Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 22:32
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

La storia (calabrese) del nuovo capo dello Stato

REGGIO CALABRIA Sarà pure un tipo riservato e poco incline alle luci della ribalta, ma in quanto a decisionismo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha nulla da invidiare a nessuno…

Pubblicato il: 31/01/2015 – 12:19
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
La storia (calabrese) del nuovo capo dello Stato

REGGIO CALABRIA Sarà pure un tipo riservato e poco incline alle luci della ribalta, ma in quanto a decisionismo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha nulla da invidiare a nessuno. A Reggio Calabria i meno giovani ricordano bene il suo piglio. È il 1983. La Democrazia cristiana è attraversata da lotte intestine. Il sindaco Michele Musolino è durato appena tre settimane e nel partito è forte la lotta per preparare la lista in vista delle elezioni di novembre. Da una parte Ludovico Ligato, dall’altra Franco Quattrone. In mezzo una pletora di figure intermedie che fatica a trovare spazio. Ciriaco De Mita, che da qualche tempo ha assunto la guida dello Scudocrociato, non ci pensa su due volte e decide di inviare il quarantenne Mattarella in riva allo Stretto con i gradi di commissario. Sarà lui a dovere mettere ordine nella Balena bianca reggina.

Mattarella arriva a Reggio fresco di elezione alla Camera e inizia un lavoro di difficile ricucitura che porterà al recupero nel partito di personalità come Costantino Tripodi, Giuliano Quattrone e di una nutrita pattuglia dell’Azione cattolica molto vicina al futuro arcivescovo di Cosenza, Salvatore Nunnari. Le elezioni si concluderanno con il successo della Dc, che si conferma primo partito in città e sarà determinante per l’elezione a sindaco del socialista Giovanni Palamara. 

Conclusa la missione, Mattarella lascia Reggio Calabria. Ma non si tratta di un addio. Quattro anni dopo, ancora una volta, De Mita lo rispedisce in città con la qualifica di osservatore della direzione nazionale della Dc. Il partito è ancora una volta ostaggio delle correnti. Roma vuole capire cosa c’è di concreto dietro le denunce di Quattrone sul “superpartito”, una sorta di struttura parallela che attraversa orizzontalmente diversi partiti di governo e sarebbe guidata da uomini di primo piano della Dc, del Psi e del Psdi di Reggio. «Il parlamentare democristiano – scrive Panteleone Sergi nel 1987 su Repubblica – che rivendica una moralizzazione a tappeto all’interno del suo partito e nella vita politica della città e della regione, accusa il segretario provinciale della Dc, Lillo Manti, di essersi fermato dopo aver sospeso dal partito il presidente dell’Usl di Taurianova, Francesco Macrì». A posteriori, in molti concordano nel ritenere quello di Quattrone un vero e proprio j’accuse nei confronti di Ligato e Palamara. Ligato, infatti, è un deputato sulla via del successo, la cui carriera viene minacciata quando nella Dc di Reggio scoppiano violenti contrasti. È Riccardo Misasi (che assieme a Mattarella e agli altri rappresentanti della sinistra diccì, nel 1990, si dimetterà dal governo Andreotti in seguito all’approvazione in Consiglio dei ministri della legge Mammì) che fa da padrino alla nomina di Ligato alla presidenza delle Ferrovie, la più grande azienda italiana dell’epoca. Nella Dc si dice che fra il reggino e il cosentino sia stata raggiunta una intesa: al primo il potere negli affari, al secondo il controllo del partito.

Ma il “caso Reggio” è ormai deflagrato. E preoccupa non soltanto lo stato maggiore della Dc. Magistrati e commissione parlamentare Antimafia accendono i riflettori sulla denuncia di Quattrone. La città, intanto, è ostaggio di una guerra di mafia che non conosce soste. Morti ammazzati per le strade, clima di terrore diffuso. 

Mattarella annota e registra tutto con metodo quasi maniacale. La situazione è oscura, con i capi del partito che cambiano continuamente corrente, ed estremamente mobile, difficile da decifrare. I suoi report arrivano sulla scrivania di De Mita e il quadro che ne viene fuori è desolante. La Dc, a quelle latitudini, è un partito fortemente condizionato dalla criminalità organizzata. L’omicidio di Ligato, la sera del 29 agosto 1989, è il punto più drammatico di un degrado politico denunciato anche da Mattarella e (forse) non preso in grossa considerazione.

Quali mandanti dell’omicidio dell’ex presidente delle Ferrovie vengono inquisiti e poi definitivamente prosciolti gli stessi Quattrone e Palamara, e con loro Giuseppe Nicolò (ex segretario della Dc oltre che già assessore e consigliere regionale) e Piero Battaglia (ex sindaco, noto per il “rapporto alla città” che aprì la strada ai Moti di Reggio). Così, giusto per chi avesse ancora qualche dubbio sull’entità di uno scontro, che di politico aveva ben poco.

Questa è la storia (calabrese) di Mattarella. Un uomo con la schiena dritta, da qualche ora diventato il nuovo capo dello Stato.

Antonio Ricchio

a.ricchio@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x