CATANZARO All’ingresso della bretella autostradale che conduce a Germaneto, un pretenzioso cartello saluta: “Città di Catanzaro. Area direzionale”. È il baricentro della Calabria. Il cuore pulsante della Regione, con la Cittadella e il policlinico, l’università e tanti insediamenti produttivi. Peccato che questa zona sia completamente tagliata fuori dal mondo. Prendete la stazione ferroviaria di Catanzaro. Una struttura fantasma. Zero personale, pochissimi treni, pullman sostitutivi che non arrivano mai, soppressioni non comunicate. Al numero verde – chi lo avrebbe mai detto – non risponde nessuno. «E un’infestazione di insetti e animali. Io non mi siedo neppure per paura di essere punta», spiega Simona, napoletana, ricercatrice universitaria che attende invano il bus per Lamezia. Ha scelto di partire di mattina «perché la sera questo posto è off limits. Dicono sia pericoloso». Lo sanno bene i catanzaresi, che da queste parti di sera preferiscono non avvicinarsi. Neppure fosse il Bronx, o più banalmente l’accampamento di Viale Isonzo.
Scene di degrado dietro l’angolo della “grandeur” regionale, la Cittadella che si staglia all’orizzonte, le Audi di politici e boiardi che sfrecciano in direzione della “reggia”. A poca distanza da lì, la stazione dei passi (e dei treni) perduti. Tutto sbarrato, neanche una toilette, nessuna forma di vita umana nel raggio di 500 metri. Un contesto spettrale, quello in cui Simona e pochi altri malcapitati attendono sotto il sole di giugno, che già picchia forte.
Sul tabellone delle partenze e degli arrivi solo l’annuncio di un treno regionale per Lido. Hai voglia a parlare di area vasta Catanzaro-Lamezia, a teorizzare conurbazioni tra le due principali città della “Calabria di mezzo”, a costituire task force tra l’assessorato regionale ai Trasporti e Trenitalia per rimodulare orari irrazionali, illogici e che penalizzano i tanti che quotidianamente si spostano da Cosenza e Reggio al capoluogo. Per ragioni di lavoro e soprattutto di salute.
«La Calabria ha potenzialità inespresse ed è un peccato», commenta Simona che ammette: «A Napoli non è mica così. Non saremo efficienti come a Milano, ma non neppure completamente abbandonati a noi stessi». Sul tabellone si usa un inglese burocratico: “Not found RC002”. Slang degno di un grande progetto come quello di questa cattedrale nel deserto finanziata con fondi europei, un ponte di rotaie verso il nulla. Soldi buttati via dal finestrino di una corsa mai partita: quella del sogno di una Calabria normale, al netto della propaganda.
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