LAMEZIA TERME Il buco nero Calabria etica continua a inghiottire, il suo vortice a risucchiare uomini e soldi. Prima i lavoratori, ora i fondi destinati al mantenimento occupazionale. Circa 20 milioni di euro che rischiano di dissolversi nei meandri della burocrazia regionale. E dire che il bando per l’accesso al “fondo rotativo per il mantenimento dell’occupazione in Calabria” era quasi avveniristico.
IL BANDO L’avviso pubblico, comparso sul Bollettino ufficiale della Regione il 31 luglio 2014, prevedeva l’erogazione di un finanziamento per le micro, piccole e medie imprese, per i lavoratori autonomi, le società partecipate dagli enti locali e degli organismi in house. Obiettivo: garantire l’occupazione e la “forza lavoro” delle aziende calabresi. Il tutto con un iniziale impegno di spesa di 8,3 milioni, con gli altri 11,7 che sarebbero stati assicurati dal Fondo di garanzia.
Una sorta di “prestito” altamente agevolato che avrebbe consentito alle aziende di mantenere invariati gli organici e di avere un sostegno economico per affrontare la crisi. In più, le società beneficiarie si sarebbero impegnate a mantenere, per i prossimi tre anni, circa 3.500 unità lavorative. Ma ora tutto il piano è in forse: la Regione ha preso carta e penna e ha annullato tutto.
“L’AFFIDAMENTO” Per capire cosa sia successo dobbiamo iniziare dalla fine. L’8 maggio scorso il direttore generale del dipartimento Lavoro, Antonio De Marco, annulla in autotutela tutti i provvedimenti amministrativi «afferenti i rapporti con Fondazione Calabria Etica» e successivi all’approvazione dell’avviso pubblico per il mantenimento occupazionale. È l’atto che, probabilmente, segna il naufragare di tutto il progetto.
Anche se i prodromi dell’inghippo sorgono prima, precisamente il 5 agosto 2014, quando la Regione chiede alla Fondazione Calabria Etica – che, da Statuto, si occupa di politiche sociali – di formulare una proposta per l’affidamento del servizio per l’accesso al fondo rotativo. L’ente in house, all’epoca guidato da Pasqualino Ruberto, presenta la sua proposta. La nave va, o sembra andare.
IL DECRETO Infatti, il 14 ottobre successivo, arriva il decreto dirigenziale con cui si propone l’affidamento a Fondazione Calabria Etica. Solo che poi, per ben due volte, dalla Segreteria generale della giunta regionale arriva un secco no: nella mission di Calabria etica – questa la motivazione – «non è ricompresa l’attività oggetto dell’affidamento». Assegnare la gestione del bando alla Fondazione di Ruberto, in pratica, secondo i piani alti della Regione avrebbe potuto creare «problemi di mera legittimità».
La storia poteva finire qui. E invece no. Perché scatta il cortocircuito: i plichi con le domande di finanziamento, regolarmente protocollati, vengono trasferiti comunque negli uffici di Calabria Etica. Il 17 dicembre la Segreteria della giunta ne chiede la restituzione, ma ormai il dado è tratto: i collaboratori della Fondazione hanno già cominciato a lavorare al dossier. E lo faranno per molto tempo, fino alla decisione di De Marco di annullare tutto.
STOP AI FINANZIAMENTI Tacito assenso? Storture della burocrazia regionale? Mossa “opportuna” dopo lo scoppio dello scandalo assunzioni? Una risposta certa non c’è. Esiste invece una verità certificabile: la Fondazione ha lavorato per mesi al progetto e ha prodotto dei risultati concreti. Quattro i co.co.pro. impegnati a tempo pieno sul bando, affiancati da un Comitato di gestione (composto da Antonello Cusimano, Sergio Tomaino, Antonio Fuscà, Gregorio Pugliese e Flavio Godino) scelto direttamente dalla Fondazione. Più di 600 le pratiche pervenute, 242 quelle ritenute inammissibili, 363 quelle che hanno ottenuto il via libera al finanziamento. Tra queste ci sono circa 200 microimprese, per un importo di 11,5 milioni; 88 piccole aziende, per una somma che si avvicina ai 18 milioni; 22 medie imprese, per una cifra che sfiora i 10 milioni. In totale, per le pmi calabresi sono stati “autorizzati” finanziamenti pari a 38 milioni. Non se ne farà niente. Almeno per il momento e salvo diverse disposizioni.
LE MOTIVAZIONI De Marco, nel provvedimento dell’8 maggio, mette in fila le motivazioni dell’annullamento: «Il dipartimento non ha approvato il prescritto decreto dirigenziale di finanziamento, né sottoscritto alcuna convenzione con la Fondazione Calabria Etica, né tantomeno assunto alcun impegno di spesa a favore della stessa, né nominato il previsto Comitato di gestione»; «in carenza di atto amministrativo di approvazione del progetto e relativo finanziamento, il progetto medesimo risulta privo di presupposto contrattuale e convenzionale nei rapporti tra la Regione Calabria e la Fondazione»; «nessuna spesa può essere riconosciuta dalla Regione Calabria sul progetto in questione e che gli eventuali contratti assunti dalla Fondazione per la realizzazione delle attività progettuali sono nulli per la Regione Calabria per inesistenza di titolo contrattuale o convenzionale». Capitolo chiuso.
IL CASO ETICO È, in ordine di tempo, soltanto l’ultima mazzata all’attività dell’ente in house. Che – come aveva rivelato il Corriere della Calabria – nei giorni precedenti le elezioni regionali di novembre aveva messo sotto contratto qualcosa come 250 collaboratori. Una campagna d’assunzioni sospetta, che ha spinto la Procura di Catanzaro ad aprire un fascicolo d’indagine per fare luce sulla vicenda e ha inoltre portato anche al commissariamento dell’ente in house.
A fare le spese di questa situazione sono stati soprattutto i lavoratori. Il dipartimento, infatti, ha dichiarato nulli ben quattro progetti affidati alla Fondazione e i relativi contratti “pre-elettorali”. E così 250 persone che credevano di aver trovato un lavoro (seppur a tempo determinato) sono state mandate a casa.
La voragine Calabria etica continua a inghiottire tutto. Ora è il turno delle aziende sempre più in crisi.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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