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Calcio nella bufera, le accuse a Lillo Foti

LAMEZIA TERME C’è anche l’ex contestatissimo patron della Reggina, Lillo Foti nel mirino dei pm napoletani che stanno mettendo a soqquadro il mondo del calcio italiano. Quello fatturato, più che…

Pubblicato il: 26/01/2016 – 11:00
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Calcio nella bufera, le accuse a Lillo Foti

LAMEZIA TERME C’è anche l’ex contestatissimo patron della Reggina, Lillo Foti nel mirino dei pm napoletani che stanno mettendo a soqquadro il mondo del calcio italiano. Quello fatturato, più che quello giocato, attorno a cui ruotano interessi per milioni. E sarebbero proprio le fatture – totalmente fasulle – che avrebbero permesso a presidenti e procuratori di evadere tasse per milioni di euro. Il trucchetto era semplice. Il procuratore di turno – sotto indagine sono finiti Alessandro Moggi, Marco Sommella, Vincenzo Leonardi, Riccardo Calleri, Umberto Calaiò, Adrian Leonardo Rodriguez, Fernand Osvaldo Hidalgo, Inev Alejandro Mazzoni, Edoardo Luis Rossetto – risultava legato a una società da un legale mandato, ma al contempo lavorava come agenti di un calciatore, o viceversa agiva sotto mandato di un calciatore ma veniva remunerato dai club. In altri casi, invece, gli agenti agivano sia nell’interesse dei calciatori che dei club, ricevendo compensi da entrambe le parti, mentre in altri ancora c’era un terzo soggetto che schermava la reale identità del procuratore nella transazione, di fatto presente da entrambi i lati del tavolo. Accordi sempre vantaggiosi per gli agenti di giocatori e squadre, ma che spesso finivano per beneficiare anche gli atleti.
Grazie a questo sistema infatti, molti calciatori hanno potuto nascondere al fisco il “fringe benefit” riconosciuto dalla società per la spesa relativa all’intermediazione, come molte squadre sono riuscite a dedurre spese inesistenti dall’imponibile. A rimetterci è stato solo il fisco, privato di  milioni di euro di tasse, rimaste nelle tasche e nei conti di procuratori, presidenti e giocatori. Una partita tutta contabile – e truccata – che ha visto in campo anche Reggina calcio. È successo con  il prestito dal Siena del calciatore Daniele Danti, rappresentato da Moggi, il quale avrebbe prodotto una fattura di 15mila euro più Iva legata a un inesistente contratto di mandato, grazie al quale il presidente Foti avrebbe potuto scaricare le spese e il giocatore evadere le  tasse. Cifre irrisorie rispetto a quelle che ballavano sui tavoli di contrattazione – altrettanto truccati – delle stelle del pallone, ma ugualmente penalmente rilevanti per i pm napoletani che a Foti contestano il reato di evasione fiscale e false fatturazioni. All’epoca infatti, Moggi jr assisteva ufficialmente il calciatore, ma dalla documentazione sequestrata nella sede della società – una promessa di pagamento e ricognizione di debito sottoscritta da Foti più diversi moduli federali –  risulta che il procuratore aveva svolto una consulenza per il club proprio nell’ambito della trattativa relativa all’acquisto del giocatore. Per i magistrati «è ragionevole ritenere che tale fattura sia stata emessa solo al fine di far sostenere l’onere economico al club in luogo del soggetto reale beneficiario della prestazione, il calciatore Danti». Ma per la società non si tratta certo di un danno. Poteva infatti scaricare il tutto dalle spese. Per questo motivo, il gip ha disposto l’immediato sequestro di tremila euro a carico di Foti. Una cifra irrisoria rispetto a quelle sequestrate a dirigenti  di grandi società come Galliani del Milan (240mila euro) o al procuratore Moggi (1.164.223,56) per le diverse transazioni irregolari che gli vengono contestate, ma che rischia comunque di procurare – ulteriori – guai alla squadra. Nel 2006, la Reggina ha pagato con una penalizzazione di 11 punti il coinvolgimento nella prima inchiesta Calciopoli, vicenda costata a Foti una condanna a 18 mesi in primo grado per illecito sportivo, poi prescritta nei successivi gradi di giudizio. 

LA NUOVA BUFERA È una nuova bufera quella che si sta abbattendo nel mondo del calcio. Da questa mattina è in corso un’operazione da parte della Guardia di finanza che coinvolge quasi tutti i presidenti di serie A e B, tra cui l’ad del Milan, Adriano Galliani, il patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis, il numero uno della Lazio, Claudio Lotito e Jean Claude Blanc, ex presidente della Juventus. I reati contestati sono evasione fiscale e false fatturazioni. Nell’ambito dell’inchiesta, ribattezzata “Fuorigioco”, ci sono 64 indagati tra cui massimi dirigenti, calciatori e procuratori, ed è condotta dai pm della procura di Napoli Danilo De Simone, Stefano Capuano e Vincenzo Ranieri, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli.
Ma l’elenco è ancora più lungo: tra gli indagati ci sono il patron del Genoa Enrico Preziosi e l’ex presidente della Sampdoria Edoardo Garrone, l’ex presidente del Cesena Igor Campedelli e l’ex del Brescia Luigi Corioni, l’ex del Parma Tommaso Ghirardi. Indagato anche Aldo Spinelli che proprio ieri si è dimesso da presidente del Livorno, di cui è stato il patron per 17 anni, il presidente del Palermo Massimo Zamperini Lungo anche l’elenco dei dirigenti sportivi coinvolti: da Pietro Lo Monaco a Pietro Leonardi, da Giorgio Perinetti ad Alessio Secco, da Pantaleo Corvino a Rino Foschi. Nell’elenco c’è anche il nome di Gianluca Nani: ex dirigente del Brescia, è stato per un periodo consulente di mercato del West Ham e oggi è direttore sportivo dell’ Al Jazeera.

EVASIONE FISCALE Nel mirino dei pm partenopei ci sono quote societarie e beni per circa 12 milioni di euro: praticamente gli indagati, tra il 2009 e il 2013, si sono resi in maniera sistematica protagonisti di reati tributari per evadere il fisco italiano. È stato appurato infatti, che i procuratori dei calciatori provvedevano a fatturare in maniera fittizia alle sole società calcistiche le proprie prestazioni, simulando così che l’opera di intermediazione fosse resa nell’interesse esclusivo del club, mentre di fatto venivano tutelati gli interessi dei calciatori e degli agenti. Le societa’, d’altro canto, ne approfittavano dell’indebito vantaggio di potersi completamente dedurre dal reddito imponibile queste spese, beneficiando altresi’ della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto relativa alla pseudo-prestazione ricevuta in esclusiva. Così i calciatori non dichiaravano quello che era un cosiddetto “fringe benefit” riconosciuto agli stessi dalla societa’ calcistica, a vantaggio dell’atleta, anche la spesa per l’intermediazione. In altri termini, l’importo pagato dai club costituiva un reddito da imputare effettivamente al calciatore e, di conseguenza, la societa’ calcistica ometteva il pagamento delle ritenute fiscali e previdenziali sul maggior reddito lordo ascrivibile all’atleta. Tra i calciatori coinvolti anche Lavezzi e Crespo, attualmente allenatore. L’inchiesta. che ha portato ai provvedimenti di oggi, nasce con la Guardia di Finanza che nel 2012 nelle sedi del Napoli e della Figc acquisisce i contratti di Ezequiel Lavezzi, ceduto dal Napoli al Psg, e del quasi sconosciuto attaccante argentino Cristian Chavez. Partendo da quella attività, nove mesi dopo, i finanzieri si sono presentati nelle sedi di 41 società di serie A e B per acquisire ulteriore documentazione. Gli investigatori parlarono di un “fenomeno generalizzato” nel calcio italiano, vale a dire la “progressiva ed esasperata” lievitazione degli oneri relativi agli ingaggi dei calciatori.Sono diversi i presidenti ed ex presidenti finiti nel registro degli indagati della procura di Napoli. Tra le decine di indagati nell’indagine della procura di Napoli, che ha portato al sequestro di beni per circa 12 milioni, ci sarebbero l’ad del Milan Adriano Galliani, il numero uno della società partenopea Aurelio De Laurentis, il presidente della Lazio Claudio Lotito, l’ex presidente e ad della Juventus Jean Claude Blanc. Tra i calciatori, indagati anche “il pojo” Lavezzi e l’ex Giocatore Crespo. Coinvolti, infine, diversi procuratori, tra cui Alessandro Moggi.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

 

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