Il Tar stoppa la demolizione dell’E Hotel
REGGIO CALABRIA La struttura c’è, è abusiva, ma il Comune non sa spiegare perché deve essere demolita, dunque per adesso rimane dov’è. È questo, in sintesi, il significato della sentenza con cui il T…

REGGIO CALABRIA La struttura c’è, è abusiva, ma il Comune non sa spiegare perché deve essere demolita, dunque per adesso rimane dov’è. È questo, in sintesi, il significato della sentenza con cui il Tar di Reggio Calabria ha sospeso l’ordinanza con la quale il Comune ha ordinato la distruzione degli immobili abusivi dell’E Hotel, rinviando tutto al 28 ottobre prossimi, per una discussione nel merito della questione. Eppure, che gran parte della nota struttura alberghiera non sia a norma, lo si sa dal 29 ottobre del 2013, quando per ordine della Procura gli uomini del comando provinciale della guardia di Finanza hanno messo i sigilli a gran parte della struttura. Stando a quanto accertato, la struttura di proprietà dell’ingegnere Ignazio Battaglia e della moglie Adriana Carmela Varone, sarebbe «integralmente e radicalmente abusiva realizzata non solo in violazione di qualsiasi norma dettata dall’ordinamento in materia edilizia ed urbanistica, ma anche sottolineava il gip – in sostanziale difformità del permesso di costruire, anch’esso illegittimo». In più, il noto albergo sarebbe stato costruito occupando «arbitrariamente il demanio marittimo, fluviale, stradale-comunale e ferroviario impedendone altresì l’uso pubblico».
Proprio per questo, qualche mese fa, con l’ordinanza del 10 ottobre 2014, il Comune – all’epoca retto dai commissari prefettizi già con la valigia in mano – ha annullato il permesso a costruire del luglio 2004, finito nel mirino della Procura, e contestualmente emanato un «ordine di demolizione del complesso edilizio in cemento armato destinato a struttura alberghiera». Un provvedimento contro cui i proprietari dell’E Hotel hanno immediatamente fatto ricorso, accompagnato da una richiesta di sospensiva che è stata accolta dai giudici amministrativi. «L’amministrazione resistente – scrivono i togati – ha posto a base del provvedimento gravato circostanze di fatto recepite sic et simpliciter dalla relazione tecnica depositata in un giudizio penale che, oltre ad avere ad oggetto condotte relative solo ai beni pertinenziali della struttura alberghiera, allo stato non è pervenuto ad alcuna denuncia di accertamento». Traduzione, Palazzo San Giorgio non ha spiegato quale sia l’interesse pubblico nella demolizione della struttura, tanto meno perché il Comune pretenda che venga rasa al suolo, ma si è limitato ad allegare una relazione tecnica che oggi è parte di un processo ancora in trattazione. Per di più – sottolineano i giudici – al centro di quel procedimento non c’è il corpo centrale dell’hotel, ma le altre strutture ad esso collegate.
Una situazione «meritevole di adeguato approfondimento istruttorio in sede di merito», stabiliscono dunque i giudici, sottolineando inoltre che «in assenza di sospensione l’esecuzione del provvedimento gravato determinerebbe la demolizione del complesso alberghiero e la cessazione dell’attività ivi esercitata».
Per questo non solo il Tar ha sospeso l’ordinanza ma ha anche condannato il Comune al pagamento di 500 euro per le spese. Un responso che non è piaciuto per niente a Palazzo San Giorgio, dove a finire nella bufera è stato il dirigente incaricato di trattare la questione. All’epoca, a dirigere il settore competente – dicono fonti vicine all’amministrazione comunale – era Carmelo Nucera, che tuttavia – stando a quanto messo nero su bianco dai giudici del Tar – non si sarebbe applicato poi molto a motivare la decisione del Comune. E questo all’attuale amministrazione non è piaciuto per niente. Non a caso – dicono i bene informati – proprio Nucera sarebbe uno dei dirigenti chiamati a cambiare incarico nel nuovo piano di riorganizzazione di uffici e settori voluto dal sindaco Giuseppe Falcomatà.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it