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Delitto Cocò, il teste al processo: «C’era odore di carne bruciata»

COSENZA Le ricerche di Giuseppe Iannicelli la sera della scomparsa. Sono state ricostruite in aula da un testimone sentito nel processo sulla morte del piccolo Cocò Campolongo in corso nel Tribunale…

Pubblicato il: 20/04/2017 – 10:01
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Delitto Cocò, il teste al processo: «C’era odore di carne bruciata»

COSENZA Le ricerche di Giuseppe Iannicelli la sera della scomparsa. Sono state ricostruite in aula da un testimone sentito nel processo sulla morte del piccolo Cocò Campolongo in corso nel Tribunale di Cosenza. Il bambino di soli tre anni è stato ucciso e bruciato in auto nel gennaio 2014, a Cassano allo Jonio, con il nonno Giuseppe Iannicelli e la compagna marocchina di questi Ibtissam Touss. Sul banco degli imputati ci sono Cosimo Donato detto “Topo” e, appunto, Faustino Campilongo detto “Panzetta”. I due sono accusati di triplice omicidio. In particolare, secondo l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro, i due avrebbero attirato in una trappola Giuseppe Iannicelli, per conto del quale spacciavano droga, perché divenuto un personaggio scomodo per la cosca degli Abbruzzese e anche per aumentare il proprio potere criminale. Il piccolo Cocò, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, sarebbe stato ucciso perché il nonno lo portava sempre con sé, come uno “scudo umano”, per dissuadere i malintenzionati dal colpirlo. Dopo il triplice omicidio, gli assassini bruciarono l’auto di Iannicelli con all’interno i tre corpi.

Giovedì mattina la Corte di Assise (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) ha ascoltato un amico di Giuseppe Iannicelli junior, figlio della vittima. Il teste, Francesco Cavaliere, ha riferito al pm della Dda Saverio Vertuccio (che rappresenta la pubblica accusa assieme al procuratore aggiunto Vincenzo Luberto) che cosa hanno fatto quella sera del 16 gennaio quando assieme a Giuseppe Iannicelli junior sono andati alla ricerca del padre. «Verso mezzanotte – ha detto – siamo passati di nuovo da casa del padre ma non siamo riusciti a entrare in casa perché era chiusa. Con noi c’era anche Gaetano Campolongo. Iannicelli mandava sms alla sua ex fidanzata che è la figlia di Donato. Più tardi arrivarono Donato e Panzetta. E ricordo che Iannicelli junior andò a parlare con loro. Io so che i rapporti con Cosimo Donato non erano buoni perché Donato aveva debiti nei confronti di Giuseppe Iannicelli. In seguito Iannicelli junior mi parlò dei sospetti che aveva su Cosimo Donato e su “Panzetta” anche perché quella sera erano sporchi». Nel corso del controesame degli avvocati Vittorio Franco ed Ettore Zagarese, difensori degli imputati, Cavaliere ha specificato altri dettagli in merito alla ricostruzione di quella sera e ha ribadito di avere una allergia a diverse sostanze che non gli consente di sentire bene gli odori. «Ricordo – ha aggiunto – che quella sera la mia rinite fosse acuta. Non sentii la puzza di fumo ma Iannicelli junior mi disse che c’era odore di carne bruciata. Non ricordo però con esattezza in che circostanza o quando mi riferì questa cosa». Le circostanze di quella sera sono state riferite anche da Gaetano Campolongo, l’altro ragazzo che la sera degli omicidi era assieme a Iannicelli junior. «Ricordo che Cosimo e Panzetta sono arrivati insieme». Il processo è stato aggiornato al prossimo 3 maggio.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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