È difficile, se non impossibile che l’ipotesi di istituire una Zona economica speciale (Zes) nell’area portuale di Gioia Tauro possa trasformarsi in realtà. Almeno così come è conosciuto finora questo strumento. Troppi e decisamente ostici gli ostacoli che si frappongono. A iniziare dai vincoli imposti da Bruxelles.
La strada finalizzata a istituire una Zes è battuta ormai da tempo da vari Stati per superare le criticità legate all’avversa congiuntura economica che si è abbattuta soprattutto sui Paesi membri dell’Unione europea. Si è infranta contro il muro della cognizione che impera nel Vecchio continente: la legge del libero mercato che si basa sulla piena concorrenza. Un dogma che impedisce qualsiasi aiuto di Stato che possa in qualche modo turbare questo equilibrio. E senza dubbio le misure previste in una Zona economica speciale ricadono tra queste: taglio parziale o totale dei tributi, azzeramento degli oneri previdenziali e poderosi incentivi agli investimenti. Se si esclude la Polonia – che dopo una lunga battaglia ha visto rinnovata solo per pochi anni ancora la possibilità di beneficiare delle Zone economiche speciali istituite prima della sua entrata nel mercato unico – questo strumento è presente solo in Paesi che si trovano fuori dai confini europei.
D’altronde la risposta dell’ex commissario europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia all’interrogazione dell’europarlamentare Alfredo Antoniozzi in questa materia è illuminante. In breve Almunia ha sostenuto che zone che prevedono «la concessione di incentivi fiscali o di altri vantaggi che costituiscono aiuti di Stato può essere autorizzata dalla Commissione solamente se contribuisce agli obiettivi di interesse comune e non falsa indebitamente la concorrenza e il commercio». C’è di più. Lo stesso commissario ha sottolineato come «tali privilegi possono avere effetti distorsivi sostanziali sia sugli altri Stati membri, sia sulle zone confinanti dello stesso Paese». Se non è una bocciatura a ipotesi come quelle proposte per Gioia, poco ci manca. A dimostrazione che in Europa le norme che possano agevolare un determinato Stato a svantaggio di altri piacciano poco.
Finanche Angela Merkel, la potente cancelliera della Germania, non l’ha spuntata nella sua proposta di istituire una Zes in Grecia per sopperire alle criticità del sistema economico ellenico. Nella strategia della “fedmarescialla” l’introduzione di un’area libera da tasse, balzelli oltre a lacci e lacciuoli amministrativi potrebbe permettere di far riprendere fiato a un’economia di fatto già in default. E consentire di non perdere le ingenti risorse tedesche già iniettate – attraverso pesanti prestiti ad Atene – nelle casse elleniche scongiurando anche i minacciosi proclami lanciati dal governo di Tsipras di non pagare i debiti pregressi.
Senza contare che anche il Portogallo aveva avanzato una sua proposta per ottenere il nulla osta dalla Ue e superare così i propri affanni economici. Rimanendo anch’essa lettera morta.
E perché mai dovrebbe essere consentito il varo della Zes di Gioia a fronte di queste forti pressioni esercitate da altri Paesi membri. A cui si sommano i veti interni provenienti da altri territori italiani – Cagliari o Taranto, per esempio – che premono per vedersi riconosciuto eguale riconoscimento. Per questo la proposta avviata in Parlamento – per la verità ce ne sono due, se si considera anche quella democrat giacente alla Camera – dal consiglio regionale della passata legislatura di istituire la Zona economica speciale rischia di rimanere solo un libro dei sogni.
Così davanti al probabile muro che potrebbe erigere Bruxelles forse sarebbe più praticabile seguire altre strade per rilanciare l’area portuale di Gioia Tauro. Come ad esempio quella di potenziare il meccanismo delle Zone franche urbane: strumento già esistente, ma sprovvisto delle dotazioni economiche per farlo funzionare appieno. E utilizzare al meglio le ingenti risorse provenienti dai fondi strutturali – su tutti il Por Calabria 2014-2020 – per dotare l’area delle infrastrutture necessarie per affiancare la funzione di porto hub di transhipment a gateway.
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