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Il "Gal terre locridee" e le denunce inascoltate da Oliverio

CATANZARO La Regione Calabria, nei suoi vertici politici e burocratici, sapeva perfettamente dei rischi che il comparto olivicolo e, per trascinamento, alcuni Gal correvano sul piano dell’esposizio…

Pubblicato il: 04/04/2017 – 13:06
Il "Gal terre locridee" e le denunce inascoltate da Oliverio

CATANZARO La Regione Calabria, nei suoi vertici politici e burocratici, sapeva perfettamente dei rischi che il comparto olivicolo e, per trascinamento, alcuni Gal correvano sul piano dell’esposizione giudiziaria e su quelle del blocco dei finanziamenti comunitari per via di illeciti comportamenti.
Lo sapevano il presidente Gerardo Mario Oliverio e il direttore generale Carmelo Salvino, i quali stando a quanto emerge dalle prime informative dei carabinieri e dai documenti acquisiti dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, avevano ricevuto delle formali denunce da parte di singoli e di associazioni di categoria come Copagri (Confederazione prodotti agricoli) e Confagricoltura.
Una Pec del 22 febbraio scorso inviata al presidente della giunta regionale (mario.oliverio@regcal.it e presidente@pec.regione. Calabria. it), acquisita agli atti dell’inchiesta e firmata dai presidenti di Copagri, Vincenzo Lentini, e Confagricoltura, Antonino Lupini, chiedeva, ad esempio, a Oliverio di intervenire per evitare che gli atti illegittimi prodotti dal “Gal terre locridee”) portasse a gravi conseguenze producendo anche un effetto domino sulle altre realtà territoriali. In particolare nella missiva al presidente della Regione, avente come eloquente oggetto: «Denuncia irregolarità», si prospettava l’illegittima composizione dell’assemblea dei soci perché di questa «fanno parte due componenti che risultano essere soggetti inaffidabili, tali dichiarati dalla stessa Regione Calabria».
Non bastasse, la Pec di Copagri e Confagricoltura denunciava anche l’esercizio di voto mediante delega, in violazione delle norme statutarie, e gravi illegittimità nella partecipazione all’Assemblea dei soci di alcune aziende private. Questo perché: «Dalla composizione del Gal si evince la partecipazione di aziende singole di natura privata che operano nei settori più disparati, in molti casi settori eterogenei rispetto agli interventi e alle attività che il Gal è chiamato ad espletare».
A tale dura presa di posizione, si sovrapponeva l’arrivo di un provvedimento delle autorità americane che vigilano sulla qualità dei prodotti importati negli Stati Uniti. Queste bloccavano una partita di olio proveniente dalla provincia di Reggio Calabria sostenendo che trattavsi di prodotto sofisticato. Parallelamente emergeva dall’indagine “Provvidenza” sul casato mafioso dei Piromalli di Gioia Tauro, altra indagine per riciclaggio attraverso l’accesso a fondi comunitari destinati al compartimento oleario. Da qui la segnalazione del ruolo che avrebbe avuto l’architetto Francesco Macrì, destinatario di un avviso garanzia con allegato mandato di perquisizione, ipotizzante i reati di concorso in truffa, falso e corruzione aggravati dall’articolo 7 della legge antimafia. Analogo provvedimento sarebbe stato notificato ad un noto produttore oleario della Locride, Giuseppe Capogreco, già oggetto di procedimenti penali per truffa, concorso in abuso ed altro. Il diretto interessato, però, assicura di non essere indagato e di non aver ricevuto alcuna notifica di avvisi giudiziari, smentendo qualsivoglia coinvolgimento nell’indagine Provvidenza. Analogamente, Giuseppe Capogreco, pur confermando di far parte del consiglio d’amministrazione del Gal, assicura di non essere tra i “due componenti dichiarati inaffidabili dalla stessa Regione Calabria”. In verità, di questi due componenti parla la Pec di Copagri e Confagricoltura al presidente Oliverio ma senza riportare alcun nome e anche noi non abbiamo riportato alcun nome. 
Torniamo alle questioni del Gal. Nelle more, tuttavia, l’architetto Macrì, politicamente legato all’ex governatore Giuseppe Scopelliti ed in passato sindaco di Locri, veniva eletto presidente del “Gal Terre Locridee” e questo nonostante un secondo atto avverso, prodotto dalle organizzazioni agricole che gli imputavano di «intrattenere rapporti di natura societaria ed imprenditoriale» con altri componenti il Consiglio di amministrazione del Gal, cosa espressamente vietata dalle norme statutarie perchè «mina l’indipendenza degli amministratori rispetto all’indipendenza di giudizio e di valutazione che il Gal è obbligato a garantire sul governo dell’Ente».
In sostanza importanti competenze vengono devolute dalla Regione ai Gal e con queste anche compiti di programmazione e spesa dei fondi comunitari nonché di verifica e certificazione sulla produzione agricola. Da qui la richiesta alla Regione stessa di intervenire per ottenere il rispetto delle norme istitutive dei Gal e, in mancanza di questo, revocare le deleghe e tornare ad una gestione diretta dei fondi.
Nonostante l’inchiesta giudiziaria e l’attività investigativa dei carabinieri, nonché a dispetto delle formali denunce di Copagri e Confagricoltura, però, la Regione ha lascito inalterata la situazione. Anzi, alla vigilia della sua trasferta a Locri per l’arrivo del presidente della repubblica per le manifestazione nazionale di Libera, il governatore Oliverio incontrava i vertici del contestato Gal e si intratteneva con loro accompagnato dal capoigruppo del Pd alla Regione Calabriam Sebi Romeo, e dall’ex assessore regionale Nino De Gaetano. Un segnale politico chiaro, almeno così deve essere stato avvertito dal sindaco di Siderno, Pietro Fuda che a quel punto decideva di presentare le dimissioni dal Gal, avendo verificato la fondatezza delle questioni di illegittimità poste da Copagri e Confagricoltura. «Esistono – lamenta Fuda, facendo anche un velato riferimento alle inchieste giudiziarie esplose in queste ultime settimane – legittimati e fondati timori di una concentrazione di potere-controllo che viola l’indipendenza del Gal e che si presenta come potenzialmente lesiva del corretto e democratico governo dell’Ente, che è chiamato a programmare e gestire circa cinque milioni di euro di fondi comunitari in favore del comparto agricolo ed agroalimentare».
Anche le dimissioni di Fuda, come le denunce di Copagri e Confagricoltura e finanche le inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, non sembra, tuttavia, abbiano prodotto alcun effetto al “decimo piano” della Cittadella regionale.  

Paolo Pollichieni
direttore@corrierecal.it

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