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COSTA PULITA | «I padroni di Briatico siamo noi»

C’è stato un momento, nella vita politica di Andrea Niglia, in cui l’attuale presidente della provincia di Vibo Valentia si è accorto che tutto è cambiato. Aveva appena terminato il suo mandato com…

Pubblicato il: 20/04/2016 – 16:46
COSTA PULITA | «I padroni di Briatico siamo noi»

C’è stato un momento, nella vita politica di Andrea Niglia, in cui l’attuale presidente della provincia di Vibo Valentia si è accorto che tutto è cambiato. Aveva appena terminato il suo mandato come sindaco di Briatico e già da tempo si preparava a tornare sulla poltrona di primo cittadino per un secondo. Ma il 15 aprile ha ricevuto una busta contenente tre proiettili e un messaggio sibillino, seguita a qualche giorno di distanza da un significativo danneggiamento della sua auto, sulle cui portiere erano state disegnate due gigantesche croci. Un messaggio inquietante, ma dal significato inequivocabile, che sorprende anche affiliati come Salvatore Prostamo, parente del boss e collaboratore esterno del Comune di Briatico.

NEMICI AMICI «Non lo so perché non ha raggiunto l’obiettivo all’ultimo, perché gli è andato contro e gli ha fatto una lista – dice al fratello del boss –. Perché guarda che fino a un mese prima si incontravano… Una sera siamo andati a mangiare io, tuo zio Pino (Bonavita, ndr) quello e quell’altro». Da fedele collaboratore del clan, Prostamo sa che in passato Niglia non si è negato quando il clan ha chiesto un favore, come quel non meglio precisato “imbroglio” – così lo definisce nelle conversazioni intercettate – con cui è stato favorito il Villaggio Green Garden, eppure il boss ha voltato le spalle all’ex sindaco. Niglia – continua a spiegare Prostamo – non ha perso contro Prestia, quello non era che un pupo. «Lo sai contro chi ha perso lui? Contro Nino Accorinti ha perso lui, che dietro non c’era nessuno, lui ha perso solo contro Nino Accorinti, e basta, contro una sola persona ha perso, una sola, che nessun altro si è impegnato». Cosa abbia infastidito il boss, tanto da convincerlo a cambiare radicalmente orientamento, non è – allo stato – dato sapere. Ma di certo – emerge dalle carte d’indagine – da allora le cose per Niglia sono cambiate.

IL FEUDO DI ACCORINTI Contro di lui, in brevissimo tempo, viene organizzata una lista guidata da Francesco Prestia, ex assessore al Bilancio di quell’amministrazione sciolta dal Viminale nel 2003 perché pesantemente condizionata dal clan Accorinti. Lo stesso che, quanto meno dall’82, quando per la prima volta il boss Nino si è accomodato in assemblea con l’incarico di consigliere comunale, ha continuato a regolare la vita politica e amministrativa di Briatico. E non solo da lontano. Per tre volte, il boss è stato portato in Consiglio a suon di voti, mentre nel 1990 entra addirittura in Giunta, quindi passa il testimone al fratello, Vincenzo Franco Accorinti, che con i suoi 637 voti nel 2002 è il consigliere di maggioranza più votato. Una dote di preferenze che gli consentirà di entrare in giunta, ma soprattutto di controllare il sindaco dell’epoca, Antonio Casuscelli Di Tocco. Gli inquirenti lo apprendono dalla viva voce di Vincenzo Accorinti, che intercettato si vanta: «Avevo il Sindaco con me..c he non faceva una cosa se non volevo io Casuscelli. Ah non lo faceva». Atteggiamento remissivo del tutto prono e deferente nei confronti del clan, a differenza di quello di Prestia, su cui il fratello Nino ha deciso di puntare per sabotare la candidatura di Niglia. «Prestia – si lamenta, ascoltato dagli investigatori – è fatto così…imprecazione.. l’ho avuto sei anni io, ogni volta lo dovevo cacciare dalla giunta, lo dovevo buttare fuori, l’ho fatto andare».

I PADRONI DI BRIATICO Quella del fratello, continua Vincenzo Accorinti, è stata una scelta sbagliata, dettata dalla rabbia e dalla fretta, ma il clan come un sol uomo si adegua. E quando Prestia vince le elezioni, capi e gregari non hanno timore a farsi vedere mentre festeggiano nelle vie del paese. «Inequivocabile – si legge nel fermo emesso dalla Dda di Catanzaro – come l’ex sindaco di Briatico Francesco Prestia, durante la campagna elettorale sia stato sostenuto fattivamente dalla cosca facente capo ad Antonino Accorinti. Tale assunto trova dimostrazione anche nei festeggiamenti per la proclamazione a Sindaco del Prestia, da parte di numerosi individui legati alla famiglia Accorinti, i quali intonarono ad alta voce, percorrendo le vie del paese, canti quali: “siamo noi….siamo noi…, i padroni di Briatico siamo noi!”». Anche le figlie del boss, Pamela e Greta Accorinti, si facevano notare dagli investigatori mentre festeggiavano fra le vie del paese gridando “abbiamo vinto, abbiamo vinto”.

LA SQUADRA DEL CLAN Un’affermazione fondata, a detta dei magistrati, convinti che il clan non abbia scelto solo il sindaco di Briatico, ma anche molti dei consiglieri comunali. È il caso dell’ex consigliere di maggioranza e presidente del consiglio comunale Carlo Staropoli e dell’assessore Gennaro Melluso. A svelare il ruolo dei clan nella loro affermazione elettorale è il geometra Salvatore Prostamo, che con la moglie ammette di essersi personalmente impegnato nella campagna elettorale che ha portato alla vittoria di Francesco Prestia. «Dato che ormai si sa a Briatico lo porto io – dice alla donna – non farlo salire, e’ vergogna no?!” Allora mi sono preoccupato di trovargliene un pò… Glieli ho presi a Gennaro, glieli ho presi… Franco me ne ha dati un pò perché altrimenti non saliva sto scemo! Eh! Sono andato da Ciccio Crudo, ma proprio per… ma il giusto e l’indispensabile per avere una sessantina di voti, mi ero reso conto io no?». Prostamo sa come far affermare il suo candidato senza scontentare nessuno degli uomini del clan. Ognuno alle elezioni ha le sue pedine, ma nella Briatico degli Accorinti c’è posto per tutti. E chi fa quello che il clan ordina, qualcosa ottiene in cambio. È il caso della famiglia Napoleone, omaggiata dal sindaco Prestia di un alloggio popolare per i voti forniti a sostegno della sua lista. Un’indicazione arrivata direttamente dal boss Accorinti, che a riprova delle promesse strappate ai Napoleone ha preteso addirittura la foto della scheda elettorale.

FALCONE E BORSELLINO? Ma Staropoli e Melluso non erano gli unici candidati spalleggiati dai clan. In “squadra” c’era anche il consigliere Sergio Bagnato, amico storico degli Accorinti, autista del figlio del boss e, secondo gli inquirenti, fra i principali punti di riferimento per l’organizzazione criminale all’interno del Comune di Briatico. E non a caso. A dimostrare come la mentalità del politico fosse perfettamente in linea con quella del clan è una conversazione intercettata dagli investigatori, che lo pizzicano al telefono con l’assessore Melluso. I due commentano alcuni dei punti all’ordine del giorno in consiglio, fra cui l’intitolazione di una piazza ai Giudici “Falcone e Borsellino” ed il conferimento della cittadinanza onoraria al sacerdote don Giuseppe Fiorillo, responsabile della sede vibonese dell’associazione antiracket Libera. Ascoltato dagli investigatori, Melluso ironizza: «Intitolazione ascolta (si fa una risata)ai Giudici Falcone e Borsellino della nuova piazza eh…ah……conferimento della Cittadinanza Onoraria al Reverendo Don Giuseppe Fiorillo responsabiledell’Associazione Antiracket (si fa una risata) Libera di Vibo Valentia, sei seduto o sei alzato?». E il consigliere Bagnato sottolinea: «Pure Don Fiorillo».

E LA REGIONE PAGA LE CROCIERE DEI CLAN Parole che per i magistrati dimostrano la totale adesione alla mentalità del clan, del resto omaggiato con provvedimenti e voti che non hanno fatto altro che rafforzarne il potere. È il caso, ad esempio, del provvedimento con cui si è scelto di destinare 200mila euro ricevuti dalla Regione al miglioramento del molo, in modo da creare un porticciolo che sarebbe utile agli Accorinti per l’attracco della motonave ETICA della società Briatico Eolie, utilizzata per le mini crociere lungo la Costa degli Dei. Quando invece non sa cosa fare, Bagnato si rivolge direttamente al boss Accorinti, che come un monarca interviene sulle questioni più diverse dalla concessione del campo di calcio, all’attracco di un chiosco bar, dalla gestione dei rifi
uti a quella degli interventi post alluvione.

L’ASSESSORE DEL BOSS Sono stati invece i rapporti di lunga data fra le due famiglie a spingere il clan a sostenere con forza il futuro assessore all’urbanistica e ai lavori pubblici, Domenico Marzano. Per i magistrati della Dda, è «una delle pedine fondamentali “poste” all’interno dell’amministrazione comunale con il compito di favorire gli interessi illeciti del clan» e totalmente in mano al boss Accorinti. Formalmente dipendente della moglie dell’assessore presso il Palazzo Marzano Hotel, in realtà – svela la il cugino Mario Salvatore Campennì, indagato nel procedimento Black Money e per questo intercettato – «è lui che la mattina dà le direttive… tutte sue creature…..mi, mi dispiace che lui figura dipendente di un mio cuginetto!..eh! Il quale lo va a prendere la mattina…lo porta nel suo albergo, e lì riceve…riceve tutti i personaggi e dà le direttive. E’… è una comica!».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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