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Al Politeama l'intramontabile commedia "Non è vero, ma ci credo"

CATANZARO È con  l’ intramontabile commedia degli equivoci “Non è vero ma ci credo”, scritta da Peppino De Filippo, ispirandosi a Molière che il 9 e 10 gennaio il Politeama torna la grande…

Pubblicato il: 06/01/2015 – 15:11
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Al Politeama l'intramontabile commedia "Non è vero, ma ci credo"

CATANZARO È con  l’ intramontabile commedia degli equivoci “Non è vero ma ci credo”, scritta da Peppino De Filippo, ispirandosi a Molière che il 9 e 10 gennaio il Politeama torna la grande prosa. Al centro della vicenda, il commendatore Gervasio Savastano, tormentato dalla superstizione, che addossa la responsabilità dei suoi cattivi affari all’influsso malefico di uno dei suoi impiegati, Belisario Malvurio, cui attribuisce un influsso malefico. Anche in famiglia ci sono problemi: sua figlia Rosina si è innamorata di un giovane impiegato che il commendatore ritiene non all’altezza del rango borghese della ragazza. All’improvviso, però, la fortuna sembra ricordarsi del commendator Savastano: nell’azienda capita un giovane, Alberto Sammaria, e, con il suo arrivo, gli affari cominciano di colpo ad andar bene. Anche Rosina sembra aver ritrovato la serenità e il giovane di cui era innamorata è diventato un lontano ricordo. Il fatto è che il novizio aziendale ha la gobba, una magnifica gobba beneaugurante, secondo l’antichissima superstizione diffusa in tutta l’area mediterranea. Tutto sembra filare liscio, ma il diavolo ci mette lo zampino: Alberto Sammaria confessa al commendatore di essersi innamorato di Rosina e, per questo motivo, si sente costretto a dare le dimissioni. A raccontarla sulla scena sarà uno straordinario Sebastiano Lo Monaco, affiancato da Lelia Mangano De Filippo, da Alfonso Liguori e da altri validi comprimari. La regia invece è affidata ad un nome storico della RAI, Michele Mirabella, che commenta: “Quanto a noi, muoviamo i pupi con amore perché vivano il loro tempo sulla scena con il compito appassionante di fare un mestiere bellissimo: il teatro. In questo spettacolo si tende a recuperarne i segreti intramontabili, dalla Commedia dell’arte all’Arte della Commedia. E poniamo la nostra scena in Italia, ovviamente, in quegli ultimi anni Cinquanta che furono la vigilia della prosperità del paese, in quegli indimenticabili anni in cui essere scanzonati non voleva per forza dire essere scostumati. La sola nostalgia potrà scaturire da questo, ma fermo resta l’intento di ridere dell’ignoranza e delle superstizioni sopportando l’urgenza della scaramanzia e ricordando il filosofo che, pazientemente sornione, avverte: “Non è vero, ma ci credo”.

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