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La missione calabrese del comandante Alfa – L'INTERVISTA

COSENZA L’inseparabile cappuccio blu protegge la sua identità, ma i suoi occhi raccontano tanto. Il comandante Alfa, uno dei soci fondatori del Gis (Il Gruppo di intervento speciale dei carabinieri)…

Pubblicato il: 19/11/2016 – 13:40
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La missione calabrese del comandante Alfa – L'INTERVISTA

COSENZA L’inseparabile cappuccio blu protegge la sua identità, ma i suoi occhi raccontano tanto. Il comandante Alfa, uno dei soci fondatori del Gis (Il Gruppo di intervento speciale dei carabinieri) sempre accompagnato da due suoi uomini (che considera i suoi “figli”) arriva nella sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza e incontra i giornalisti per una chiacchierata informale ma intensa. Una vita sempre in missione. Ma dove la missione più difficile inizia quando si leva il cappuccio (il mephisto) ed entra nella sua casa.
«Il Gis non ha bisogno di presentazione così come il comandante Alfa. Ed è piuttosto raro che l’Arma dei carabinieri mandi in giro i suoi operatori». Un po’ emozionato, il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza Fabio Ottaviani ha presentato ai giornalisti il comandante Alfa, fondatore del Gruppo di intervento speciale dell’Arma istituito nel 1977 per volere dell’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga. Il comandante, assieme a due dei suoi uomini, è passato dal Comando provinciale dei carabinieri di Cosenza perché sabato pomeriggio presenterà il suo libro “Cuore di rondine”, a Luzzi. «Andiamo a Luzzi – ha spiegato – perché una bambina di otto anni ha scritto alla casa editrice Longanesi di volere come regalo di Natale non giocattoli ma conoscere il comandante Alfa. Così l’ho contattata e con i suoi genitori è venuta a trovarci a Livorno. La famiglia poi mi ha chiesto di venire a presentare il libro a Luzzi. Lei è figlia di un ex carabiniere, era affascinata da questa figura ma sono tanti i bambini che mi scrivono».

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(La nostra intervista al comandante Alfa)

LA NASCITA DEGLI INVISIBILI Il comandante Alfa ha spiegato come è nato il Gis: «L’idea del gruppo è nata dall’allora ministro Cossiga che ha voluto che ci fosse un gruppo anche in Italia. La nostra storia è iniziata nel 197». Da allora sono passati ben 39 anni e dei soci fondatori sono rimasti solo il comandante Alfa – che è il nome in codice che gli è stato dato – e un altro collega. Alfa – che parla spesso da buon padre di famiglia – è consapevole di avere da sempre ormai due famiglie: sua moglie e i suoi figli naturali e poi i suoi ragazzi. E sa che a entrambi ha chiesto e chiede sempre sacrifici immensi.

«LA MISSIONE PIÙ DIFFICILE? IN FAMIGLIA» Il comandante Alfa non vuole essere considerato un eroe ma una persona normale che, levato il mephisto, è marito e padre. «Il rapporto con la famiglia – racconta – è la missione più difficile. Bisogna avere una moglie che sia assolutamente complice e paziente e che deve fare da mamma e da papà insieme. È la famiglia quella che fa i sacrifici maggiori. Spesso partiamo per mesi interi e loro non sanno nulla. Abbiamo il rammarico per i periodi non trascorsi con i nostri figli. Se non si trova la donna giusta è complicato. Noi della vecchia generazione siamo tutti sposati, i giovani iniziano ad avere più difficoltà nell’incontrare la persona giusta. Bisogna avere la mente libera quando si fa questo lavoro per cui la vita privata non deve dare preoccupazione».

DALLA RIVOLTA DI TRANI AI SEQUESTRI Il battesimo di fuoco per il Gis è stato nel 1980 con la rivolta nel carcere di Trani: «Un’esperienza che ci ha fatto capire che avevamo imboccato la strada giusta. Siamo stati spesso in Calabria, sia nella stagione dei sequestri quando ci siamo occupati della liberazione di Cesare Casella, che ultimamente per la cattura di latitanti. Tante le missioni all’estero e in particolare quella a Nassirya. Il libro, infatti, è nato una notte a Nassirya quando ero in compagnia di un giornalista, inviato di guerra: per tranquillizzarlo gli ho raccontato la mia storia e da lì è venuta l’idea – poi discussa con i miei ragazzi perché decidiamo tutti insieme – di scrivere questo libro con il quale ho voluto dire molti grazie. Grazie alla mia squadra, la mia seconda famiglia – anche se mia moglie dice che è la prima –; poi all’Arma che mi ha concesso di fare questa vita entusiasmante; alla mia terra perché voglio far capire che la Sicilia non sforna solo mafiosi e poi è giusto che l’Italia conosca il Gis: siamo paracadutisti che fanno del loro lavoro una missione, ma non siamo né Rambo né giustizieri».
Il comandante Alfa lancia un messaggio ai giovani che sono ora la sua priorità: «Voglio far capire che non bisogna arrendersi mai e piangersi addosso. Ecco perché adesso saranno i giovani la mia priorità: sto creando due centri di addestramento: uno vicino Roma e uno a Padova. Faccio in modo che i ragazzi conoscano la stanchezza fisica e mentale e non cerchino l’alcol o le discoteche per sballarsi o stendersi su un cavalcavia per provare il brivido. Il Gis è sufficiente ad affrontare tutte le emergenze. Siamo preparati e sempre pronti».

«PRENDEREMO MATTEO MESSINA DENARO» Il comandante Alfa era vicino di casa di Matteo Messina Denaro: «Spero che presto prenderemo anche lui anche perché abita vicino casa mia così finisce questa cattiva pubblicità sul nostro paese. Ma non conosce il mio volto perché sono andato via da ragazzino. Sto scrivendo un secondo libro che racconterà il prosieguo della mia storia».

LASCERÀ L’ARMA Il comandante Alfa lascerà l’Arma dal 2017. «E poi inizierà, credo, la missione più ardua: stare 24 ore con mia moglie», dice ridendo. Il suo pensiero è sempre ai suoi ragazzi: «Si lavora come una squadra di moschettieri moderni. Abbiamo bisogno di tutti e non ci sono gelosie o invidie tra di noi. Siamo in gran parte meridionali». Se l’Isis dovesse camuffarsi tra gli immigrati sui barconi, il Gis è preparato: «Mai come adesso siamo una squadra e stiamo lavorando sempre più. Ma siamo anche consapevoli che il controllo del territorio non spetta solo a noi. Non bisogna essere carabinieri ma dobbiamo tirare fuori il senso di patria. Questo lavoro è una sfida con se stessi: abbiamo avuto la fortuna di far parte del Tuscania. La massima aspirazione è arrivare al Gis e ci siamo distinti nei teatri di guerra internazionali e le altre nazioni hanno capito che quando facciamo le cose sappiamo farle bene». Il comandante Alfa ci tiene a precisare che il «ricavato del libro andrà in beneficenza agli orfani dell’Arma».
Il suo pensiero va sempre ai giovani per loro vuole essere di esempio. E dopo essersi concesso con discrezione ai taccuini, Alfa vuole sapere quante scuole ci sono a Luzzi e quanti ragazzi incontrerà. Perché a loro vuole parlare. Il loro cuore vuole raggiungere. Solo una volta nella sua vita ha levato il mephisto “in pubblico”: nel 1990 quando è riuscito a liberare una bimba di otto anni Patrizia Tacchella, da tempo in mano ai sequestratori. «Non si leva mai il mephisto – racconta con un po’ di celata commozione –, ma l’ho tolto perché non volevo spaventarla e lei ci ha detto “vi stavo aspettando”». Alfa ricorda ancora gli occhi di Patrizia come quelli di Cesare Casella e ricorda sempre quei giorni nella Locride «al freddo, affamati e senza poterci lavare ma sentivamo il calore dei calabresi».

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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