COSENZA È uno scontro senza precedenti quello che si consuma sull’asse Cosenza-Catanzaro attorno alla sanità privata. Da una parte c’è una lettera del dg dell’Asp Raffaele Mauro, che accusa i commissari al Piano di rientro di aver condotto verifiche insufficienti sui documenti della Rsa di Caloveto. Dall’altra la struttura commissariale, per nulla convinta dell’operato del manager, bollato come superficiale. In mezzo, velati riferimenti a quali attori del proscenio sanitario privilegino gli interessi privati in luogo di quelli pubblici. Se non è il redde rationem ci siamo molto vicini.
«NUOVI DOCUMENTI» «Legittimamente, doverosamente e correttamente». Per difendere la scelta che ha, di fatto, cancellato la suddivisione dei posti letto della sanità privata in Provincia di Cosenza, il dg dell’Asp Raffaele Mauro utilizza questi tre avverbi. La missiva firmata da Mauro contiene – è la prima volta che appaiono in un atto pubblico – le motivazioni che hanno generato il dietrofront del direttore generale.
Il dg spiega che, dopo l’approvazione della prima delibera, «sono state riscontrate una serie di evidenze e di atti documentali (non presenti nel fascicolo al momento della delibera numero 1244/16) che hanno delineato uno scenario di riferimento completamente diverso da quello precedentemente analizzato». Veniamo dunque al punto, che è sempre la Rsa di Caloveto. Mauro e il gruppo iGreco avevano firmato una transazione: gli imprenditori avrebbero “restituito” all’Azienda l’accreditamento della Rsa e i suoi arredi, ricevendo in cambio 53 posti letto per la clinica Madonna della Catena. Questo per scongiurare il pericolo degli esuberi e il licenziamento di 70 persone. La proposta passa in una prima fase: entra nel piano attuativo che disegna l’offerta sanitaria in provincia di Cosenza e viene recepita dai commissari Scura e Urbani. È il 22 luglio; circa un mese più tardi, però, Mauro cambia idea e annulla tutta la programmazione (non soltanto Caloveto). La lettera che oggi possiamo raccontarvi spiega il perché di una mossa che ha generato uno scontro molto acceso tra la famiglia Greco, l’Asp e il dipartimento. Mauro scrive che, dopo il primo atto sono stati «rinvenuti documenti non presenti originariamente nel fascicolo» della Rsa di Caloveto. In sostanza, secondo il manager l’accreditamento di quella struttura sanitaria non sarebbe di proprietà dei Greco. La questione si fa un po’ tecnica: dopo l’acquisto del titolo da parte dei vecchi proprietari, l’AssCoop, sarebbe dovuta avvenire la voltura dell’accreditamento a favore della “Clinica Madonna della Catena”. Mauro si è messo al lavoro per effettuare una nuova ricognizione. E il risultato è un attacco alla struttura commissariale, che «non ha preventivamente emanato uno specifico decreto di autorizzazione alla voltura, che ad oggi semplicemente non esiste». Fatto che «appare ancor più strano se riflettiamo sulla circostanza che lo stesso commissario ad acta (che evidentemente disconosceva il fatto che nessun decreto ha mai autorizzato la voltura dell’accreditamento dall’Ati alla società Clinica Madonna della Catena) ha partecipato da protagonista nel periodo febbraio-maggio 2016 a diversi incontri finalizzati a riconvertire i 60 posti letto di Caloveto in favore del gruppo iGreco».
IL CASSETTO RIAPERTO Dalla ricognizione, spiega ancora il direttore generale, è saltata fuori «una nota firmata dal direttore generale del dipartimento Tutela della Salute e dal dirigente del settore numero 4 (responsabile del procedimento) che preavvisava il rigetto dell’istanza di voltura dell’accreditamento dalla AssCoop alla società “Clinica Madonna della Catena”. In quale cassetto sono rimasti chiusi questi documenti fino al mese di agosto? Mistero. Ma il quadro, per Mauro, era «completamente mutato». Senza un’istruttoria definitiva e senza un decreto del commissario non poteva confermare le sue scelte. Il “nuovo” fascicolo, però, è piuttosto ricco. E per il dg porta a una sola conclusione: «Dal 9 aprile 2013, l’Asp di Cosenza è pienamente subentrata nella titolarità dell’autorizzazione e dell’accreditamento rilasciata a favore della struttura di Caloveto (costruita con fondi pubblici)». Questo perché, tra le altre cose, il contratto sarebbe scaduto in quella data senza che l’Ati effettuasse «la richiesta di proroga prevista».
L’ATTACCO AI COMMISSARI Mauro, però, non si limita a mettere in fila le carte. Il segno che la frattura è profonda emerge anche in qualche commento. Il manager infatti definisce «strana» la difesa da parte di Scura e Urbani della sua prima delibera (quella che assegnava l’aumento dei posti letto ai Greco) e fa riferimento a una potenziale mancata verifica proprio da parte della struttura commissariale: «Ci si chiede – scrive – come sia stato possibile che la struttura commissariale, pur in presenza di un preavviso di diniego alla voltura firmato nel 2014 dal dg del dipartimento Tutela della Salute, non abbia verificato – in contrasto con i propri doveri di vigilanza – l’illegittima assegnazione dei posti letto alla stessa struttura nell’ambito della delibera numero 1244/2016 (la sua prima delibera) affrettandosi ad approvarla e a discuterla nell’apposito Tavolo di verifica interministeriale». L’annotazione tecnica è preceduta da una sibillina riflessione, per così dire, qualitativa: «Chi legge questa nota può individuare senza sforzi i volti dei soggetti che tutelano gli interessi privati in luogo di quelli pubblici». L’interpretazione è libera: possibile che Mauro usi questi toni nei confronti della struttura commissariale in un atto ufficiale?
«ASP SUPERFICIALE» La risposta di Scura e Urbani è tutto fuorché tenera. La posizione del dg suona assurda ai commissari. Perché gli atti documentali nel fascicolo su cui si è basata la delibera con i posti letto per il gruppo iGreco «sono stati inseriti dalla struttura diretta» da Mauro «e non da altri», dunque «appare evidente che più che dall’emersione di nuovi documenti prima sconosciuti, l’esigenza di revisione sembrerebbe originata dalla acquisita consapevolezza dell’inesistenza di provvedimenti che fino ad allora si presumevano esistenti, quali un decreto della struttura commissariale dell’epoca». Riguardo all’assenza di verifiche, la risposta dei commissari si fa ancora più acuminata. Perché alla struttura che guida il Piano di rientro non è mai stato «sottoposto dal dipartimento Tutela della Salute nessun provvedimento di voltura e/o diniego di voltura dell’accreditamento a favore della società Madonna della Catena». Nessun coinvolgimento «da protagonista», dunque, «nella vicenda riferita». Scura e Urbani si sono semplicemente impegnati «per trovare soluzioni (legittime) ai problemi occupazionali (70 addetti), ma non certo per individuare la “soluzione” che invece è stata trovata, in piena autonomia, dall’Asp di Cosenza, poi rivelatasi illegittima». In sostanza, se nella prima fase c’è stata qualche illegittimità, questa è da addebitarsi a Mauro. Il tentativo del dg è quello «di addossare responsabilità a terzi anziché individuarle nell’approccio superficiale dell’Asp di Cosenza in vista dell’adozione» della deliberazione di luglio.
«PERCHÉ CANCELLARE TUTTO?» Il fatto è che, nel provvedimento che ha cancellato la prima suddivisione dei posti letto, l’Asp non ha fatto cenno ai nuovi documenti emersi, motivando il dietrofront con l’assenza di atti di indirizzo sui criteri da parte degli stessi commissari. Ma «se il problema fosse stato realmente quello relativo all’assenza di un atto di indirizzo amministrativo, ciò le avrebbe impedito financo l’adozione della deliberazione numero 1244/2016. Se, invece, come si ritiene (ma come non è stato esplicitato nell’iter motivazionale della delibera assunta in autotutela), l’esigenza di revisione è legata alle dedotte irregolarità/illegittimità afferenti alla struttura di Caloveto», Mauro «avrebbe tranquillamente potuto
intervenire in autotutela limitandosi a escludere dal piano la struttura in questione». Invece, l’intervento tranciante del dg ha annullato tutto il piano attuativo dei posti letto. E questo, secondo i commissari, porterà alla revoca del decreto che riorganizza i posti letto in provincia di Cosenza, «perché ormai rimasto privo di qualsivoglia base giuridica». C’è una programmazione sanitaria da rifare nell’area più vasta della Calabria. Secondo l’Asp va cancellata per salvaguardare il servizio pubblico a cui “qualcuno” preferisce i privati. Secondo i commissari è stata cancellata per ragioni inconfessabili.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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