nostro agire». Oliverio davanti ai commensali ribadisce che è sua intenzione procedere a uno snellimento della macchina amministrativa e all’unificazione dei bilanci di giunta e consiglio regionale. Accanto a questo provvedimento si accelererà sulla strada della spending review. «Si taglierà – è il ragionamento del capo dell’esecutivo – laddove sarà possibile. A partire dalla miriade di enti sub-regionali che finora non hanno prodotto i risultati sperati». Nel mirino ci sono anche le sedi di rappresentanza della Regione Calabria in giro per l’Italia e a Bruxelles.
Il risotto con alici e bergamotto spezza solo per qualche istante il clima di austerity. Già, perché Oliverio è «seriamente preoccupato» per la situazione socio-economica di questa regione: «La situazione che ho trovato dopo un’attenta ricognizione con i dirigenti dei dipartimenti è più seria di quanto pensassi. Qui c’è bisogno di una rottura radicale, di pratiche e metodi finora utilizzati». Il governatore non cita mai il suo precedessore ma è a lui che si riferisce quando parla di una macchina amministrativa «che va rimessa in moto» e che in questi ultimi anni «si è troppo cullata». È sfida aperta ai mandarini, insomma. «Si possono fare delle innovazioni, non dobbiamo averne paura», è il leit motiv del presidente. Le innovazioni sono anche il rapporto con il sindacato. E nel suo allargare i confini della giunta e del Pd, Oliverio sta conquistando un altro territorio, un altro mondo. Quello del Terzo settore.
Ma ciò che interessa maggioramente in questa fase ai 19 consiglieri della maggioranza è un’anticipazione sui nomi dei futuri assessori. Da Oliverio non avranno nessuna soddisfazione su questo versante. L’unico passaggio, che arriva quando sul tavolo fanno capolino ricciole e insalate miste, è il seguente: «Deciderò in totale autonomia». Ergo: il governatore prova a tirarsi fuori dalla logica di correnti e veti incrociati che tanto danno hanno prodotto in passato al centrosinistra calabrese.
Quando la mezzanotte è passata da qualche minuto, e il panettone (artigianale) è già stato servito, sono i reggini i primi a prendere la via del ritorno. Francesco D’Agostino saluta tutti, Vincenzo Pasqua riparte per Vibo. Mimmo Bevacqua si allontana parlando al telefono. C’è sintonia tra gli ex colleghi di giunta (alla Provincia di Cosenza) Giuseppe Giudiceandrea e Giuseppe Aieta che fumano all’esterno dispensando sorrisi. Mauro D’Acri e Orlandino Greco chiedono udienza supplementare al governatore. Lui ascolta con pazienza ma non si sbottona.
Poi, quando ormai ad attorniarlo ci sono solo i fedelissimi, si lascia andare: «È andata bene, spero che il segnale che ho voluto lanciare sia stato recepito. Anche perché io sono convinto che se non prendo in mano le redini di questa maggioranza sarà dura poi governare per cinque anni». La dead line per la modifica dello Statuto regionale (con l’eliminazione della figura del consigliere “supplente” e l’introduzione dell’incompatibilità tra le figure di assessore e consigliere regionale) è fissata per la prima decade di gennaio. Prima, però, c’è da affrontare la battaglia sulla nomina a commissario della sanità calabrese. Oliverio attende buone notizie da Palazzo Chigi e non teme imboscate ordite dal Nuovo centrodestra. Che tuttavia ancora non ha completamente perso la speranza di poter conquistare qualcosa in Calabria.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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