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Funerali all'alba per "Toro seduto"

CATANZARO Si sono svolti all’alba i funerali di  Domenico Bevilacqua, 54 anni, conosciuto con l’appellativo di “Toro seduto”, capo della comunità rom del capoluogo calabrese, ucciso giovedì ma…

Pubblicato il: 07/06/2015 – 6:00
Funerali all'alba per "Toro seduto"

CATANZARO Si sono svolti all’alba i funerali di  Domenico Bevilacqua, 54 anni, conosciuto con l’appellativo di “Toro seduto”, capo della comunità rom del capoluogo calabrese, ucciso giovedì mattina nel quartiere Aranceto di Catanzaro, non lontano dalla sua abitazione. Nel cimitero di Catanzaro Lido ad accompagnare nell’ultimo viaggio “Toro seduto” solo i suoi strettissimi familiari così come stabilito fin da ieri dal questore Giuseppe Racca. Il corpo di quello che è stato considerato per anni il leader indiscusso degli zingari del Capoluogo è stato restituito alla famiglia nella tarda serata al termine dell’autopsia in cui si è stabilito che ad uccidere Bevilacqua sono stati due colpi sparati da una pistola. L’autopsia, disposta dalla Procura e condotta da un’equipe di specialisti guidata da Giulio Di Mizio, è stata effettuata ieri nella tarda mattina. Sette in totale i colpi, esplosi da una pistola calibro 9, che hanno raggiunto la vittima dalla vita in su. L’esame autoptico ha escluso che Bevilacqua sia stato ferito da un’arma da taglio, ipotesi che era circolata nell’immediatezza del fatto. Intanto le indagini, coordinate dalla Dda e condotte dalla squadra mobile, proseguono per dare un’identità ai due uomini che giovedì mattina, in sella a uno scooter, hanno compiuto l’agguato.

Com’è noto il nome di “Toro seduto” negli ultimi anni è finito nelle più importanti inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Bevilacqua fu vittima nel 2005 di un terribile agguato tesogli in pieno giorno nel quartiere Lido, che avrebbe avuto il movente, secondo le risultanze investigative dell’epoca, nella volontà di espandere il suo potere oltre i confini che i boss della ‘ndrangheta del Crotonese avevano delineato. Per queste ragioni il rebus che gli inquirenti stanno tentando di risolvere è se alla base dell’omicidio, come allora, possano esserci elementi “esterni” al territorio del capoluogo o se il delitto possa essere riconducibile a una guerra interna al clan rom per la conquista del ruolo di vertice.

A complicare ulteriormente il quadro, in un macabro incrocio di destini, la morte (per cause naturali) del presunto boss dei “Gaglianesi”, il 62enne Anselmo Di Bona, soprannominato “Cavallo pazzo”. Di Bona era considerato il reggente della locale di ‘ndrangheta, affiliata alla cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto, che però era stata fortemente ridimensionata da inchieste e arresti.

Di Bona era stato anche condannato in primo grado a 8 anni e 4 mesi, nel 2008, per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’inchiesta denominata “Revenge”. A distanza di sette anni da quella condanna, però, tra rinvii e vizi di forma, era ancora in attesa del processo d’appello.

Ora resta da capire quanti e quali mutamenti nella geografia della criminalità organizzata catanzarese produrrà la morte dei due boss, ma gli inquirenti lavorano notte e giorno soprattutto per evitare nuove guerre per la successione e la conquista del territorio.

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