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Magorno: chiederò fiducia piena al partito, ma tutto deve cambiare

Ernesto Magorno, incurante del caldo asfissiante e dello scirocco che moltiplica per due i quaranta gradi nella Capitale, e te li appiccica addosso, corre da un Palazzo all’altro. Incontra Guerini,…

Pubblicato il: 28/07/2016 – 18:01
Magorno: chiederò fiducia piena al partito, ma tutto deve cambiare

Ernesto Magorno, incurante del caldo asfissiante e dello scirocco che moltiplica per due i quaranta gradi nella Capitale, e te li appiccica addosso, corre da un Palazzo all’altro. Incontra Guerini, vede Minniti, poi convoca uno per uno tutti i deputati calabresi del suo partito, si chiude in albergo con Mario Oliverio. Schiavizza Demetrio Battaglia, unico testimone di questo vorticoso giro di incontri “faccia a faccia”. Poi rivede tutti i “colonnelli”, anche quelli non in servizio attivo, scarica tre volte il telefonino sentendo consiglieri sparsi sotto gli ombrelloni più disparati. E ricomincia il giro da capo.
La battuta dell’insolente cronista non la gradisce, almeno sulle prime, poi, vira verso quella tolleranza che lo rende maledettamente vulnerabile e cede.
Magorno, non ti sarai messo in testa giusto col solleone di fare il segretario regionale del Pd? Rischi di schiattare per l’afa. Meglio un altro rinvio. Chè sarà mai se salta anche l’Assemblea regionale di domani…
«Domani non salta un bel niente. Chi pensa questo resterà deluso. Domani ci diremo le cose che dobbiamo dirci, chiariremo quelle che vanno chiarite, spiegheremo quelle che devono essere spiegate. Ti dico di più: prenderemo atto degli errori che abbiamo commesso, delle cose che non possiamo più tollerare, e delle critiche che dobbiamo accettare perché fondate su cose vere. Ma prenderemo anche decisioni chiare e faremo scelte, su cose, strategie e uomini non revocabili…».
Ci andrai armato di lanciafiamme….
«No. Ci andrò con quattordici cartelle dattiloscritte. Compongono la mia relazione e anche il mio “prendere o lasciare”, perché non sono un segretario per tutte le stagioni. Chiederò mano libera su nomine, segreterie, congressi, linea politica. Chiederò la fiducia che serve per dimostrare che per noi la questione morale non è parte del programma ma il suo fondamento, l’unica ragione di esistere per un partito politico come noi lo intendiamo. Potrò avere questa fiducia, e allora risponderò degli impegni che assumo, oppure potrò non averla e allora tornerò a casa. Grazie a Dio, a differenza di altri, ho una famiglia a cui badare e un lavoro da portare avanti. Non ho mai vissuto di politica anche se ne sono stato sempre appassionato».
Un uomo solo al comando anche nel partito, non basta alla Regione?
«Assolutamente no. Il Pd ripudia pure solo l’idea dell’uomo solo al comando. Insisti in un errore di fondo: Mario Oliverio non sta agendo da despota, semmai lamenta di non essere adeguatamente supportato. Così come io chiederò di essere supportato da una segreteria e da un reticolo di federazioni provinciali. Il punto è che non attendo i nomi dai capicorrente, li scelgo io e ne rispondo io. Dove le federazioni non sono legittimate dallo Statuto, saranno immediatamente commissariate e io intendo avere libertà nella scelta dei commissari. Se loro falliranno, mia sarà la colpa».
Andiamo per ordine, intendi dire che fin qui non eri libero nella tua azione di segretario regionale…
«Facciamo una premessa e prendiamo un impegno: io rispondo a tutte le domande ma giochiamo in maniera leale».
Promesso…
«Allora voglio ricordare che sono stato eletto dopo 4 anni di commissariamento del Pd, un commissariamento che ha prodotto macerie simili a quelle che Scopelliti ha lasciato a Oliverio e non, certamente, imputabili a chi come me e come tanti segretari di circolo si sono sempre occupati dei territori. Ho iniziato il mio lavoro mentre era ancora nel vivo l’azione del fuoco amico di chi non voleva andare oltre i recinti delle proprie ideologie e oltre gli steccati tradizionali degli schieramenti. Ho continuato a lavorare senza una vera maggioranza ma da quella nata dopo le elezioni di Renzi, che non condivideva in pieno gli stessi obiettivi di rinnovamento e cambiamento del segretario regionale. E tuttora sono un generale con uno stato maggiore che si ammutina continuamente e su cui si abbattono contraddizioni e debolezze perché comunque continuo a guidare il Pd senza fermarmi dinnanzi a niente e nessuno. Di questo mi si dia atto».
Perfetto, ma resta il problema di un partito dalle mille anime e dalla condotta schizofrenica il che è quanto serve ad avventurieri di vecchio e nuovo conio…
«Lo ripeto ancora una volta: io sono un uomo che non appartiene agli apparati, né li ha mai condivisi. Non mi piacciono le lobby anzi le combatto apertamente. Non sono uno dei notabili del partito. Non ho avuto in eredità posizioni politiche o rendite elettorali. Questo deve diventare un valore e non può essere una debolezza. Anche il mio rapporto con Renzi…. insomma mi sono trovato per la prima volta nella mia storia politica sul carro del vincitore ma solo perché il mio eterno andare controcorrente mi aveva portato a scegliere Renzi quando sembrava una eresia. Ci sono rimasto, al suo fianco, perché non mi ha deluso: ero e sono pienamente convinto che rappresenta l’unica via da percorrere per rilanciare il Pd e conseguentemente il Paese».
Torniamo all’Assemblea regionale: davvero convinto di uscirne con un mandato che consentirà al segretario regionale di fare quel che fin qui gli è stato impedito di fare?
«Diciamo che di una cosa sono certo, forte della mia storia umana e politica, orgoglioso della mia onestà e rettitudine che mi permette da sempre di camminare con la schiena dritta e a testa alta: questa assemblea è quella definitiva che segna la fine dei tempi dei vertici e degli ultimatum. Siamo già oltre. Siamo al momento decisivo e deve essere questa assemblea a confermarmi la fiducia. Arriviamo a questo appuntamento dopo una riflessione in Direzione regionale e nelle cinque Federazioni provinciali, dopo un confronto con il Gruppo del Partito democratico al consiglio regionale della Calabria. Nessuno arriverà impreparato, tutti sanno cosa offro e cosa chiedo».
Anche i frenetici contatti di questi giorni si ascrivono a questa fase preparatoria?
«Certamente…».
Ma in concreto cosa chiedi di fare per rimettere apposto la reputazione e la credibilità di un Partito, messa a dura prova sia dai risultati elettorali sia dall’esplodere di una questione morale che è innegabile e che tu stesso non neghi, visto che ne accennavi all’inizio…
«Rispondo in due tempi, prima dico degli aspetti organizzativi perché ascoltare i territori significa rimettere in piedi i circoli e le federazioni altrimenti si scherza».
Poi…
«Se la mia relazione verrà approvata e se avrò la fiducia che serve per trasformare le cose che dirò in atti concreti, i dettagli li saprete già lunedì prossimo. Per le ore 12 a Lamezia convocherò una conferenza stampa per presentare la segreteria che andrò a nominare senza condizionamenti chiedendo impegno a energie nuove. Sarà un organismo unitario, non ci sono guelfi e ghibellini. Relativamente alla regolarizzazione delle Federazioni di Catanzaro e Reggio Calabria, ho chiesto a Guerini – che ha approvato – di guidarle personalmente fino alla celebrazione del Congresso da tenersi per Catanzaro il 19 novembre, mentre per Reggio Calabria entro l’anno. Inoltre, provvederò a nominare un commissario che guidi il partito a Catanzaro città fino alle elezioni, così come nominerò un commissario per la riorganizzazione sia della Federazione provinciale di Crotone che del partito cittadino. Su Catanzaro l’attenzione sarà particolare: tutto il Pd è impegnato a imprimere una svolta per cui sceglieremo persone di altissimo profilo. Non ci sarà un’altra Cosenza».
I nomi?
«Non li farò in Assemblea immaginiamoci se li anticipo qui. Certamente saranno persone capaci, credibili, fuori dalla mischia, lontane da qualsiasi interesse diretto o personale su quei territori. E veniamo alla questione morale…».
Da noi, mi permetto di ricordarlo, si chiama ‘ndrangheta, senza nulla togliere alla
corruzione…

«Non facciamo chiacchiere: noi siamo contro la ‘ndrangheta, io l’ho urlato dappertutto. Siamo stati al fianco di Renzi a Scalea per dire no all’illegalità; siamo con Papa Francesco contro questa orribile piaga, che ci umilia, ci mortifica, ci indebolisce; siamo con la magistratura nel rendere sempre più intensa la lotta contro ogni forma di condizionamento mafioso, contro ogni sistema di potere e di connivenze tra criminalità, mafia e politica, così come sta facendo».
E tuttavia alcune inchieste finiscono con il citare sempre più spesso uomini del Pd o istituzioni governate dal Pd. Il punto non è quello giudiziario, ci mancherebbe altro, tocca ai magistrati perseguire, incriminare, assolvere o condannare. La politica però ha risponsabilità oggettive…
«Non lo contesto minimamente. Probabilmente dobbiamo alzare ancora di più il livello di attenzione. Sicuramente abbiamo sottovalutato il rischio che la crescita del partito potesse anche portarsi dietro le attenzioni di ambienti criminali ed eversivi. Le ultime indagini dei magistrati calabresi, che mai come in questa stagione si stanno dimostrando all’altezza del lavoro da compiere per battere la ‘ndrangheta, ci consegnano molte amare sorprese. Si cade in mano a millantatori; si incontrano imprenditori che dopo generazioni di galantomismo oggi hanno ceduto alle lusinghe delle cosche; leggi di servitori dello Stato che ritenevi insospettabili e che invece fornivano notizie ai latitanti, aiutavano i mafiosi a sfuggire alle indagini. Non discuto il rischio e non discuto neanche il fatto che spesso non siamo stati all’altezza di una profilassi politica adeguata. Ma su un punto non accetto dubbi: la ‘ndrangheta non è nel corpo sano del nostro partito in cui ci sono donne e uomini onesti; amministratori locali che restano baluardi di legalità; c’è la Storia di chi la ‘ndrangheta l’ha combattuta. Nelle nostre vene scorre il sangue di chi ha sacrificato la propria vita per lottare contro la criminalità, contro le ingiustizie, contro l’emarginazione, la povertà, la miseria, l’abbandono in cui il Sud e la Calabria sono stati lasciati. Questo è il Pd, questo siamo noi, questo sono i nostri amministratori».
Resta da spiegarsi come mai uomini delle cosche, della massoneria deviata, della corruzione sistematica riescono se non a condizionare l’intero partito, certamente a metterne a dura prova la reputazione.
«Sono le nostre lacerazioni ad allargare le maglie. Anche nelle vicende elettorali recenti siamo stati penalizzati dai comportamenti e dalle scelte di chi, troppo impegnato a tutelare lobby e interessi di potere, non solo non è stato in grado di portare voti al partito ma ha prodotto litigiosità, divisioni, correnti e sottocorrenti. Le guerre intestine spesso condizionano il nostro Partito che dà l’impressione di essere palcoscenico di un continuo e inesorabile regolamento di conti fra bande l’una contro l’altra armata. A tutto questo si risponde in un solo modo: con un’assunzione di responsabilità collettiva per riscoprire insieme cos’è il “nostro” Partito e come ci si sta dentro».
Chiudiamo con Mario Oliverio?
«Perché continui a personalizzare? Chiudiamo con la Regione Calabria. Mario Oliverio è un uomo del Pd che sta impegnando la sua storia e la sua vita nella più difficile delle sfide politiche. Guai se dovesse essere solo un problema suo. Molto ha fatto, molto gli è stato impedito di fare, molto dobbiamo aiutarlo a fare. Bisogna accelerare sui fondi europei, sul lavoro e sul riordino burocratico e amministrativo. Intanto, sicuramente, è da plaudire la riduzione e la rotazione dei dirigenti avviata dalla Regione. È la politica che deve fare le scelte e fornire gli indirizzi! È importante, ora, recuperare e rilanciare il progetto di governo regionale e nazionale incrociando la fiducia dei calabresi, rendendo visibile, in tempi immediati, la progettualità costruita e implementata grazie alla forte sinergia che c’è stata con il governo centrale, che è stata positiva ma che deve fare un salto di qualità. È tutta l’azione del governo regionale che va rilanciata: bisogna correre di più. Il Pd deve essere più attivo e più propositivo in questo senso. Ed io, da parte mia, ho sempre assicurato un ponte tra la Calabria e Roma ma non basta. Però assieme a tutto questo, vogliamo dire anche che Renzi e il Pd hanno riportato la Calabria nell’agenda politica nazionale? Vogliamo dire che, dopo sette anni di cali ininterrotti, il Prodotto interno lordo, torna a crescere e, per la prima volta, la Calabria fa da traino allo sviluppo del Paese? Secondo i recenti dati rilevati dall’Istat e da altri centri di ricerca, la Calabria addirittura cresce dell’1,1% al di sopra della media del Mezzogiorno e dell’Italia, grazie al risultato positivo eccezionale del settore agricolo e del turismo».
Ma cresce anche la disoccupazione giovanile…
«Certo, non intendiamo far finta di nulla. Siamo consapevoli del fatto che la Calabria, purtroppo, continua a essere la Cenerentola d’Italia, con il tasso di disoccupazione più alto del Paese. La ripresa deve prendere maggiore consistenza, soprattutto in termini di lavoro e di rilancio dell’economia ma anche di sostegno alle fasce deboli e povere della popolazione».
Ma davvero sei convinto di uscire domani dall’Assemblea regionale con un mandato pieno, pur dichiarando che il tuo programma è di rivoluzionare l’andazzo? E cosa mai intendi dire per convincerli a farlo?
«Mi pare di avere letto in un tuo editoriale che ritieni pericoloso puntare all’unità del partito come obiettivo principale perché spesso per raggiungere l’unità si cede su molte cose sulle quali non bisognerebbe cedere. Meglio insomma un partito spaccato ma credibile. È così?».
È così…
«Bene. Domani dirò che dobbiamo ripartire dal basso, dalla gente, dobbiamo ripartire dalla Calabria. “Il calabrese vuole essere parlato”, scriveva Corrado Alvaro, dobbiamo ripartire proprio parlando alla Calabria e ascoltando i calabresi. Dirò che servono meno correnti e più partito. Dirò che un buon governo, una buona politica, deve uscire dal chiuso dei salotti, che dobbiamo aprire il nostro partito a esperienze nuove, a nuovi profili, alle nuove generazioni. Ma soprattutto dirò che il problema non è il segretario regionale ma i giochi di potere di una classe politica, conservatrice e preoccupata di difendere lo “status quo”, che pensa solo a coltivare il proprio “orticello”, piuttosto che di trovare unità e sintonia. Dirò tutte queste cose e aspetterò la loro risposta. Qualunque sarà, restituirà pace alla mia coscienza e certezze alla mia dignità».

 

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