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«Ospedali Riuniti a rischio sicurezza»

REGGIO CALABRIA «È necessario procedere con la costruzione di un nuovo ospedale a Reggio Calabria, perché al presidio Bianchi-Melacrino-Morelli non ci sono le condizioni minime di salubrità e si…

Pubblicato il: 27/05/2015 – 11:14
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«Ospedali Riuniti a rischio sicurezza»

REGGIO CALABRIA «È necessario procedere con la costruzione di un nuovo ospedale a Reggio Calabria, perché al presidio Bianchi-Melacrino-Morelli non ci sono le condizioni minime di salubrità e sicurezza né per il personale né per i pazienti». È una denuncia forte, documentata con carte e foto alla mano che non risparmia praticamente nessuno dei reparti dei cosiddetti Ospedali Riuniti, quella fatta oggi dal sindacalista della Uil, Nuccio Azzarà. Sale operatorie trasformate in serre in cui la sterilità è una condizione impossibile, o presidiate da elettrodomestici vetusti e luridi che ne contaminano l’ambiente, impianti elettrici approssimativi, vecchi reparti trasformati in magazzini di cartelle cliniche dimenticate e potenziale fonte di incendi, cantieri aperti sotto o accanto a reparti delicati e ambienti chirurgici, vere e proprie piccionaie che ormai impediscono anche l’apertura di finestre e balconi: quello che Azzarà mostra – foto dopo foto – è un catalogo dell’orrore, del disservizio e del guasto che non risparmia nessuno.

 

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BLOCCO OPERATORIO: MILLE PROBLEMI, MA L’AZIENDA VUOLE I DANNI
Neanche quel blocco operatorio costato oltre 12 milioni e mezzo di euro e mai collaudato, in cui – lettera del responsabile testimonia – l’impianto di condizionamento non va, si opera a climi tropicali, con buona pace dei parametri nazionali di sterilità, alla faccia delle timide smentite arrivate negli ultimi giorni dalla direzione generale. Una situazione ancor più paradossale – sottolinea Azzarà – se è vero che la stessa azienda, che non ha fatto i collaudi e si è dileguata nonostante sia tenuta da contratto a fare la manutenzione dell’esistente, ha presentato riserve per nove milioni di euro. Per i non addetti ai lavori, significa che la nuova Busi – diventata tale in corso d’opera dopo l’affitto del ramo d’azienda all’Astaldi – ha chiesto all’ospedale di essere “risarcita” di 9milioni di euro, perché lo stesso nosocomio non avrebbe messo la ditta in condizioni di lavorare. “Solo per una gru rimasta inoperosa hanno chiesto 1,9 milioni di euro. Dov’è il responsabile unico del procedimento, che per mansioni e incarico si dovrebbe occupare di queste cose? Com’è possibile che non sia stato fatto un collaudo nei tempi dovuti?” tuona Azzarà. «L’Ufficio tecnico non è in grado di assolvere alle funzioni cui è preposto. In servizio ci sono due persone, di cui uno è un architetto in precario stato di salute, l’altro è un ingegnere precario per contratto. Ed è proprio lui – credo – ad essersi occupato dell’appalto del blocco operatorio».

 

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IL FALLIMENTO ANNUNCIATO DEGLI ALTRI CANTIERI
Nel frattempo, dalla direzione dell’ospedale – recentemente rinnovata – tutto tace. Ci si limita, spiega il sindacalista, a derubricare a falsità le denunce che vengono fatte. “Perché vanno in affanno loro se le responsabilità sono del passato? C’è forse continuità con la vecchia gestione?”. Di certo, c’è continuità nei problemi. Se l’appalto per il blocco operatorio si è rivelato un disastro che nessuno è ancora in grado di declinare al passato, non migliore sembra essere la situazione in Pronto soccorso, dove i lavori – dice il cartello di cantiere – dovrebbero concludersi il prossimo luglio, ma è ancora una terremotata “palafitta”. Eppure «l’ospedale paga due milioni di euro l’anno per ottimizzazione e adeguamento dei progetti», fa notare Azzarà. Estremamente pericolose in caso di terremoti o altri disastri naturali, sono anche i plessi che ospitano i reparti e le facciate, che cornicione dopo cornicione vengono giù, esponendo agli agenti atmosferici lo scheletro dei pilastri, la vecchia cappella è un rudere «ma si è preferito costruire un’ulteriore cappella all’interno di uno degli edifici dedicati alle divisioni. Eppure l’adeguamento sismico delle strutture è stato più volte appaltato, salvo poi essere stralciato in sede di perizia di variante».

 

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REPARTI PRECARI FRA IMPIANTI VETUSTI E IGIENE CHE NON C’È 

Non migliori sono le condizioni dei reparti esistenti. «La sala operatoria di Oculistica va urgentemente chiusa», dice Azzarà. Non solo si tratta di un cubo senza vie di fuga presidiato da un anziano quadro elettrico all’ingresso, ma impianti e scarichi sono precari, vetusti o inesistenti – come la pompa di smaltimento dei gas anestetici che altro non è che un tubo da giardino – i materiali utilizzati all’interno sono vetusti e l’igiene impossibile da assicurare. Anche perché – sottolinea Azzarà – l’ingresso è esattamente in prossimità del cantiere del pronto soccorso.

 

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LA DISORGANIZZAZIONE DEL PERSONALE
Ma anche l’organizzazione interna e la gestione del personale dei reparti lascia molto a desiderare secondo il sindacalista. Gastroenterologia rimane senza primario, nonostante l’avviso per l’articolo 18 sia stato emesso e la graduatoria stilata, ma nessun incarico è stato formalizzato. «Nel frattempo – spiega Azzarà – il reparto va allo sbando: su cinque medici solo tre sono a tempo pieno mentre due hanno impedimenti, tanto che qualche tempo fa ci si è visti costretti a fermare le visite esterne. Ma in ospedale mancano mezzi, mancano uomini e mancano spazi adeguati. Il personale infermieristico – elenca Azzarà – è costretto a turni massacranti, non può prendere ferie ed è chiamato a svolgere compiti che non sono di stretta competenza, come quando è chiamato a sostituirsi agli Oss. Ma la direzione generale allo stato ha solo aperto posizioni per medici e dirigenti medici in Cardiologia, Terapia Intensiva, Neonatologia, Neuroradiologia e Urologia. In pneumologia, la mancanza di stanze adeguate per il trattamento dei pazienti tubercolotici e il loro ricovero insieme ad altri pazienti, come la mancanza di isolamento ha esposto un medico e un infermiere al contagio. In più – afferma Azzarà – “non ho difficoltà a dire che in ospedale esistono medici e infermieri che devono essere valutati dal punto di vista psicofisico perché potrebbero essere pericolosi per i pazienti. Qui non si tratta di fare bulloni, abbiamo a che fare con la vita delle persone».

 

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«IN OSPEDALE CI SONO ‘NDRANGHETA E MASSONERIA» 
Ma l’amministrazione dell’ospedale tace. Al massimo – riferisce il sindacalista – lontano dai riflettori si lamenta che tutto questo potrebbe portare alla chiusura dell’ospedale. In camera caritatis, qualcuno suggerisce ad Azzarà – denuncia – che continuando così l’unica cosa che gli potrebbe ottenere è quella di vedersi bruciare la macchina. «Ma io non ho paura a dire che in ospedale ci sono ‘ndrangheta e massoneria». Ma continua a dirlo da solo. Nessuno del management dell’ospedale ha assistito alla pubblica denuncia del sindacalista, né lo ha appoggiato, né ha risposto alle sue domande. Forse, lo faranno alla procura della Repubblica, alla Corte dei Conti o alla Guardia di Finanza che come sindacato hanno intenzione di interessare delle questioni.  

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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