Chizzoniti: «Nessuna svolta epocale, Magorno è solo incauto»
LAMEZIA TERME «Non accetta che alcune scelte già fatte in passato vengano indicate come una svolta decisa oggi. Parimenti, non accetto un doppiopesismo nella valutazione delle vicende giudiziari…

LAMEZIA TERME «Non accetta che alcune scelte già fatte in passato vengano indicate come una svolta decisa oggi. Parimenti, non accetto un doppiopesismo nella valutazione delle vicende giudiziarie riguardanti esponenti politici regionali». Ad affermarlo è Aurelio Chizzoniti, già consigliere regionale e assessore nella giunta regionale presieduta da Gigi Meduri.
È in questo solco che va letta la lunga nota diffusa da Chizzoniti che definisce «quanto meno incauto l’intervento ad adiuvandum del segretario regionale del Pd Ernesto Magorno che completamente sprovveduto e disinformato si allinea fideisticamente e acriticamente alle propalazioni del presidente della giunta Mario Oliverio definendo, con almeno diciotto anni di ritardo, “epocale” la decisione dello stesso di costituire la Regione Calabria parte civile in tutti i processi contro la ‘ndrangheta».
E spiega: «Se trattasi di decisione “epocale”, ne rivendico il merito posto che la primogenitura dell’esercizio dell’azione civile in sede penale risale al 1997 quando la Giunta presieduta da Pino Nisticò della quale facevo parte la deliberò con l’atto 5979 del 25/11/1997, integrato dal numero 32 del 19/11/1998 in ordine al maxiprocesso “Olimpia ter” pendente innanzi il Tribunale di Reggio Calabria. Officiando, su mia indicazione, quale difensore l’avvocato Giuseppe Morabito, segretario del Consiglio dell’ordine degli avvocati presso il Tribunale di Reggio Calabria, ma anche esponente politico di spicco del Pds ivi approdato proveniente dal Pci. E se ciò non bastasse anche la giunta presieduta da Luigi Meduri, su mia proposta e con il concorso tutt’altro che esterno di Giuseppe Bova, Nicola Adamo, Saverio De Santis, Michelangelo Tripodi et alios in data 14/05/1999 con atto n. 1515 deliberò la costituzione dell’Osservatorio Regionale per la lotta contro la mafia ed il crimine organizzato, attribuendone la responsabilità operativa alla signora Adriana Musella già all’epoca impegnata ultra vires sul terreno della legalità. Poiché, ex plurimis, anche il Presidente Agazio Loiero si costituì più volte parte civile in processi di mafia non può che sconcertare ulteriormente il tentativo di spacciarla per novità dirompente essendo la stessa ormai istituzionalizzata da tempo immemorabile in Calabria».
Altrettanto caustico, Chizzoniti nella parte che dedica al “caso De Gaetano” che rappresentano, secondo Chizzoniti, l’ennesima prova delle «nobili tradizioni doppiogiochiste dell’elitismo radical-chic che anche sui riflessi etico-politici del caso De Gaetano (per me tecnicamente innocente fino a definitiva sentenza di condanna) ha perso una buona occasione per alzare il livello di guardia nei confronti di chi “tenta di condizionare e di offendere la sicurezza e la voglia di legalità dei calabresi”. Quei calabresi che poi sono gli stessi di quelli additati al pubblico ludibrio dalla stampa nazionale».
Secondo Chizzoniti, «non va per il rispetto della verità sottaciuto che Berlusconi non ha candidato Dell’Utri, Cosentino, Scajola, mentre Scopelliti rifiutò la candidatura a un giovane cosentino per problemi che non lo riguardavano personalmente, mentre Luigi Tuccio, figlio di un ex presidente di Sezione della Suprema Corte, incalzato da implacabili giustizieri che oggi “coraggiosamente” tacciono, per via di una parasuocera fu invitato dalla politica “a sezioni unite” a dimettersi da assessore comunale; per non dire di Italo Falcomatà che nel novembre del 1993, quando si stava varando la prima giunta della storia reggina presieduta da un Sindaco comunista, non esitò a sacrificare un ormai designato assessore solo perché una galeotta comunicazione giudiziaria (allora si chiamava così) gli contestò, in limine litis, di non aver saputo fronteggiare un imponente nubifragio che si abbatté nella città di Reggio quando era assessore del sindaco Giuseppe Reale. Altri tempi, altra stagione fanciullo mio, direbbe il tenebroso Giacomo Leopardi. Ai calabresi, a mio modesto e deferente avviso, resta solo decidere se recitare il mea culpa oppure immolarsi sulla pira del sempre più deludente presidente Oliverio e di tanti altri falsi profeti che imperversano – conclude – in tutta la Calabria».