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Uno schiaffo a Melito

«Belle cose che hai scritto!… Tu non devi parlare… ». E se lo dice la mamma… … «Dopo che loro si sono allontanati, sono corsa in bagno a piangere. Ho deluso molto i miei genitori. Adesso devo…

Pubblicato il: 14/09/2016 – 13:18
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Uno schiaffo a Melito

«Belle cose che hai scritto!… Tu non devi parlare… ». E se lo dice la mamma…
… «Dopo che loro si sono allontanati, sono corsa in bagno a piangere. Ho deluso molto i miei genitori. Adesso devo vedermela da me… ». A sedici anni, con tre anni di stupri sanguinari incistati nella mente e nell’anima, la ragazzina diventa più che adulta. Morta. Se Dio vorrà, resusciterà lontano dai luoghi natii. Dalle mura cosiddette domestiche.
Porca Calabria! Porca la banda di violentatori. Porca “La ruga”, il quartiere, che sa e tace. Porche certe famiglie che si piegano alla porca mentalità ‘ndraghetista. Porci i calabresi che non si indignano e continuano a colpevolizzare le ragazzine violentate dalla sfrontatezza del dubbio machismo di confusi viandanti del sesso strapaesano post adolescenziale, spesso bisessuale, che a volte si arena nel serialkillerismo, nel femminicidio, nel travestitismo. Porca certa chiesa colpevole di silenzi pervertiti. A Melito Porto Salvo, oggi. A San Martino di Taurianova, poco tempo prima. E chissà in quante altre case, in quante altre rughe, in quanti altri paesi. Sotto lo sguardo opaco di vecchi seduti, come cani abbandonati, ai bordi di piazzette crepate dal sole. Con la complice paura di chi non si impiccia e tace. Porca Calabria di cui mi vergogno e che spero di vedere in galera. Con le chiavi buttate nel cesso.

*Artista, attore e autore televisivo

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