Il “suicidio assistito” della Fondazione Campanella
CATANZARO Il crepuscolo della Fondazione Campanella è iniziato nel 2009, con due atti in serie. Una sequenza apparentemente illogica. Prima, con la legge numero 11 di quell’anno, il consiglio regiona…

CATANZARO Il crepuscolo della Fondazione Campanella è iniziato nel 2009, con due atti in serie. Una sequenza apparentemente illogica. Prima, con la legge numero 11 di quell’anno, il consiglio regionale ha deciso che, se entro il 31 dicembre la Fondazione non fosse diventata Ircss (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), la Regione l’avrebbe chiusa. Qualche mese dopo, nel marzo del 2010, gli uffici hanno “provvidenzialmente” trasmesso una quantità di carte insufficiente. Rivista anni dopo, e dalla prospettiva dei lavoratori, la vicenda appare piuttosto anomala: «Come se la fine della Fondazione fosse stata pianificata a tavolino cinque anni prima dello stop ufficiale». Una sorta di “suicidio assistito”.
SOLO DUE FOGLIETTI Il dato emerge da una comunicazione del ministero della Salute recapitata alla Fondazione il 14 settembre 2010. Dalla “Campanella”, il 29 luglio 2010 era partita una richiesta: negli uffici del polo oncologico volevano sapere a che punto fosse il procedimento per il riconoscimento scientifico. L’esito era tutt’altro che scontato. Alcuni osservatori hanno sempre manifestato dubbi rispetto alla possibilità che la struttura ottenesse la “palma” di Ircss. Di certo, stando alle comunicazioni ufficiali, la Regione non ha mai provato davvero a completare l’iter. Ecco quello che scrive il ministero nella replica: «Si fa presente che, in ordine al suddetto procedimento (la trasformazione in Ircss, ndr), la Regione Calabria, con nota numero 9324 del 2 aprile 2010, ha trasmesso solamente due fogli: una domanda in data 31 ottobre 2007, a firma dell’avvocato Anselmo Torchia, indirizzata al presidente pro tempore della Regione, e un foglio a firma del direttore generale, Francesco Tallarico, datato sempre 31 ottobre 2007». Due foglietti, insomma. Come se potesse bastare per un passaggio storico. Forse non sarebbe stata sufficiente neanche una dotazione documentale perfetta, figuriamoci una così scarna. Infatti, «l’esigua documentazione inoltrata a questo ministero dalla Regione Calabria non consente di attivare il procedimento per il riconoscimento specifico previsto dalla normativa vigente». Fino a quel momento, scrivono dal ministero, non era stata «fornita alcuna ulteriore documentazione attestante il possesso, da parte della Fondazione, dei requisiti» di legge, né risultava «trasmesso il parere della Regione sulla coerenza con la programmazione sanitaria regionale della richiesta di riconoscimento». Un errore da dilettanti che, combinato alla legge regionale, è una sorta di pietra tombale sulla possibilità, per la Calabria, di avere un centro d’eccellenza nella ricerca sui tumori.
L’unico organo deputato a visionare, controllare e verificare l’esistenza dei requisiti è una Commissione, nominata dal ministero della salute, che nel caso della Fondazione Campanella non è mai stata investita della domanda. Forse sarebbe andata male lo stesso. Forse i risultati prodotti non sarebbero stati sufficienti a ottenere il bollino dell’efficienza. Ma la burocrazia regionale non ci ha neanche provato, nonostante l’amministrazione sborsasse fior di milioni per mantenere in vita la “Campanella”. A più di cinque anni di distanza ci si chiede ancora perché.
I CONCORSI SALTATI E non è l’unica occasione sfumata, per gli ex dipendenti della Fondazione. Nell’era Loiero, il consiglio d’amministrazione della “Campanella” aveva preso una decisione “storica”: quella di dare il via ai concorsi per assumere il personale (che era stato selezionato per chiamata diretta). È un pezzo della storia che si perde nelle nebbie del tempo e, come al solito, in quelle della politica. La procedura, così com’era stata avviata, è stata bloccata. Niente concorsi, tutto è rimasto com’era. In attesa di un finale amaro che, per molti, è parso inevitabile.
IL DOCUMENTO CHIESTO DA OLIVERIO Unico imprevisto – almeno per la Regione Calabria – la sentenza del Tribunale di Catanzaro che la condanna a pagare 81 milioni di euro alla Fondazione. È finita così la causa mossa dal Polo oncologico relativa alla mancata o minore corresponsione da parte della Regione delle somme concordate nello stato costitutivo della Campanella. Una batosta per l’amministrazione, che stride con un passaggio del video, pubblicato ieri, nel quale Oliverio chiede ai dipendenti – nel loro incontro-scontro nel garage di Palazzo Alemanni – di mostrargli un solo documento che affermi che la Regione deve dei soldi all’ente. Il faccia a faccia precede evidentemente la sentenza (arrivata nel novembre 2015). Resta, però, il fatto che adesso quel documento c’è. Lo ha firmato un tribunale. Ma i soldi non sono ancora arrivati. (2. Fine)
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it