JIHAD IN CALABRIA | Tarif si difende: «Sono solo un marinaio»
CASTROVILLARI Si è difeso, Abo Robeih Tarif, il 23enne siriano indagato per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è svol…

CASTROVILLARI Si è difeso, Abo Robeih Tarif, il 23enne siriano indagato per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto lunedì a Castrovillari, Tarif, assistito dall’avvocato crotonese Antonio Anania, ha parlato a lungo e ha raccontato ai magistrati la sua versione dei fatti in merito alle accuse che gli vengono contestate. Secondo la ricostruzione effettuata dai finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, il giovane, a settembre del 2014, è sbarcato sulle coste di Crotone a bordo di un peschereccio da lui guidato, con a bordo poco meno di 100 migranti. Arrestato come scafista, con l’accusa di favoreggiamento di immigrazione clandestina, è stato trovato in possesso di cellulari, schede telefoniche e tablet dai quali sono emerse foto nelle quali imbraccia armi e indossa un fascia con la scritta “Allah è grande”. Questi primi elementi hanno portato a nuove indagini, a tracciare i suoi movimenti in giro per il Mediterraneo e l’Europa, le sue conversazioni viber e whatsapp nelle quali si inneggia al martirio e si parla di filmare una strage. Da qui sono partite le accuse che ipotizzano l’appartenenza del 23enne al fronte di Jabhat al Nusra, ramo di Al Qaeda attualmente attivo in Siria e in Libano, e l’intenzione di essere approdato in Italia per fare proseliti e filmare un martirio.
SOLO UN MARINAIO Ma Abo Robeih Tarif, respinge ogni accusa. Ha parlato di tutti i suoi spostamenti dal 2010, effettuati, ha detto, non da jihadista in cerca di proseliti e complotti ma da marinaio, imbarcato grazie ai lavori che gli trovava suo cognato che è un capitano di lungo corso. Movimenti che, ha sottolineato il suo legale, sono verificabili dal suo passaporto. Lasciata la Siria per questioni di sicurezza e per la paura di essere arruolato in maniera forzata nell’esercito, il 23enne ha raccontato di avervi fatto ritorno, clandestinamente, a giugno del 2014 per partecipare al funerale del nonno e di esservi rimasto per qualche settimana. È a questo periodo che risalgono le foto in cui imbraccia un fucile e tiene in mano una granata e in cui si fa ritrarre con altri coetanei davanti a un carro armato. Tarif parla di sbruffonaggine, di avere fatto quelle foto, in compagnia di alcuni amici che sono dei veri combattenti, per far vedere che anche lui teneva alla causa della lotta contro il regime di Bashar al Assad. Circa le persone ritratte con lui, poi, ha indicato i suoi amici ma non ha riconosciuto colui che secondo gli investigatori sarebbe suo fratello. Tarif ha raccontato di avere un fratello minore, un sorella sposata con un capitano di lungo corso e di avere avuto un altro fratello, morto da piccolo a causa di una bomba. Ha raccontato di essere sbarcato in Italia a bordo del peschereccio e di avere pagato per il viaggio, in parte in contanti in parte col lavoro, guidando la barca.
E i messaggi sul martirio e sulle stragi?
Il siriano accusa errori madornali nella traduzione ponendo dubbi se il traduttore fosse arabo-siriano o meno.
Esistono, com’era naturale che fosse, due versioni contrastanti in questa inchiesta. Sarà il giudice per le indagini preliminari che dovrà esprimersi nelle prossime ore.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it