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Nella città di Telesio c'è ancora (troppa) omertà

Opporsi al racket è facile a parole. Ma non nei fatti. Le denunce di richieste estorsive sono ancora troppo poche nella provincia di Cosenza. Gli inquirenti non fanno altro che lamentare la scarsa co…

Pubblicato il: 17/04/2015 – 16:48
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Opporsi al racket è facile a parole. Ma non nei fatti. Le denunce di richieste estorsive sono ancora troppo poche nella provincia di Cosenza. Gli inquirenti non fanno altro che lamentare la scarsa collaborazione dei cittadini. È successo anche nei giorni scorsi quando gli agenti della squadra mobile hanno arrestato in flagranza di reato un incensurato e hanno filmato la riscossione del “pizzo”. L’uomo era solito ogni mese “fare visita” a un negozio del centro cittadino. Grazie a un’intensa attività investigativa – fatta di appostamenti, intercettazioni ambientali e riprese video – è stato possibile cogliere l’estorsore con le mani nel sacco. Infatti – ha precisato il questore, Luigi Liguori, in conferenza stampa – la collaborazione della vittima è stata quasi zero. «Il titolare dell’esercizio commerciale – ha aggiunto il questore con una nota di amarezza – ha confermato soltanto quando abbiamo mostrato i nostri filmati. Le persone continuano a non denunciare e a non collaborare. Se ci fosse una fattiva collaborazione non ci sarebbe bisogno dei nostri pedinamenti e delle immagini». Un grido d’allarme che anche il procuratore capo di Cosenza, Dario Granieri, lancia spesso: «Qui le denunce sono ancora poche». Gli imprenditori hanno paura: temono per la loro vita, per quella dei familiari, e per la loro attività. Opporsi e resistere non è facile. È possibile provarci se si è insieme. Infatti, qualche timido segnale si era avuto in passato e si sperava in una presa di posizione più netta. In particolare, quando lo scorso mese di ottobre – dopo diversi annunci – ha visto finalmente la luce a Cosenza la prima associazione antiracket, guidata da Alessio Cassano (imprenditore vittima del “pizzo”) e promossa dalla Federazione nazionale antiracket (Fai). E, nonostante ciò, come dimostrano i dati emersi da attività investigative, si fa poco ricorso alla denuncia. Perché è molto difficile dire di no e altrettanto doloroso sottomettersi al giogo mafioso. Serve quel «colpo di reni» di cui ha parlato il nuovo procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini, nel giorno del suo insediamento nella città di Telesio. Il magistrato antimafia conosce la realtà cosentina anche grazie alla sua esperienza nella Procura generale di Catanzaro, e ancor prima di iniziare il suo lavoro sa quale è il contesto nel quale dovrà operare: «C’è una criminalità seria, sia quella organizzata sia la microcriminalità, che è piuttosto importante». E sa che cosa serve anche alla lotta alla mafia: «Manca tanto e troppo. Mancano forze di polizia qualificate e pronte per affrontare questo fenomeno. Ma manca pure la fiducia della popolazione. Questa battaglia si può condurre se la società civile fa la sua parte». Affinché quei segnali da timidi diventano più forti.

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