LAMEZIA TERME È una raccomandazione che non si concretizza a stimolare negli inquirenti, che “raccontano” lo scandalo della Sacal attraverso intercettazioni e documenti, la considerazione più amara. Il commento si inserisce nella storia di una sollecitazione di Floriano Noto, imprenditore della grande distribuzione e membro del cda della società, a favore di un suo protégé da inserire, come al solito, nell’elenco dei tirocinanti di “Garanzia Giovani”. Noto segnala il nome al presidente Massimo Colosimo che, more solito, si dimostra disponibile a seguire i consigli dei colleghi. L’assunzione, poi, sfuma, ma soltanto perché il giovane ha più opzioni a disposizione e ne sceglie un’altra. Evidentemente ha buoni sponsor. Ma è proprio questo che preoccupa gli inquirenti. Perché «taluni soggetti, nell’ambito del Pon, hanno addirittura avuto la possibilità di scegliere presso quale azienda ospitante effettuare la formazione a spese dello Stato a discapito di centinaia di giovani disoccupati che non avevano alle loro spalle personaggi come gli odierni indagati». Che avrebbero «violentato tutti i principi sanciti dall’articolo 97 della Costituzione». Altro che imparzialità della pubblica amministrazione, a Sacal le valutazioni erano parzialissime.
Per i magistrati lametini non c’è dubbio, siamo davanti a un «sistema di malaffare costituito dalla “raccomandazione”, atto illecito, che deve essere necessariamente effettuata da quella lobby di potere che soffoca le speranze di centinaia di persone». Il caso emblematico è quello di un progetto sequestrato dalla Guardia di finanza nella perquisizione del 7 agosto 2015. Si tratta di DDGate, idea sottoposta a Sacal non attraverso una semplice lettera al management (che, probabilmente, nessuno avrebbe letto) ma con due passaggi sintomatici di come procedano le cose in questo spicchio di Calabria che dovrebbe, più di altri, essere aperto al mondo. DDGate potrà anche essere un’idea rivoluzionaria ma, perché qualcuno se la fili, deve sottoporsi a due visti. Il primo avviene nella diocesi di Lamezia. Il caso (che, scrivono i pm, «non assume alcun rilievo di natura penale») emerge nella lettera che correda il progetto. N. A., la persona che lo propone, la invia a Floriano Noto perché se ne faccia sponsor «dopo essersi rivolta al vescovo di Lamezia Terme monsignor Cantafora», scrivono gli inquirenti. Che si chiedono: «Perché non lo ha fatto direttamente indirizzandolo a Sacal invece di passare dal vescovo per poterlo inviare poi a Noto?». La risposta – che appare superflua – serve come riscontro dell’impossibilità di poter lavorare con Sacal senza avere santi in Paradiso. O, male che vada, nella diocesi.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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