«Caso Putortì, la sentenza non legittima l'operato della Regione»
Riceviamo e pubblichiamo: Egregio Direttore, il presente scritto trae origine dall’articolo pubblicato sul Suo giornale, dal titolo “Giusto “licenziare” il manager Putortì». La Regione vince la…

Riceviamo e pubblichiamo:
Egregio Direttore, il presente scritto trae origine dall’articolo pubblicato sul Suo giornale, dal titolo “Giusto “licenziare” il manager Putortì». La Regione vince la causa davanti al giudice del lavoro e riprende fiato dopo la sconfitta nel ricorso intentato da Zoccali. Si allontana lo spettro dei maxi risarcimenti ai direttori generali rimossi: «Quel contratto è nullo»”.
Lungi dal voler affrontare in questa sede i motivi di appello alla citata sentenza – rispetto alla quale abbiamo già avuto mandato dall’arch. Putortì – appare tuttavia corretto e opportuno fornire alcuni dovuti chiarimenti, anche per l’impropria sovrapposizione che l’articolo fa tra la sentenza che ha definito positivamente il ricorso proposto dall’avv. Zoccali e quella invece che ha rigettato il ricorso proposto dall’arch. Putortì.
Le due pronunce sono profondamente diverse, per nulla parificabili, di talché parrebbe fuori luogo l’immaginato risultato calcistico del “pareggio” riportato nell’articolo.
Invero, nella “sentenza Zoccali” il Sig. Giudice ha affrontato il merito della domanda, ha preso posizione su ogni aspetto portato alla sua attenzione e ha dunque dichiarato l’illegittimità della disposta revoca dell’incarico dirigenziale da parte dell’Amministrazione regionale, non ricorrendone affatto i presupposti. Nella “sentenza Putortì”, invece, il Sig. Giudice ha limitato la sua cognizione a una questione preliminare, vale a dire la (presunta, sia consentito) nullità del contratto per avere, la Regione, “sforato” il limite percentuale degli incarichi conferibili a personale esterno, vale a dire a soggetti non presenti nel proprio organico. Null’altro.
Peccato però che tale “sforamento”, peraltro mai prospettato nel corso del giudizio, in realtà non sussista, per espressa attestazione da parte della Regione Calabria non solo negli atti di indizione della selezione pubblica (poi vinta, tra gli altri, dall’avv. Zoccali e dall’arch. Putortì), ma finanche nelle deliberazioni di conferimento incarichi. In altre parole, la Regione Calabria nei suoi atti ha sempre attestato la sussistenza dei requisiti di conferibilità all’esterno di tutti gli incarichi dirigenziali, e in particolare il pieno rispetto dei limiti percentuali imposti dalla normativa statale e regionale.
Certo, sarà la Corte di Appello a verificare la fondatezza di tali affermazioni e conseguentemente il semplice errore di fatto che ha caratterizzato la sentenza di primo grado.
Tuttavia, per quanto in questa sede possa rilevare e per i motivi sopra esposti, non riteniamo che tale pronuncia possa costituire una legittimazione dell’operato della Regione Calabria rispetto non al licenziamento, ma alla revoca anzitempo degli incarichi dei dirigenti generali, sì da “capovolgere quello che sembrava un risultato scontato”.
Distinti saluti.
Avvocato Crescenzio Santuori
Un paio di questioni sulla replica dell’avvocato Santuori:
1. La contestata sovrapposizione tra i due giudizi – quelli dell’avvocato Zoccali e dell’architetto Putortì – non è una (presunta, sia consentito) impropria semplificazione giornalistica, ma nasce dal fatto che l’oggetto dei due ricorsi era identico;
2. Il legale, oggi, specifica che lo sforamento nel ricorso a dirigenti esterni non sussiste. E fa bene a sottolinearlo. Il punto è che la questione non è stata sottoposta (non da lui, che non difendeva l’architetto Putortì nel giudizio di primo grado) all’attenzione del giudice. Che, invece, con riferimento proprio allo sforamento, scrive nella sentenza: «Tale circostanza non è stata contestata dal ricorrente e, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., deve essere posta a fondamento della decisione». Cioè della bocciatura del ricorso. Certi che la questione sarà materia del contendere in Appello, porgiamo distinti saluti. (ppp)