Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 17:23
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

Condannati i broker del clan Molè

REGGIO CALABRIA Si chiude con quattro condanne il procedimento con rito abbreviato “Maestro 3”, che ha svelato l’enorme giro d’affari che permetteva ai Molè di reinvestire larga parte dei propri…

Pubblicato il: 17/05/2016 – 14:01
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Condannati i broker del clan Molè

REGGIO CALABRIA Si chiude con quattro condanne il procedimento con rito abbreviato “Maestro 3”, che ha svelato l’enorme giro d’affari che permetteva ai Molè di reinvestire larga parte dei propri profitti illeciti. Accogliendo l’impianto accusatorio del pm Roberto Di Palma, il gup Massimo Minniti ha condannato a due anni più 2.400 euro di multa, in continuazione con le condanne in precedenza rimediate, Pietro Francesco Calipa e Ernesto Madafferi, accusati di tentata estorsione e tentata violenza privata aggravate entrambe dalle modalità mafiose, mentre è di 1 anno e 40 giorni di carcere la pena decisa per Francesco Tripodi, che risponde solo di violenza privata aggravata. Medesima accusa contestata a Gesuele Zito, condannato invece a 1 anno e 4 mesi. Tutti quanti sono stati ritenuti a vario titolo responsabili delle minacce con cui l’imprenditore Cosimo Virgiglio è stato “convinto” a versare una tangente di 4 milioni per la compravendita della struttura alberghiera “Villavecchi” di Frascati, acquisita dal clan grazie ai buoni uffici del “comandante” Giorgio Hugo Balestrieri, controverso personaggio in bilico fra ‘ndrine, logge e servizi di intelligence nazionali e internazionali, arrestato in Marocco dopo una lunga latitanza ed estradato in Italia. Accusato di aver aiutato il clan Molè a reinvestire larga parte dei profitti illeciti, provenienti dal contrabbando di merci contraffatte al porto di Gioia Tauro, nella gestione di un sontuoso albergo di Monte Porzio Catone, in provincia di Frascati, per il “comandante” il processo con rito ordinario è iniziato il 25 novembre scorso di fronte ai giudici del Tribunale di Palmi.

IL RUOLO DEL COMANDANTE Insieme ai suoi soci, Angelo Boccardelli, segretario dell’ex ambasciatore di San Marino, che per questo affare ha rimediato una condanna a 7 anni di reclusione poi annullati in Cassazione e Giuseppe Fortebracci (morto prima della conclusione del processo), Balestrieri avrebbe offerto «un contributo concreto, specifico e determinante per il perseguimento delle finalità della ‘ndrina Molè – della quale pur tuttavia non facevano parte organicamente – con particolare riferimento alla acquisizione da parte della ‘ndrina medesima della struttura alberghiera Villavecchia di Frascati, nonché al controllo da parte della ‘ndrina medesima sulle attività economiche che si svolgevano nell’area portuale di Gioia Tauro, ivi comprese quelle connesse alle operazioni doganali e di trasporto delle merci oggetto di import-export soprattutto dalla Repubblica popolare di Cina». Un business che, per il pm Di Palma, Balestrieri e soci avrebbero portato avanti nonostante fossero «perfettamente consapevoli di chi è il Virgiglio e di cosa e di chi egli rappresenti». Per l’accusa, Balestrieri e soci erano infatti «soggetti cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso si era rivolta per risolvere il problema del reinvestimeno del denaro (e anche della sistemazione lavorativa della famiglia di Rocco Molè) ed essi, per quanto si coglie dalle emergenze indiziarie (delle intercettazioni in particolare), erano perfettamente consapevoli dell’apporto prestato all’associazione medesima».

 IO, AGENTE IN MISSIONE Accuse che il “comandante” negli anni ha respinto al mittente, facendo sapere da New York – tramite il suo legale – di essere un agente entrato in contatto con persone sospette solo perché impegnato in un’operazione di intelligence per conto di un organismo, mai meglio specificato. Una versione cui i pm non hanno mai creduto, ma che ha aggiunto ulteriori tasselli di ambiguità ad un personaggio dalle innumerevoli sfumature. Ufficiale della marina militare dal 1963 al 1981 – come lui stesso indica orgogliosamente nel suo profilo Linkedin – Balestrieri sarebbe uno degli affiliati alla loggia P2 di Licio Gelli, con tessera numero 907, smascherato dalla perquisizione del marzo 1981 a Castiglion Fibocchi. Stando a quanto avrebbe riferito il faccendiere Elio Ciolini – divenuto noto per il suo presunto coinvolgimento nelle indagini sulla strage di Bologna –, Balestrieri farebbe parte anche della loggia riservata “Montecarlo”, «un potentato economico – si legge nella relazione conclusiva della commissione – dominato dalle personalità di Andreotti, Agnelli, Calvi, Monti, Ortolani, Gelli e dal capo del gruppo editoriale Rizzoli e vari altri distinti fratelli fondatori, esecutivi e attivi».Per le diverse Procure che si sono ritrovate a indagare, il “comandante” per lungo tempo avrebbe lavorato come agente dei servizi segreti americani in Italia, o meglio in Calabria, nonostante dal 1981 fosse formalmente residente a New York, dove si occupa di tecnologie militari e di sicurezza ed è uomo in vista nella comunità, tanto da figurare da oltre vent’anni come vice presidente del Rotary club della città. Ma stando a quanto emerso dalle indagini, Balestrieri non avrebbe mai reciso i contatti né con l’Italia, né con la Calabria. E proprio qui, il pm Roberto Di Palma ne ha scovato le tracce braccando gli uomini del clan Molè finiti al centro dell’inchiesta Maestro, che oggi potrebbe finalmente fare piena luce sul “ruolo” del comandante e sui suoi rapporti con i Molè. 

IL MISTERO DEL CRISTO LIGNEO Ma i rapporti pericolosi con le ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro non sono l’unico mistero legato alla figura di Balestrieri. Dalle mani di Balestrieri, o meglio dalla fondazione che governava insieme al conte Giacomo Maria Ugolini, ambasciatore della Repubblica di San Marino presso Giordania ed Egitto e rappresentante della Gran Loggia dell’Oriente, morto nel gennaio 2006i – stando ad alcune ipotesi – sarebbe passato anche quel Cristo ligneo attribuito a Michelangelo sparito nel corso delle perquisizioni. Una statua preziosa – per alcuni chiave di un fantomatico “Codice Michelangelo”, messaggio esoterico nascosto per secoli, per altri una sorta di Santo Graal della storia dell’arte, per altri ancora un semplice falso – di cui Balestrieri avrebbe affermato di essere in possesso, ma di cui non ha mai rivelato l’ubicazione.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x