Sequestrate due società riconducibili ai coniugi Matacena
REGGIO CALABRIA Non più tardi di qualche settimana fa, quando per ordine del pm Giuseppe Lombardo, gli uomini della Dia avevano passato a pettine fitto gli uffici degli avvocati Ettore Tarsitan…

REGGIO CALABRIA Non più tardi di qualche settimana fa, quando per ordine del pm Giuseppe Lombardo, gli uomini della Dia avevano passato a pettine fitto gli uffici degli avvocati Ettore Tarsitani e Antonio Rijli e di Giuseppe Pratticò, tutti a vario titolo amministratori della Cogem, la richiesta avanzata dagli investigatori era divenuta nota: sequestrate le quote riconducibili ai coniugi Matacena della A&A e della Cogem. Oggi, la Dia è stata accontentata. Il Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo delle società Cogem e A&A riconducibili «attraverso la schermatura della fiduciaria Sirefid spa e della società anonima lussemburghese Seahorse spa» a Chiara Rizzo e Amedeo Matacena, oggi latitante a Dubai. Due realtà societarie formalmente diverse ma intimamente legate se è vero che proprio la A&A immobiliare srl, dal 29 dicembre 2000 – quando la Amadeus spa le girava tutte le quote di partecipazione detenute – detiene il 45,9 % della Cogem. E quest’ultima è una ditta estremamente importante a Reggio Calabria. Negli ultimi dieci anni è stata proprio la Cogem a mettere le mani sugli appalti simbolo del modello Reggio, dal tapis roulant a piazza Orange, dalla palestra dei vigili del fuoco al cimitero di Cardeto, dai centoventi alloggi popolari nel quartiere di San Brunello alle piste dell’aeroporto e al lungomare. Lavori per 65 milioni di euro ha calcolato la Da, gestiti da Matacena attraverso una schermatura a più strati, che passava dal controllo di quasi della metà delle quote della Cogem tramite la A&A. A sua volta, per gli inquirenti la A&A è riconducibile per una quota pari al 90% al latitante Matacena, ma «fittiziamente intestata» a Chiara Rizzo, la cui presenza nell’assetto societario è a sua volta opportunamente schermata mediante due società estere, la lussemburghese Seahorse, prima e la portoghese Morning Breeze dopo, nonché attraverso la società fiduciaria italiana Sirefid spa. Paraventi necessari, secondo le ipotesi investigative, ad aggirare i controlli antimafia, che Matacena – all’epoca già sotto processo per concorso esterno – mai avrebbe potuto superare. Una manovra di mascheramento – cui hanno partecipato tanto Rizzo e Fiordelisi, che si è consapevolmente prestata a ricoprire il ruolo di amministratore unico della A&A, come «altri soggetti in via di identificazione incaricati di operare per conto del Matacena nella veste di intermediari qualificati, gestori, amministratori e fittizi intestatari». Ma per inquirenti e investigatori, la Cogem non sarebbe servita a Matacena solo a ramazzare appalti milionari ma anche per «per mantenere nel tempo quella continuità di rapporti di affari e di interessi nell’ambito del circuito criminale mafioso in cui lo stesso era inserito». I segugi della della Dia hanno infatti scoperto che la Cogem avrebbe rapporti stabili e strutturali con la Si.ca., sulla base di risultanze processuali riferibile a soggetti di vertice della cosca Tegano, con la Zumbo colori srl per una quota pari a oltre il 99% di proprietà dell’ex antenna dei servizi Giovanni Zumbo, condannato a sedici anni perché pizzicato a soffiare preziose informazioni ai clan e indicato da più collaboratori come uomo che sarebbe stato al servizio del clan De Stefano, con la Real Cementi srl, società che sarebbe espressione della cosca Libri e per questo confiscata in via definitiva nel 2012, con la Italsavia di Autolitano Saverio e C snc, che inchieste e processi rivelano che sarebbe di proprietà della cosca Latella, con la Edil Primavera srl e la Rossato, entrambe riconducibili alle cosche Libri e Alampi di Reggio Calabria.
Tutte società con cui la Cogem ha stipulato contratti di fornitura in relazione ai milionari appalti pubblici collezionati dalla società negli ultimi quattordici anni a Reggio. Rapporti contrattuali che per la Dda non sono coincidenze, né casualità, ma risponderebbero allo schema di spartizione degli appalti su cui le ‘ndrine reggine avrebbero forgiato le nuove regole e i nuovi assetti all’indomani della seconda guerra di ‘ndrangheta. Secondo la ricostruzione dei pm, le aziende riferibili a Matacena come la A&A o la Cogem venivano infatti utilizzate «dietro articolate ed indispensabili operazioni di interposizione fittizia in grado di superare gli sbarramenti costituiti dalle informazioni prefettizie, per schermare la vera natura delle compagini sociali, dei consorzi e delle associazioni temporanee di imprese e la destinazione delle relazioni politiche, istituzionali imprenditoriali del sistema criminale di tipo mafioso prima richiamato e dal predetto Matacena garantite a livello locale, nazionale o internazionale».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it