Per l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, saranno anche «tutte balle» le indicazioni degli inquirenti sul presunto contributo dato dagli uomini dei clan alla sua candidatura alle ultime Europee del 2013, eppure dalle carte dell’inchiesta emergono ulteriori elementi che confermerebbero l’ipotesi accusatoria. Qualcuno tanto vicino ad Alemanno da gestire la sua casella di posta istituzionale, infatti, ha inviato a Giovanni Campennì, imprenditore calabrese considerato diretta espressione del clan Mancuso, tutto il necessario materiale elettorale. Un particolare che emerge dall’ordinanza con cui il gip di Roma non solo ha mandato in carcere altre 44 persone legate più o meno strettamente al presunto sistema corruttivo gestito da Mafia capitale, l’organizzazione mafiosa cresciuta attorno all’ex Nar Massimo Carminati, ma ha anche ricostruito i rapporti di Alemanno con gli uomini che sarebbero espressione di quel sistema.
È il 2014, le Europee sono alle porte, l’ex sindaco di Roma ha lasciato il Pdl e alle elezioni tenta la fortuna con Fratelli d’Italia. Chiede aiuto a Buzzi che, pronto, mette a disposizione – emerge dalle conversazioni intercettate – «amici del sud, che stanno al sud, ti possono dare una mano con parecchi voti». C’è un problema di comunicazione però. Al comitato elettorale di Alemanno arriva la lista di tutti i lavoratori della cooperativa, molti dei quali rispondono indignati alle offerte di materiale elettorale dello staff del sindaco di Roma. Buzzi lo viene a sapere e si imbestialisce con il suo braccio destro Carlo Guarany, che doveva gestire la cosa, perché «.. io dico i cosi .. i mafiosi .. dategli i mafiosi che quelli controllano i voti … te lo votano no?». E «i mafiosi» sono – chiarisce Buzzi – «Vito, Giovanni, Rocco, la mafia gli avevo detto “Chiamate questi”». Si tratterebbe di Rocco Rotolo, nipote del boss Peppe Piromalli e cognato di quel Santo La Rosa che i pm ritengono Mastro di giornata del medesimo clan, Vito Marchetto, che su Roma gli fa da braccio destro, e Giovanni Campennì, nipote del boss ergastolano Peppe Mancuso (“Mbrogghjia”) e già noto alle forze dell’ordine, con un fratello (Francesco “Ciccillo”) che fu arrestato nell’ambito dell’operazione antidroga “Decollo” e un altro, Cosimo, che per la Dda di Catanzaro avrebbe avuto un ruolo in una presunta commistione di interessi tra alcune società del gruppo Rtl e «attività gestite da personaggi ritenuti vicini ai Mancuso». Personaggi di “livello” a cui il materiale elettorale arriva. Proprio Campennì, si legge nelle carte, il 23 maggio 2014, alle ore 10.43 viene contattato da una donna che afferma di chiamare per conto della segreteria di Giovanni Alemanno, cui la “Cooperativa 29 Giugno” di Salvatore Buzzi avrebbe comunicato il suo recapito telefonico per concordare le modalità di invio del materiale elettorale. «Campennì confermava l’interesse a ricevere il materiale elettorale attraverso tale canale e comunicava il proprio indirizzo di posta elettronica» riporta il gip, che sottolinea che meno di dieci minuti dopo, «alle successive ore 10.54, al citato indirizzo di posta elettronica perveniva un’email da alemanno.gianni@gmail.com, contenente la data delle elezioni europee, le modalità di compilazione della scheda, nonché il fac-simile della scheda elettorale precompilata». Per gli inquirenti è una prova dei rapporti fra lo staff elettorale dell’ex sindaco di Roma e l’uomo dei Mancuso nella capitale, che accettando quel materiale avrebbe certificato l’impegno del clan nelle consultazioni.
a. c.
x
x