Commissario Scura, tanti auguri!
Nella Calabria sanitaria comincia un’altra era: quella che farà riferimento a Massimo Scura, il neo commissario governativo cui va il mio più sincero augurio di buon lavoro. Una nomina sofferta e dec…

Nella Calabria sanitaria comincia un’altra era: quella che farà riferimento a Massimo Scura, il neo commissario governativo cui va il mio più sincero augurio di buon lavoro. Una nomina sofferta e decisa dal governo in contrapposizione ai tentativi di difendere l’indifendibile, quanto ad interpretazione dell’attuale disciplina che sancisce (finalmente e senza esclusioni di sorta) l’incompatibilità dei governatori a rivestire la carica di commissario ad acta. Un assunto naturale nella civiltà occidentale che rappresenta, tra l’altro, la ratio fondante della lettera dell’art. 120, comma 2, della Costituzione che sancisce, in via generale, il ricorso all’atto surrogatorio nei casi di specie, ma anche nella logica ispiratrice della clausola c.d. di supremazia, insediata (neo terzo comma) nel progetto di revisione dell’art. 117 Cost. all’esame del Parlamento, ex art. 138 della Carta.
LE ANOMALIE
Proprio perché nella aspettativa di tutti è vivere un’altra storia, quanto allo stato e alla qualità assistenziale, occorre sottolineare ciò che il neo nominato troverà nelle carte ma soprattutto sul territorio, più che mai arido di assistenza.
Le carte in Calabria sono solitamente quelle che ciascuno legge e interpreta a proprio comodo per dimostrare quasi sempre l’indimostrato (saldo), specie in relazione allo stato del risanamento del debito pregresso, intervenuto esclusivamente con ricorso a consistenti mutui trentennali resi disponibili dallo Stato, che appesantiscono ulteriormente il bilancio della Regione. Ciò in quanto, nonostante un impegno (contabile) considerevole in favore dell’advisor, il saldo debitorio delle già Asl di Locri e Palmi sembra non essere a tutt’oggi neppure quantizzato, con chiara incertezza del bilancio consolidato dell’Asp di Reggio Calabria e, dunque, di quello sanitario regionale.
Ma questa è solo una delle tante problematiche che Massimo Scura, che conosce bene il mestiere del manager, dovrà risolvere. Quanto al deficit “risolto” (dicunt), intendendo per tale l’equilibrio economico del Sistema sanitario regionale, ci sarà tanto da fare. Serve poco l’avere decantato qualità miracolistiche commissariali nel ridurre il disavanzo di funzionamento annuo dopo aver tagliato della metà il costo del personale attraverso l’ingrato blocco del turnover. Il bilancio economico va considerato con il sistema a regime, non già con i pronto soccorso e le corsie desertificate e i cittadini a secco di Lea. Basti pensare, per comprendere l’assurdo propinato in lungo e in largo, come farebbe piacere a Sergio Marchionne produrre le stesse auto con la metà degli operai sul libro paga!
Certo, ci sarà tanto ancora da tagliare tra ciò che è stato invece generosamente e colpevolmente consentito e tollerato, con conseguente spreco di danaro pubblico. Sarebbe sufficiente considerare quanto speso per anni, per esempio, con l’appalto delle pulizie e dell’inservientato nella Ao di Cosenza, a causa di un inconcepibile regime di prorogatio contrattuale durato (pare) oltre 8 anni. Quanto speso in più sarebbe bastato per riempire di diverse unità lavorative il relativo pronto soccorso piuttosto che qualche corsia, atteso che è stato sufficiente effettuare, in zona Cesarini, la rispettiva procedura di gara per conseguire risparmi di oltre un milione all’anno.
Quante di queste cose e simili sono rintracciabili nell’attuale SSR? Sono tantissimi i siti ove dovere intervenire in termini di moralizzazione della spesa, a cominciare dalla somministrazione di mano d’opera di appannaggio di sedicenti cooperative.
Di certo il neo commissario saprà impegnarsi al riguardo imponendo una sana spending review e non sottacendo la declinazione delle responsabilità relative, sino ad ora trascurate sistematicamente nonostante le evidenti notitiae damni (e spesso criminis).
DAL DIRE AL FARE
In relazione all’assistenza salutare sostanziale sarà più duro tradurre l’attuale conclamata inefficienza in assistenza normale. Troppe le risacche di protezionismo dei fannulloni e non affatto percepibile l’interessamento ai problemi dei tanti professionisti impegnati, oltre ogni misura, ad assicurare quel minimo vitale, senza il quale alcuni presidi ospedalieri – primo fra tutti quello dell’Annunziata di Cosenza – avrebbero abbassato le serrande. Una assistenza territoriale reclamata ovunque perché del tutto assente, con medici di famiglia allo sbando autarchico, perché troppo spesso non coinvolti nell’esercizio delle politiche salutari, e distretti sanitari trasformati in direzioni generali in miniatura, meglio in centri di potere bonsai, piuttosto che rappresentare la centrale del soddisfacimento del fabbisogno di salute locale. Una mission commissariale sino ad oggi trasformata in complicità con la politica vincente o dominante, in quanto tale intesa a promuovere il mantenimento dei preposti e il godimento in capo agli stessi e ai soliti noti di speciali prerogative, spesso indebite, piuttosto che realizzare il miglioramento della salute dei calabresi.
A ben vedere, sarà davvero difficile per il nuovo commissario stonacare le brutte abitudini e riconsegnare alla Calabria la buona amministrazione nonché mettere da parte chi di sanità capisce poco e mantenere chi ha dato prova da anni di una buona capacità dirigenziale. Tutti i calabresi onesti, sperano in un suo intervento in tal senso.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI
Le cose dovrebbero cambiare anche sul versante istituzionale. Non v’è dubbio che occorre rinegoziare l’accordo Stato-Regione. Un atto negoziale subito dai calabresi a causa delle solite prepotenze esercitate dalle passate Autorità governative, non ultime quelle delegate ai controlli, compartecipi del disastro organizzativo in cui si trova la sanità nostrana. In una siffatta logica dovrà prepararsi bene la macchina “politica” che, a conclusione dello stato commissariale, dovrà prendere le redini della sanità calabrese e decidere costruendo ciò che non è stato mai fatto. La Calabria della salute è infatti ancora allo stato neonatale, proprio per questo per emanciparsi ha necessità di tempo, di idee innovative, di un severo rigore amministrativo e di investimenti. Sono troppe le incongruenze e le bugie emerse dagli atti ricognitivi fatti apposta per giustificare scelte altrimenti non consentite. Tantissime le verità che verranno fuori sullo stato dell’essere salutare diverse da quelle propinate sino ad oggi.
Conseguentemente, non potrà ritenersi estraneo ad un tale progetto il nuovo Consiglio regionale nel riprogrammare l’intervento e nel legiferare in tal senso, essendo l’unico organismo non surrogato dal Governo nell’interessamento specifico (Corte costituzionale docet).
UN COMMISSARIO DI NUOVA SPECIES
In tale senso, il Commissario potrà forzare l’esercizio della propria competenza. In quanto organo sostituto della Giunta regionale potrebbe (primo caso nelle 5 regioni commissariate), a mente dello Statuto, proporre un interessante disegno di legge. Un Ddl commissariale nel quale prevedere ciò che vado dicendo da oltre dieci anni (era l’epoca in cui assessore al ramo era Gianfranco Luzzo): un Ssr esercitato da un’azienda unica. Un processo da perfezionarsi con apposito provvedimento legislativo negoziato con il governo di difficile completamento procedurale, sotto il profilo civilistico e fiscale, ma anche complicato nell’individuare le garanzie assistenziali sul territorio. Una azienda territoriale regionale che dovrebbe avere come erogatori/fornitori, nell’esercizio della più sana concorrenza amministrata, una unica rete erogativa di assistenza ospedaliera pubblica contrapposta ad una filiera privata da retribuire entrambe a produzione. Una rete della spedalità da rivedere alla luce del regolamento di “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, in pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, di cui era ignaro (nonostante licenziato in Conferenza Stato-Regioni il 4 agosto 2014)
chi ha goffamente preteso di “approvare” il piano di riqualificazione del sistema ospedaliero calabrese. Un modo per premiare l’istanza consapevole che andrà via via a formarsi da parte di quella utenza da recuperare alla mobilità passiva, generatrice del colpevole “espatrio” di finanziamento annuo di oltre 280 milioni di euro. Quella brutta bestia che vizia ulteriormente la cultura e indebolisce i bilanci, cui dovrà necessariamente porsi rimedio dimostrando di essere più capaci di ieri, anche attraverso un’intelligente revisione dell’accreditamento, che dovrà premiare esclusivamente la migliore offerta scientifica e non già i vecchi e i nuovi amici.
LA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA COME STRUMENTO VINCENTE
Un ruolo commissariale che non va disatteso è quello che riguarda il rapporto con gli operatori, i sindaci, l’associazionismo, il sistema universitario e i cittadini. Al riguardo, andrebbe istituzionalizzato l’ascolto programmatico, tanto da farlo divenire una componente essenziale per lo sviluppo delle politiche sanitarie, di competenza commissariale e del governo Oliverio, e per realizzare quella best practice illustre sconosciuta nell’ordinamento regionale calabrese.
Un ascolto che dovrà essere tecnico, collaborativo, diffuso e decentrato. Riprogrammare ciò che è stato male ideato – nel senso di non essere stato capace di assicurare salute alla collettività e condizioni ottimali di lavoro agli operatori – comporta la costituzione di un sano rapporto di corresponsabilità tra i decisori pubblici e i diretti interessati, da esercitarsi con costanza e continuità. Per pervenire al migliore risultato occorrerà fare tutto ciò che non si è fatto sino ad oggi, cominciando a decentrare la presenza istituzionale. Una ipotesi non peregrina potrebbe essere quella di prevedere uffici commissariali presso i capoluoghi di provincia frequentati direttamente dal titolare con periodicità sì da evitare quegli inutili pellegrinaggi “di massa dirigenziale” molto spesso fini a se stessi.
Una buona sanità per essere tale deve scaturire dalla massima partecipazione e condivisione possibile. Tutto il resto, i calabresi lo hanno già visto e pagato sulla loro pelle!
*docente Unical