Un museo privato per il "paladino" dell'archeologia
CROTONE Un ottantenne di Torretta di Crucoli, indagato nell’operazione “Tempio di Hera” condotta stamattina dai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale e del Comando provinciale di Croton…

CROTONE Un ottantenne di Torretta di Crucoli, indagato nell’operazione “Tempio di Hera” condotta stamattina dai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale e del Comando provinciale di Crotone, è considerato il principale ricettatore dei reperti archeologici oggetto del traffico che è stato stroncato dai militari. L’uomo, anche lui come Pasquale Attaniese, il docente che figura tra gli arrestati, apparente “paladino” della tutela dei beni archeologici ma in realtà, secondo gli investigatori, collezionista senza scrupoli, aveva allestito nella sua abitazione una sorta di “museo privato” in cui erano esposti oltre duemila reperti, di cui era entrato in possesso illecitamente.
L’inchiesta che ha portato alle 12 misure cautelari (tre arresti di cui due in carcere ed uno ai domiciliari, quattro divieti di dimora e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria), coordinata dal Procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia, è stata condotta dal pm Luisiana Di Vittorio, che ha chiesto e ottenuto dal gip, Michele Ciociola, l’emissione dei provvedimenti. L’inchiesta della Procura di Crotone era partita nell’ottobre del 2014 dopo che erano stati rilevati numerosi scavi clandestini in siti archeologici del crotonese. Le diverse fasi in cui si articolava il traffico illecito, dallo scavo clandestino alla vendita dei reperti ai collezionisti, sono state accertate e documentate grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, riprese video e pedinamenti. Alle persone coinvolte nell’operazione viene contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata all’esecuzione di scavi clandestini, impossessamento illecito di reperti archeologici appartenenti allo Stato, con conseguente danneggiamento delle aree vincolate, e ricettazione dei beni illecitamente rinvenuti. Significativa, hanno riferito ancora gli investigatori, si è dimostrata la collaborazione alle indagini della Soprintendenza archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone.
GLI INQUIRENTI: «UNA SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA PARALLELA» «Quello concluso oggi è un primo filone di indagine che avrà una successiva fase per verificare anche la destinazione dei reperti trafugati e rivenduti attraverso l’accademico ritenuto a capo dell’organizzazione». Lo ha rivelato il comandante nazionale del Nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri, generale di brigata Fabrizio Parrulli, intervenendo questa mattina presso il comando provinciale dell’Arma di Crotone, alla conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione “Tempio di Hera”. Il comandante Parrulli ha escluso il coinvolgimento della criminalita’ organizzata nel traffico: «Abbiamo contezza della compravendita di pezzi di notevole valore su scenari nazionali, ma non ci sono elementi che rinconducano alla ‘ndrangheta o altre associazioni criminali organizzate». «Un’indagine importante – ha detto il procuratore Capoccia – che tutela la ricchezza del nostro territorio. Il lavori svolto dal sostituto Luisiana Di Vittorio con il Nucleo tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri e il comando di Crotone è stato certosino e manifesta la nostra volontà di salvaguardare la storia di questa terra che continueremo a tutelare». Il comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Salvatore Gagliano, ha spiegato che nell’operazione sono stati impiegati oltre 100 uomini per svolgere le varie perquisizioni. Gagliano ha sottolineato che l’attività ha preso il via nel 2014 in seguito all’arresto di alcuni tombaroli eseguito dalla Compagnia di Crotone a Capocolonna. Il maggiore Valerio Marra, comandante del gruppo carabinieri Tpc di Roma, ha rivelato che è stata sequestrata una collezione in un museo di Crucoli Torretta e numerosi reperti in case di professionisti e persone incensurate. Il sodalizio, in sostanza, operava come una soprintendenza archeologica parallela che utilizzava i reperti per i suoi fini economici rivendendoli o esponendoli in musei privati aperti al pubblico.