COSENZA «È una operazione importante sia per il numero di persone coinvolte che per ben 215 capi di imputazione contestati. Sono orgoglioso di lavorare con l’Arma dei carabinieri». Il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo ha commentato così l’operazione che ha sgominato una organizzazione dedita allo spaccio di droga nella città di Cosenza. Un’indagine partita dalla denuncia di una mamma che ha segnalato ai carabinieri della stazione di Cosenza nord l’attività di spaccio del figlio. Una intensa attività investigativa ha portato, giovedì mattina, alla esecuzione di 35 misure cautelari emesse dal gip Giusy Ferrucci, su richiesta della Procura. Dieci persone sono finite in carcere, sedici ai domiciliari e per nove è stato emesso un obbligo di dimora. Il procuratore Spagnuolo ha sottolineato il proficuo lavoro condotto con il coordinamento del procuratore aggiunto Marisa Manzini e del sostituto Giuseppe Cozzolino. Un’attività di indagine che la Procura sta conducendo da mesi con un organico profondamente ridotto. Per Spagnuolo emerge «un quadro devastante già evidenziato: qui c’è una criminalità liquida impressionante che finisce per condizionare la vita di questa città. Questo è un problema di fondo: Cosenza non è una isola felice e merita un intervento di tipo preventivo. C’è una criminalità che commette reati alla luce del sole. Sarebbe utile se strutture all’interno delle istituzioni facessero prevenzione e non convegni. È questo un piccolo sfogo. Abbiamo il sentore che c’è una larga fetta di cittadini che vive situazioni di disagio ma non lo dice. In questo caso è stata fondamentale l’attività delle forze dell’ordine e dei magistrati che sono riusciti a ottenere la collaborazione anche degli assuntori».
Il procuratore aggiunto Marisa Manzini ha ribadito un aspetto inquietante: «Molti degli indagati – purtroppo – sono ragazzi di appena venti anni e questo ci deve fare riflettere. In questa attività è emerso lo spaccio di tutte le sostanze stupefacenti e questo spinge a commettere altri reati. Non vorrei spingermi troppo sull’aspetto sociologico ma da questa indagine viene fuori una fotografia allarmante. Bisogna controllare il territorio cosentino».
Il sostituto procuratore Giuseppe Cozzolino ha ringraziato i carabinieri, in particolare con quelli della stazione di Cosenza nord, con i quali ci sono stati contatti strettissimi e diretti anche fuori dall’orario di lavoro. «L’origine dell’indagine – ha detto Cozzolino – è piuttosto anomala: una mamma sospettando sull’attività di spaccio del figlio lo denuncia permettendo di dare il via alle indagini. C’è poi una diffusione della sostanza stupefacente su tutto il territorio. Per alcuni il traffico di droga è fonte di sostentamento perché quando venivano arrestati continuavano a spacciare da casa. C’è un indagato che durante il periodo della detenzione con l’aiuto di un complice riscuoteva il compenso dello spaccio. C’è anche il fenomeno della detenzione di armi e quello della estorsione. Alcuni degli indagati ha fatto ricorso a episodi violenti, come l’incendio di un motorino e un pestaggio. Li abbiamo assistito in diretta al pestaggio violento perché c’era una attività di captazione in corso. C’è una miriade impressionante di furti. C’erano anche più furti nella stessa giornata. Molti arrestati sono giovani ma altri hanno una caratura criminale con reati di associazione mafiosa e accuse di omicidio. Ma non emergono legami con la criminalità organizzata. Ogni grammo di cocaina si aggirava sul prezzo di 80-100 euro».
Il comandante dei carabinieri, il colonnello Fabio Ottaviani, ha evidenziato l’origine delle indagini che sono partite dalla denuncia di una mamma e che è stata «portata avanti con abnegazione da pochi militari. È stato il luogotenente Parisi a ricevere la denuncia della mamma».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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