Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 1:11
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Delitto Montilla, una vendetta attesa per 18 anni

LAMEZIA TERME Sono trascorsi 18 anni tra il delitto Albisi e quello Montilla. Diciotto anni ha atteso Pietro Pulice per poter uccidere l’uomo che riteneva responsabile di averlo mandato in galera per…

Pubblicato il: 28/06/2016 – 18:20
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Delitto Montilla, una vendetta attesa per 18 anni

LAMEZIA TERME Sono trascorsi 18 anni tra il delitto Albisi e quello Montilla. Diciotto anni ha atteso Pietro Pulice per poter uccidere l’uomo che riteneva responsabile di averlo mandato in galera per tanti anni. Secondo la ricostruzione dei fatti, Pietro Pulice non ha avuto remore nell’approfittare del ritorno in città, per le vacanze estive, di Vincenzo Montilla, che si era dato all’esilio forzato nel varesotto proprio per sfuggire alla vendetta nei suoi confronti. Il killer, scrivono gli inquirenti, «riteneva di avere patito anni di detenzione carceraria» per colpa della vittima e approfittando del temporaneo ritorno nel lametino di Montilla, «da perfetto ‘ndranghetista decideva di “lavare col sangue” detta offesa, nonostante gli anni nel frattempo trascorsi». Un delitto consumato in pieno giorno (alle 16:40), in una pubblica piazza e contando sull’omertà delle persone presenti. Quel pomeriggio del 9 agosto del 2000, in piazza Roma, frazione Bella di Lamezia Terme, Vincenzo Montilla, 37 anni, venne raggiunto a breve distanza da diversi colpi d’arma da fuoco. I proiettili, come si confà a una vera e propria esecuzione, centrarono la vittima prevalentemente al capo tanto da causare la morte di Montilla per paralisi cerebrale. In 20 metri quadrati di piazza si trovavano diverse persone, tutte individuate e interrogate dai carabinieri che in quegli anni condussero le indagini. Tutti dissero di non aver visto nulla.

QUELLE DICHIARAZIONI “INFAMANTI” Francesco Albisi venne ucciso il 3 maggio 1982 in piazza Roma di Bella, lo stesso luogo in cui si consumerà la vendetta di Pulice. Gli agenti del Commissariato di Lamezia accertarono che la vittima era stata accompagnata al Pronto soccorso proprio da Montilla. Venne redatta una denuncia in stato di fermo nei confronti di Montilla, Psquale D’Elia e Falvo Antonio, ritenuti responsabili in concorso tra di loro dell’omicidio volontario di Albisi. Il guanto di paraffina diede esito positivo sulle mani di Montilla (poche tracce) e su quelle di Falvo («la mano destra di Falvo era tutta impregnata»). La vicenda venne ricostruita in ordine al fatto che tra Falvo e Albisi vi fossero degli screzi dovuti alle attività illecite che i due conducevano. A dare una svolta alla vicenda, il 13 maggio successivo, furono le parole di Antonella Vivace, compagna di Montilla: «La sera in cui è stato sparato Francesco Albisi, io mi trovavo a casa ad aspettare in piedi mio marito Vincenzo Montilla. Verso la mezzanotte ed un quarto ho sentito un rumore di un vespone per cui mi sono affacciata al balcone per vedere se era venuto mio marito. A circa dieci metri da casa mia ho notato Albisi sul ‘vespone’ intento a parlare con Pietro Pulice, mio vicino di casa di anni 21…; … Visto che mio marito non c’era, ho chiuso il balcone e sono rientrata in casa. Dopo meno di cinque minuti ho sentito uno sparo. Non mi sono affacciata a tale rumore. Dopo circa mezz’ora o tre quarti d’ora è venuto a casa a bordo della sua autovettura, mio marito Montilla e mi disse di coricarmi perché lui non sarebbe rientrato perché avevano sparato ad Francesco Albisi. Nell’occasione gli ho chiesto chi fosse stato a sparare e mio marito mi rispose che a sparare era stato Pietro Pulice in quanto glielo aveva detto l’Albisi. Mentre mio marito mi stava informando di tale fatto, sono sopraggiunti Antonio Falvo, Pasquale D’Elia e Vincenzo Caligiuri ed hanno chiesto a mio marito come stava l’Albisi. Mio marito gli disse che l’Albisi era stato ferito allo stomaco. Disse anche a loro che a sparare era stato Pietro Pulice per averlo appreso dall’Albisi». Il giorno dopo Pulice venne arrestato. L’indagato si professò innocente, disse che non aveva screzi con la vittima essendo cognato di sua sorella. Pulice ha atteso in galera la sua vendetta, ha atteso nonostante la partenza di Montilla che temeva per la sua vita. E dopo 18 anni, quando Montilla è rientrato per l’estate perché rassicurato che per lui non vi fosse più pericolo, lo ha raggiunto a bordo della moto guidata da Domenico Chirico e lo ha freddato colpendolo al capo, così come richiede il codice della vendetta. Pulice venne poi ucciso nel 2005 su ordine della cosca Giampà perché, secondo le dichiarazioni del pentito Rosario Cappello, era ritenuto un personaggio “scomodo”, uno che metteva zizzania e astio tra gli associati. A dover rispondere del delitto Montilla oggi resta Domenico Chirico, all’epoca appena 18enne, colui che secondo l’accusa, guidava la moto durante l’agguato.

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x