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Un altro anno è andato, e non tornerà

Ritoccando uno dei migliori testi di Francesco Guccini, ci congediamo da un anno non certo da incorniciare.«Un altro anno è andato, la sua musica ha finito,quanto tempo è ormai passato e passerà?Le…

Pubblicato il: 01/01/2017 – 8:17
Un altro anno è andato, e non tornerà

Ritoccando uno dei migliori testi di Francesco Guccini, ci congediamo da un anno non certo da incorniciare.
«Un altro anno è andato, la sua musica ha finito,
quanto tempo è ormai passato e passerà?
Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri:
l’oggi dove è andato l’ieri se ne andrà».
Si era sperato andasse diversamente un pò tutto. Ci ritroviamo con i soliti bilanci negativi. Gli “eroi”, pochi, asserragliati nel fortino. Gli “impostori”, tanti, ancora padroni del campo.
Eppure, alla partenza, la speranza di una svolta, politica, sociale, economica, culturale era presente e corposa.
Il mondo delle università prometteva una svolta, quello delle professioni uno stacco dai retaggi del passato.
Anche il pianeta politico-istituzionale pareva determinato a tornare a quella considerazione dell’Uomo che aveva caratterizzato il primo regionalismo. All’epoca mancavano le risorse ma c’erano gli uomini. Oggi si avverte l’esatto contrario.
Al netto delle sempre richiamate “negative eredità”, Mario Oliverio è costretto a fare i conti con se stesso:
«La sfera di cristallo si è offuscata
e l’aquilone tuo non vola più,
nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi
e il tempo passa e fermalo se puoi…».
Ecco. Non c’è più tempo a disposizione. Il 2017, certo non solo in Calabria ma altrettanto certamente, soprattutto in Calabria, deve convincere che ancora impegnarsi in politica ha un senso. Lo avrà nella misura in cui si esce dai luoghi comuni e dalle frasi fatte. Si abbandona il pessimo vezzo di affidare alla magistratura quel risanamento istituzionale che è compito dei partiti. Si smette la pratica dell’accentramento di competenze e poteri e si allargano gli spazi della condivisione di scelte e responsabilità. Si crea un confine serio tra la sfera privata e quella pubblica. Si posizionano le scelte strategiche a fianco delle potenzialità vere e si abbandonano le pratiche assistenzialistiche che qui ormai sanno di accanimento terapeutico, su corpi che mai hanno avuto vita o generato energia vitale.
Basta con i viaggi in Svizzera per umiliarsi nelle ville di armatori disarmanti e basta con il plauso agli imbottigliatori di nuvole che dovrebbero costruire macchine a Gioia Tauro. Mentre si trascura quel che emerge quotidianamente e si lasciano isolate le realtà che strappano apprezzamento lontano da qui. E soprattutto si dichiari guerra a quella ipocrisia istituzionale per la quale si offre solidarietà al sindaco di Riace facendo finta di ignorare che i suoi calunniatori operano dentro le istituzioni, anzi “vigilano” sul loro funzionamento mentre lucrano sulla cattiva sanità e sugli immigrati.
Ancora si può fare. Ancora c’è tempo per trasformare la Fondazione Santa Barbara in un polo culturale internazionale. Si può ricollocare la Calabria al centro della ricerca scientifica muovendo dal Cnr di Nicastro. Si può smettere di finanziare viaggi in Cina, e prendere atto che i cinesi sono qui: si chiamano Hitachi e operano a Reggio Calabria dove ha fallito Finmeccanica. Si può imprimere un allargamento alle start up che fioriscono attorno ai campus universitari, quasi a dispetto di chi li dirige. Si può agganciare all’esperienza di Belmonte Calabro una nuova frontiera per la dieta mediterranea rilanciata dal professor Aiello negli Stati Uniti proprio muovendo su studi effettuati nel nostro territorio.
Si può. Certo che si può. Ma vanno scelti gli uomini in virtù degli obiettivi da raggiungere e non viceversa.
Il boccino è in mano a Oliverio. Lo è nel bene e nel male. Dalla sua prima mossa prenderanno corpo tutte le altre. Dal suo primo passo si va a concretizzare la direzione del tragitto. Non siamo tra quelli che amano segare il ramo dove sono seduti, per cui non ci piacerebbe assistere al secondo naufragio dopo quello della passata legislatura.
Un augurio a tutti noi, allora, perché si riesca ad abbandonare il peggio della nostra “calabresità” a vantaggio del meglio delle nostre caratterizzazioni antropologiche. E soprattutto un augurio al Governatore. Un augurio accompagnato ancora dalle parole di quel comunistaccio di un Guccini:
«Nel seme al vento afferri la fortuna,
al rosso saggio chiedi i tuoi perché,
vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu,
ma il tempo passa e non ritorna più… ».

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