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Colpo al clan Pesce, 11 fermati

REGGIO CALABRIA Una rete di fiancheggiatori che consentiva comunicazioni dirette e immediate, un impero economico che rinasce in silenzio e divora settori dell’economia legale e illegale, uno st…

Pubblicato il: 04/04/2017 – 6:11
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Colpo al clan Pesce, 11 fermati

REGGIO CALABRIA Una rete di fiancheggiatori che consentiva comunicazioni dirette e immediate, un impero economico che rinasce in silenzio e divora settori dell’economia legale e illegale, uno stratega che all’ombra della latitanza diventa capo, forte anche dei rapporti che nel tempo ha saputo tessere. È questo il sistema scoperchiato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria con l’operazione Recherche, coordinata dal procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho e dall’aggiunto Gaetano Paci, che oggi ha portato al fermo di 11 fiancheggiatori del latitante Marcello Pesce, arrestato il 1 dicembre scorso. «Quest’operazione ci ha consentito di tracciare il perimetro della nuova società di Rosarno – spiega Paci – che dopo gli arresti e le condanne degli anni passati si è rigenerata anche sotto la guida del boss Marcello Pesce». Un soggetto dal profilo atipico, rispetto a quello dei più tradizionalisti cugini. Colto, raffinato, amante della bella vita, per lungo tempo impegnato in trasferte internazionali e salotti mondani, Pesce è uno stratega dai modi garbati e dalle letture erudite. Per questo motivo – ha sospettato fin dagli anni Novanta il procuratore Agostino Cordova – è a lui che è stata delegata la gestione dei rapporti riservati con la politica, la massoneria e i settori deviati delle forze dell’ordine. Uno dei più importanti capitali dei Pesce, che il clan aveva ancora a disposizione. «Abbiamo accertato rapporti collusivi anche con le forze dell’ordine che hanno reso necessaria l’immediata esecuzione del provvedimento», svela il procuratore aggiunto Paci. «Questo genere di relazioni – spiega Paci – è uno storico ‘marchio di fabbrica’ del clan Pesce che emerge fin dalle prime indagini».  Al pari della capacità di rigenerarsi dopo arresti e confische. Seguendo le direttive del boss Marcello – hanno svelato le indagini della Squadra Mobile – il clan di Rosarno stava ricominciando a costruire il suo impero, a partire da una rete di società attive nel trasporto su gomma dei prodotti ortofrutticoli. Un settore gestito in regime di monopolio dai Pesce grazie ai “tradizionali” metodi di eliminazione della concorrenza tramite violenza, minacce e intimidazioni, ma che non distoglieva il clan dalla fiorente attività di traffico e spaccio di stupefacenti. Un “ramo d’azienda” in cui era particolarmente attivo anche il figlio del boss, Rocco Pesce, fermato questa mattina all’alba dagli investigatori. Componente del primo livello della filiera di comunicazione con il latitante, il giovane Pesce, seguendo le direttive del padre, si occupava del controllo e del coordinamento delle attività delittuose, teneva i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti di vertice di altre cosche, gestiva alcune aziende agricole e un centro scommesse intestati a prestanomi e un fiorente traffico di sostanze stupefacenti.

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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