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Tela del Ragno, l'Appello assolve Serpa e Abruzzese

CATANZARO Ribaltata, rispetto a una delle posizioni più significative, la sentenza di primo grado del processo “Tela del ragno”, che vedeva tra gli imputati boss e membri dei clan del Cosentino. La C…

Pubblicato il: 17/03/2017 – 19:55
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Tela del Ragno, l'Appello assolve Serpa e Abruzzese

CATANZARO Ribaltata, rispetto a una delle posizioni più significative, la sentenza di primo grado del processo “Tela del ragno”, che vedeva tra gli imputati boss e membri dei clan del Cosentino. La Corte di Appello di Catanzaro ha assolto il presunto boss degli “zingari” di Cosenza, Giovanni Abruzzese, e Mario Serpa, ritenuto uno dei personaggi più in vista dell’omonimo clan di Paola. I due erano stati condannati in primo grado rispettivamente a 15 anni e 20 anni di reclusione. Confermata l’assoluzione anche per Umile Miceli.
Per Salvatore Crivello la corte ha riformato la sentenza: dai 10 anni del primo grado, la pena è scesa a 5 anni e 6 mesi. Franco Tundis, ritenuto il reggente del clan di Fuscaldo, è stato condannato a 18 anni (erano 20 anni e 6 mesi in primo grado).
Confermata la sentenza di primo grado nei confronti di Nella Serpa (presunto vertice del clan paolano) e di suo fratello Livio: rispettivamente 18 e 10 anni. Nove anni comminati, invece, a Giuseppe Lo Piano (11 in primo grado), quattro per Ilario Pugliese (3 anni e 6 mesi in primo grado). Confermati i 3 anni per Antonio Buono e i 15 per Mario Mazza.
Assolti anche Antonio Ditto e Carmela Gioffrè (entrambi condannati a 3 anni in primo grado).
Nel collegio difensivo, tra gli altri, Giorgia Greco, Riccardo Adamo, Antonio Ingrosso, Giuseppe Bruno, Antonio Quintieri, Antonio Malagò.

L’OPERAZIONE Nell’operazione “Tela del ragno” furono eseguiti 58 arresti e il sequestro di beni per 15 milioni di euro. A finire nel mirino degli inquirenti, in particolare, furono i presunti capi e gregari del clan Perna-Cicero di Cosenza, Gentile-Africano-Besaldo di Amantea, Scofano-Martello-Rosa-Serpa di Paola, Carbone di San Lucido. Oltre alle cosche Tundis di Fuscaldo e Muto di Cetraro. Secondo la ricostruzione effettuata dalla Distrettuale, i clan –attraverso una fitta rete di connivenze – sarebbero riusciti negli anni a infiltrarsi nella ricca torta degli appalti pubblici i cui proventi illeciti sarebbero finiti in una unica “cassa” e ripartiti poi tra i vari affiliati compresi quelli della costa tirrenica. Ma quell’inchiesta permise anche di ricostruire ben dodici omicidi e tre tentati omicidi avvenuti nel Cosentino tra il 1979 e il 2008. Una tesi, in realtà, parzialmente ridimensionata poi dal Tribunale di Catanzaro. Infatti, nel rito abbreviato davanti al gup distrettuale, furono emesse nel luglio del 2013 nove assoluzioni e condanne per più di 145 anni di carcere. Allora l’accusa, rappresentata sempre dal pm Facciolla, aveva chiesto sei ergastoli e 293 anni complessivi per tutti gli imputati. I condannati ottennero una riduzione di un terzo della pena per aver scelto la procedura abbreviata. Mentre rimane pentente a Cosenza davanti alla Corte d’assise un altro filone che vede alla sbarra 17 persone. Gli stessi protagonisti dei clan dominanti nella zona e incriminati per gli omicidi che in trent’anni hanno insanguinato il capoluogo bruzio e la fascia tirrenica cosentina soprattutto nella stagione della guerra di mafia.

ale. tru.

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