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Via al processo per l’omicidio di Gennaro Ventura

CATANZARO Prima udienza in corte d’Assise a Catanzaro per l’omicidio di Gennaro Ventura, fotografo di Lamezia Terme ucciso il 16 dicembre del 1996. Due gli imputati per questa morte, Domenico Cannizz…

Pubblicato il: 20/12/2016 – 12:29
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Via al processo per l’omicidio di Gennaro Ventura

CATANZARO Prima udienza in corte d’Assise a Catanzaro per l’omicidio di Gennaro Ventura, fotografo di Lamezia Terme ucciso il 16 dicembre del 1996. Due gli imputati per questa morte, Domenico Cannizzaro, boss dell’omonimo clan, e Gennaro Pulice, indicati dall’accusa rispettivamente come mandante ed esecutore materiale del barbaro delitto. Nel corso dell’udienza di martedì l’avvocato difensore di Cannizzaro, Lucio Canzoniere, ha ribadito la richiesta di rito abbreviato condizionato all’escussione di due testi. Richiesta appoggiata anche dal sostituto procuratore Elio Romano. La corte si pronuncerà il prossimo 17 gennaio.

UCCISO PER AVER FATTO IL PROPRIO DOVERE Gli investigatori della Squadra Mobile di Catanzaro e del commissariato di Lamezia Terme sono riusciti a trovare un punto fermo riguardo al delitto del fotografo ed ex carabiniere Ventura grazie alle parole del collaboratore di giustizia Gennaro Pulice che si è addossato l’esecuzione dell’omicidio. E ne ha spiegato anche il movente. «Il Ventura – ha raccontato Pulice al sostituto procuratore della Dda, Elio Romano, nel corso di un interrogatorio – aveva arrestato una persona dei Cannizzaro quando era carabiniere». Ventura lavorava a Tivoli quando si è imbattuto in Raffaele Rao, cugino di Domenico Cannizzaro. Secondo la ricostruzione dei fatti, nel 1991 Ventura e un collega si stavano recando da un perito chimico del tribunale per consegnargli dello stupefacente da analizzare. Sulle scale avrebbero incrociato due uomini che uscivano, uno vestito da poliziotto e uno in borghese. Arrivati dal perito scoprirono che qualcuno lo aveva aggredito sottraendo al laboratorio una notevole quantità di sostanza stupefacente. Dopo una serie di indagini, in casa di Rao venne trovata la droga sottratta ai laboratori. Nel corso del processo Ventura e il suo collega testimoniarono inchiodando Rao per rapina e aggressione. Secondo il racconto di Pulice, i Cannizzaro «non se la tengono, come non se la sono tenuta per il fatto di Ventura che era un ex carabiniere».
Congedatosi dall’Arma e tornato a Lamezia Terme per intraprendere l’attività di fotografo insieme al padre e al fratello, Gennaro Ventura è stato individuato dalla cosca. Questo, secondo l’accusa, avrebbe decretato la sua condanna a morte. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima, il 16 dicembre del 1996, è stata attirata in una trappola con la scusa di un lavoro da commissionare. Ma all’appuntamento si presentò l’appena 18enne Gennaro Pulice, nuova leva, all’epoca, della consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. Un colpo di pistola in fronte ha posto fine ai giorni di Ventura, il cui corpo, sempre per mano di Pulice, è stato occultato in una buca per la fermentazione del mosto in un casolare abbandonato. Per molti anni su quella scomparsa aleggiarono congetture e misteri. Fino al 2008, quando i resti del suo corpo, la sua attrezzatura e la fede nuziale, vennero ritrovati casualmente nel corso di un sopralluogo per la vendita del casolare. Nel processo che ha preso piede si sono costituiti parte civile solo i familiari del fotografo scomparso.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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