L'Oro di Vibo (che non luccica)
Ci sono volute le giornate Fai di Primavera degli ultimi giorni per ricordare ai (pochi) vibonesi accorsi il fatto di avere un museo che contiene beni culturali di tutto rispetto. Che per quantità e…
Ci sono volute le giornate Fai di Primavera degli ultimi giorni per ricordare ai (pochi) vibonesi accorsi il fatto di avere un museo che contiene beni culturali di tutto rispetto. Che per quantità e qualità dei reperti e per vastità delle zone geografiche interessate – dall’antica Hipponion, da Locri Epizefiri e da Kaulon provengono gran parte dei manufatti e delle sculture contenute – non ha nulla da invidiare al museo nazionale di Reggio Calabria. All’omologo dello Stretto spetta però il merito di aver avviato un percorso virtuoso con i Bronzi di Riace, al museo archeologico di Vibo, la magra consolazione di contenere un vero e proprio unicum:quella “Laminetta orfica di Hipponion” sconosciuta praticamente a tutti, ma non perché non sia degna d’attenzione. Anzi. Solo qualche sparuto contributo di settore è riuscito a “lucidarla” appena, ma per il resto rimane in quel di Vibo, invisibile e isolata.
Non bastano certo tre giorni all’anno per ridare splendore alla foglia d’oro incisa in caratteri cuneiformi del V-IV secolo a.C, che nel 1969 è stata rinvenuta sullo sterno di uno scheletro femminile. Prima laminetta in assoluto a essere stata trovata, la studiosa Eleonora Zeper la considera l’esemplare più significativo, e tra i meglio conservati. Un’importanza accordata senza difficoltà dagli esperti del settore, ma negata da soprindentenza, enti e, soprattutto, cittadini. Per la Laminetta non si organizza mai nulla: non una visita guidata e non un’esposizione tematica. Nonostante a gareggiare in questa singolare competizione priva di spettatori siano solo in tre al mondo: l’esemplare di Vibo, la lamina di Petelia conservata nella degna cornice del British museum di Londra e la lamina greca di Farsalo.
I visi delle guide delle giornate Fai (studenti e studentesse che si sono preparati in anticipo su vari argomenti) sembrano però lasciare spazio a una speranza: a loro della Laminetta e di quanto c’è intorno – anche se sono stati chiamati a interessarsene con un fine ben preciso – è sembrato che gliene importasse davvero. Molto più svegli e, soprattutto, lungimiranti della media, a loro l’unicità di quel “lasciapassare” verso il mondo dei defunti è sembrata scontata. Peccato che ad ascoltarli, oltre ai numerosi compagni di scuola, a schiere di protezione civile e ad autorità, fossero davvero in pochi. I tempi per capire cosa si ha in casa, come valorizzarlo e, soprattutto, come farlo fruttare, di sicuro non sono ancora maturi.