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Le confessioni della pusher del clan Gualtieri

LAMEZIA TERME Il confine tra il dolore, le sconfitte e il male che si commette molto spesso è labile e sfumato. Maria Pia Renda emerge dalle carte dell’operazione “Dioniso” in perfetta simbiosi con q…

Pubblicato il: 31/01/2017 – 20:42
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Le confessioni della pusher del clan Gualtieri

LAMEZIA TERME Il confine tra il dolore, le sconfitte e il male che si commette molto spesso è labile e sfumato. Maria Pia Renda emerge dalle carte dell’operazione “Dioniso” in perfetta simbiosi con quel confine. La donna, 47 anni, spaccia per conto della cosca Gualtieri, una delle teste del cerbero Cerra-Torcasio-Gualtieri. Ha paura delle persone per le quali lavora e attraverso le quali racimola qualche soldo. I carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme la conoscono bene, così come conoscono suo marito Roberto De Fazio, e li tengono sotto controllo. Il sei marzo 2013 i militari intercettano una telefonata che Maria Pia Renda fa con un tossico, un uomo che lavora in ospedale e che lei chiama “Pino l’infermiere”. L’uomo cerca una dose di eroina. Anche Maria Pia, come suo marito, fa uso di eroina. Fanno parte di quella rete di pusher che orbitano e vivono intorno alle cosche, complici e vittime allo stesso tempo.
Il 6 marzo 2013, dopo essere stata a prendere la dose per Pino l’infermiere da Nicola Gualtieri, classe 1992, figlio di Cesare, la donna viene immediatamente fermata dai carabinieri davanti a un bar del centro. L’infermiere cerca inutilmente di nascondere in un pugno il bussolotto giallo con l’eroina. Maria Pia Renda viene arrestata in flagranza di reato. Negli uffici della Compagnia dei carabinieri, il suo racconto è lungo. Ignara di esser registrata, spiega al capitano Fabio Vincelli e al carabiniere scelto Alessio Tarsia come funzionano le piazze di spaccio: ai vari pusher, al soldo della cosca Gualtieri, e i tossicodipendenti che si recavano ad acquistare sostanze stupefacenti in località Trempa, feudo del clan, era imposto l’obbligo di «percorrere un itinerario prestabilito e considerato sicuro, al fine di raggiungere quel luogo, per evitare di essere notati e controllati dalle forze di polizia».
Ai militari la pusher illustra la geografia delle piazze di spaccio e i vari collegamenti. Località Trempa è gestita da Nicola Gualtieri, suo padre Cesare e Peppino Festante. La piazza nel quartiere popolare detto “Ciampa di cavallo” era coordinata da Giuseppe Gullo, alias “Pino e Pinuzzo”, Concetto Pasquale Franceschi, Franco Franceschi e Antonio Franceschi. E sono poi i pusher «compresa la stessa Renda, che su autorizzazione dei gestori delle piazze di spaccio immettevano sul mercato lo stupefacente che viene da loro fornito».

«MI FANNO VOLARE LA TESTA» Maria Pia Renda conosce bene i soggetti con cui ha che fare. Parla, ma ha paura. Sa che quelle persone «se sanno che io ho fatto i loro nomi mi fanno volare la testa e i miei figli non li posso far più nemmeno venire qui». Il suo rapporto coi Gualtieri, lei lo sa, è asservito e in netto svantaggio. «…non è che io voglio mettermi nei guai… però credimi veramente… io l’altro giorno sono andata e mi ha dato zucchero… zucchero… proprio dal… dalla busta proprio, zucchero! Io ho pagato cinquanta euro… non è giusto che si fanno i soldi così!». E anche quel 6 marzo 2013 la donna ha un diavolo per capello contro gli esponenti del clan. Aveva avuto i soldi da Pino l’infermiere, qualche soldo in più per una dose anche per lei. Ma le mancavano dieci euro, quelli non avevano ceduto e le parole della pusher, davanti ai carabinieri, sono incattivite: «Ecco, già questo me io ero… mi ero messo in testa che volevo farlo che, ve li volevo fare arrestare, però poi ho detto adesso aspettiamo, vediamo come si comportano. Oggi avevo dieci euro in meno, gli ho detto, dammela con dieci euro in meno, dammela una per me! Non me l’ha voluta dare per nessun motivo, minchia ho detto, con tutti i soldi che avete! Dammela, gli ho detto. Una per me no, non mi far fare la mendicante con quello li che… non me l’ha voluto dare! Ecco perché poi il pensiero che io ho avuto dopo… ho detto scusa, che io devo pagare per loro no, la verità! Dico la verità come sono andate le cose e poi se mi vogliono arrestare mi arrestano, tanto io sfigata ormai ci sono quindi… sono nata sfortunata! E sono andata allora da questi tipi qui… chi sono? Sono i Gualtieri!».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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